GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE
GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE
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Chiacchierata numero 94<br />
Libri che insegnano a scrivere, 15. Duccio Demetrio è un professore<br />
dell’Università statale di Milano che da tempo si occupa di pedagogia<br />
della memoria e di educazione degli adulti. Un suo libro che è<br />
stato molto letto tra chi si occupa di scrittura è Raccontarsi.<br />
L’autobiografia come cura di sé (Raffaello Cortina 1996, 13 euro): una<br />
bella introduzione alla, appunto, pedagogia della memoria, e al racconto<br />
autobiografico. Demetrio ha girato attorno a questi temi in<br />
parecchi libri: alcuni di taglio divulgativo (come quello citato), altri<br />
più accademici, altri più bizzarri e stravaganti. Tra questi ultimi (che<br />
sono quelli in fondo più interessanti) citerei: Di che giardino sei? Conoscersi<br />
attraverso un simbolo (Meltemi 2000, 23 euro) Album di famiglia.<br />
Scrivere i ricordi di casa (Meltemi 2002, 24 euro), due libri riccamente e<br />
suggestivamente illustrati che propongono, in maniera molto pratica<br />
e - insieme - con profondità teorica, dei percorsi di memoria, conoscenza<br />
di sé, racconto e scrittura.<br />
Ma quest’oggi vorrei parlare in particolare del più bizzarro e stravagante<br />
di tutti i libri di Duccio Demetrio: Il gioco della vita. Kit autobiografico.<br />
Trenta proposte per il piacere di raccontarsi (Guerini e Associati<br />
1999, 16 euro). In effetti <strong>non</strong> si tratta di un puro e semplice libro;<br />
forse <strong>non</strong> si tratta neanche, propriamente parlando, di un libro, ma<br />
piuttosto di un «quaderno attivo» (come quelli che usavamo alle<br />
scuole elementari, sì).<br />
Ma procediamo con ordine.<br />
Il «quaderno» contiene trenta proposte di esercizi, o giochi, di<br />
memoria. Alcuni sono molto semplici (da descrivere; da fare, è un<br />
altro paio di maniche). Ad esempio il gioco numero 3, «La prima<br />
volta che…», propone di rievocare alcune «prime volte»: «La prima<br />
volta che vi siete accorti di essere al mondo, che avete pensato a<br />
qualche cosa di importante, che avete fatto qualche cosa degno di<br />
nota per voi o per gli altri, che avete voluto bene a qualcuno, che vi<br />
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siete sentiti liberi, che avete provato dolore, che avete scoperto<br />
l’ingiustizia, che avete scoperta la bellezza…», e così via. Oppure<br />
il gioco numero 17, quello delle «coincidenze»: «Non tutto<br />
ciò che ci accade è frutto della volontà o del caso. Talvolta<br />
sembra si stabilisca una curiosa alleanza tra la prima e il secondo,<br />
come se si venissero incontro a nostro vantaggio o svantaggio.<br />
È il momento allora di passare in rassegna le circostanze in<br />
cui avete provato questa sensazione, piacevole o spiacevole, che<br />
possiamo anche chiamare senso del destino…».<br />
Sono esercizi molto semplici, dunque, apparentemente anche<br />
banali. Ma la cosa interessante è la proposta di Demetrio di affrontare<br />
questi esercizi <strong>non</strong> come esercizi, ma come «giochi»: da<br />
farsi, per di più, in società. Con gli amici. Con i familiari. Con i<br />
compagni di un qualche tipo di esperienza (i vostri colleghi, i<br />
partecipanti alle attività di un’associazione…). Il «quaderno»<br />
<strong>non</strong> fa che proporre una trentina di «giochi» (ma c’è un’utile<br />
introduzione che spiega la logica di tutta la faccenda), toccherà<br />
poi all’inventiva del gruppo allargarli, variarli, abbandonarli e<br />
riprenderli, mescolarli, stravolgerli e reinventarli.<br />
E sono giochi utili alla scrittura. Non solo alla scrittura di sé,<br />
autobiografica, intimistica. Ma alla scrittura tout-court. Non per<br />
niente quasi ogni gioco fa venire in mente un’opera letteraria<br />
che ne sembra per così dire l’esemplificazione. Il «gioco della<br />
prima volta» richiama irresistibilmente il celebre Mi ricordo di<br />
Georges Perec (Bollati Boringhieri 1998, 13 euro), libro tutto<br />
composto con minimi, irrilevanti e importantissimi ricordi: «Mi<br />
ricordo che un amico di mio cugino Henri quando preparava gli<br />
esami restava tutto il giorno in vestaglia. - Mi ricordo del pane<br />
giallo che c’è stato per qualche tempo dopo la guerra. - Mi ricordo<br />
i vecchi numeri dell’Illustration. - Mi ricordo che un giorno<br />
mio cugino Henri visitò una fabbrica di sigarette e ne riportò<br />
una sigaretta lunga come cinque sigarette. - Mi ricordo di<br />
avere ottenuto al Parc des Princes un autografo di Louison