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GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE

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(Guanda), che è un libro assai divertente e piacevole da leggere:<br />

quattro storie poliziesche milanesi, un commissariato di periferia, dei<br />

poliziotti sgangherati, un veloce alternarsi di scene da ridere (se vi<br />

piacciono le freddure loffie), da commuoversi di brutto e da stare<br />

col fiato sospeso. Ma <strong>non</strong> ho conosciuto Gianni Biondillo nella sua<br />

qualità, per così dire, di "scrittore": l’ho conosciuto nella sua qualità<br />

di architetto. Gianni Biondillo, infatti, è un giovane (e cordialissimo)<br />

architetto.<br />

Mentre pranzavamo al ristorante cinese (menù fisso, 6 euro a testa:<br />

un involtino primavera, un riso da scegliere tra quattro tipi, un piatto<br />

di carne da scegliere tra dodici tipi, acqua, caffè) s’è parlato della ragione<br />

del nostro incontro (mi sto interessando a una villa forse progettata<br />

da Gio Ponti, a Sermide, in provincia di Mantova; abbandonata<br />

da vent’anni, e che forse varrebbe la pena di ricuperare; e<br />

Gianni si era interessato al mio interessamento); ma, ovviamente, s’è<br />

parlato anche d’altro.<br />

A un certo punto Gianni Biondillo ha detto: «Dopo che ho pubblicato<br />

il libro, qualche mese fa, mi è successo più volte di sentirmi<br />

dire dagli amici: ma come, hai pubblicato un libro, fai ancora<br />

l’architetto? Perché l’idea corrente è questa: che chi pubblica un libro,<br />

diventa istantaneamente miliardario».<br />

Più o meno una volta la settimana parlo (o mi scambio email) con<br />

qualche giovinotto di belle speranze che dice, chiaro e netto: «Voglio<br />

diventare uno scrittore professionista». Dove «professionista»<br />

significa, secondo me (e anche secondo loro): che vive del proprio<br />

lavoro di scrittura. E, tra l’altro, che ci vive anche bene: i «professionisti»<br />

sono persone come gli avvocati, i notai, i commercialisti; nella<br />

parola «professionista» è implicita, mi pare, l’idea di qualcuno che<br />

guadagna bene.<br />

Io vivo di parecchi lavori. Il principale, oggi, è il contratto di collaborazione<br />

coordinata e continuativa con l’editore Sironi. Il mio<br />

compito è trovare buone opere di narrativa italiana da pubblicare.<br />

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Poi, vabbè, essendo l’azienda un’azienda piccola, si finisce col<br />

fare tante cose. Da lì viene circa la metà di quanto mi serve per<br />

campare.<br />

Faccio corsi e laboratori di scrittura e narrazione. Per un certo<br />

periodo ho vissuto solo di quelli. Lavoravo furiosamente, saltavo<br />

da una città all’altra. Sono arrivato a fare addirittura 28 ore<br />

settimanali in aula (che, sommate alle ore necessarie per preparare<br />

le lezioni, sono una bella botta). Oggi sto cercando di diminuire<br />

questi impegni.<br />

Ci sono anche gli inviti estemporanei. Mi chiamano qua e là<br />

per una conferenza, una lettura, un incontro con una classe o<br />

con i frequentatori di una biblioteca. Ogni invito è un viaggio,<br />

ogni viaggio è un piccolo introito. In qualche caso molto piccolo,<br />

in qualche caso (raro) assurdamente alto. A volte mi viene<br />

chiesto addirittura di organizzare degli eventi, e allora può essere<br />

divertente: ma, quando si organizza, si finisce con lo sfacchinare<br />

tantissimo.<br />

Ci sono i lavori con i miei amici architetti e fotografi. Si tratta<br />

sostanzialmente di fare descrizioni di luoghi. Una volta l’anno,<br />

un lavoro di questi càpita. Ci si prende di più o di meno, a seconda.<br />

Poi, ogni anno c’è qualcosa di speciale. Quest’anno c’è stato il<br />

lavoro per il teatro, del quale vi ho raccontato fin troppo nelle<br />

scorse settimane. L’anno scorso fu un lavoro assai interessante<br />

per l’Istituto trentino di cultura: si trattava di scrivere una storia<br />

a partire da un affresco allegorico; questa storia sarebbe poi<br />

stata messa in musica da un compositore… Mi divertii molto.<br />

La cosa speciale è di solito la cosa più bella dell’anno, la più<br />

istruttiva.<br />

Qualche giorno fa, discutendo in un blog, un certo Massimo<br />

mi ha buttato là: "È vero che se fosse solo per i libri pubblicati,<br />

voi scrittori fareste la fame?". Be’, io sicuramente sì. Pubblico

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