GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE
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Chiacchierata numero 74<br />
I mestieri dello scrittore, 3. Qualche sera fa un cosiddetto giovane<br />
scrittore, ossia un ragazzo che qualche mese fa ha pubblicato un<br />
romanzo presso una casa editrice dignitosa, mi ha detto:<br />
«Ma, secondo te, io dovrei mettermi a fare tutte quelle cose che<br />
fanno gli altri?».<br />
Erano le dieci e mezza di sera. Eravamo seduti sul bordo del marciapiede,<br />
fuori da un cinema. Aspettavamo un amico che ci lavora, e<br />
che circa a quell’ora doveva finire di lavorarci, per fare quattro passi<br />
e bere qualcosa di fresco.<br />
«Quali cose?», gli ho detto.<br />
Il giovane scrittore, questo va precisato, tende a rivolgersi a me più<br />
o meno come se io fossi uno scrittore anziano. Si aspetta sempre che<br />
io trovi delle risposte risolutive.<br />
«Ma sì», ha insistito, «quelle che fanno tutti gli altri scrittori».<br />
«Tipo?».<br />
«Scrivere nei giornali, collaborare con le case editrici, lavorare per il<br />
cinema, andare in televisione… Quelle cose lì».<br />
«Be’», ho detto, «<strong>non</strong> è che siano cose obbligatorie. Non è che se<br />
<strong>non</strong> le fai <strong>non</strong> sei un vero scrittore».<br />
«Giulio, ascolta, <strong>non</strong> è questione di essere o <strong>non</strong> essere un vero<br />
scrittore. È questione di soldi».<br />
«Ah», ho detto. (E ho pensato: "Come se <strong>non</strong> lo sapessi"). «Ma, sì,<br />
sicuramente, a fare quelle cose lì ci si guadagna, a volte anche seriamente».<br />
«Per esempio, a scrivere nei giornali?».<br />
«Quello <strong>non</strong> lo so», ho detto.<br />
«Ma tu <strong>non</strong> scrivi nei giornali?».<br />
«Io scrivo per il supplemento letterario di un quotidiano siciliano.<br />
Faccio una rubrica, una volta alla settimana».<br />
«Ecco. E quanto prendi?».<br />
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«Niente», gli dico. «Non prendo niente, perché è già un miracolo<br />
che quel supplemento letterario esista. Il giornalista che<br />
l’ha inventato se lo deve difendere con i denti. Dovesse anche<br />
pagare tutti i collaboratori, chiuderebbe subito».<br />
Il giovane scrittore è perplesso.<br />
«Ma tu, allora», dice, «perché hai accettato di scriverci gratis?»<br />
«Perché quel supplemento letterario mi piace. Perché il giornalista<br />
che se l’è inventato mi è sembrato un giornalista bravo.<br />
Perché mi lascia parlare di cose che mi interessano e nel modo<br />
che più mi piace. Ti basta?».<br />
Il giovane scrittore tace. Ha capito perfettamente, ma si vede<br />
che questa cosa del gratis <strong>non</strong> gli va tanto giù.<br />
«E le collaborazioni con gli editori?», ripiglia.<br />
«Guarda», gli dico, «io lavoro con un editore serio dal 2001.<br />
Ho un contratto da cococò, e ci tiro fuori più o meno metà di<br />
quello che mi serve per campare. Però era dal 1996, che cercavo<br />
di lavorare per un editore. Ci ho provato e ci ho riprovato, e poi<br />
ho rinunciato. Nel momento in cui ho rinunciato, un editore al<br />
quale mai e poi mai avrei pensato mi ha telefonato».<br />
«Hai fatto una frase con un sacco di ato», dice ridendo il giovane<br />
scrittore.<br />
Rido anch’io. Tiriamo fuori le sigarette. Fumiamo le stesse: io<br />
la versione strong, lui quella light. Ma lui ne fuma il triplo di me.<br />
«Insomma», riprende, «è difficile lavorare per gli editori».<br />
«Guarda, proprio <strong>non</strong> saprei se è difficile», dico. «Persone che<br />
mi chiedono come si può fare a entrare in una casa editrice, ce<br />
n’è tante. A tutte mi tocca rispondere: <strong>non</strong> lo so. Insistendo,<br />
ecco: insistendo».<br />
«Ma anche cose da poco, tipo leggere dattiloscritti, correggere<br />
bozze, fare l’editor, cose così».<br />
Mi rendo conto che il giovane scrittore, pur avendo pubblicato<br />
il suo libro per una casa editrice dignitosa, <strong>non</strong> ha ben capito<br />
quali sono le professionalità dentro una casa editrice. Ma