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GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE

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norme abbiano esse obbedito, e a quali modificazioni siano andate<br />

via via soggette» (pp. V-VI).<br />

Oggi come oggi gli esempi sarebbero diversi: nessuno (credo) aspira<br />

a comporre poemi epici, odi pindariche, storie sentenziose od<br />

orazioni ciceroniane; ma se al posto di questi generi letterari ci mettiamo<br />

quelli in voga al nostro tempo (il romanzo con tutti i suoi<br />

sottogeneri: thriller, horror, fantasy, rosa, storico, d’azione e così via; le<br />

novelle in versi con musica, ossia - detto così, all’ingrosso - le canzoni<br />

cantautorali; la poesia lirica pura - praticata da molti nostri poeti,<br />

<strong>non</strong>ché da molti autori di canzoni <strong>non</strong> cantautorali; il discorso efficace,<br />

dal fondo di quotidiano alla pubblicità a tutte le varie forme di<br />

comunicazione; eccetera), <strong>non</strong> mi sembra che cambi molto. E nessuno,<br />

credo, oggi come oggi, ardirebbe parlare di Arte con la A maiuscola<br />

o, peggio, di «grande ammaliatrice» (la maiuscola spetterebbe casomai<br />

al Successo, e ad ammaliare sono piuttosto le Sirene del Mercato);<br />

tuttavia, di nuovo, mi sembra che <strong>non</strong> cambi molto.<br />

Mi ha consolato, mentre spilluzzicavo il mio Manuale tra un riposino<br />

e una passeggiata, pensare che novantasei anni fa i suoi autori<br />

avevano che fare con le stesse obiezioni e accuse con le quali ho che<br />

fare io oggi: che insegnare a scrivere e raccontare <strong>non</strong> è possibile;<br />

che le sedicenti scuole di scrittura e narrazione illuderebbero gli ingenui<br />

inculcando loro semplicistiche e, appunto, illusorie ricette «infallibili»<br />

per comporre Capolavori di Successo; che le stesse sedicenti<br />

scuole di scrittura e narrazione produrrebbero un’omologazione<br />

(«una larga strada maestra, unica e ben determinata») dei lavori letterari<br />

(tutti gli scrittori di racconti sarebbero carveriani, tutti gli scrittori<br />

di romanzi sarebbero baricchiani, eccetera).<br />

Mi ha consolato, e insieme mi ha sconsolato. In questi giorni di<br />

vacanza mi è capitato anche di rileggere un dialogo di Platone, il<br />

Gorgia: dove il grande rétore sofista viene elegantemente infinocchiato<br />

da Socrate che già nelle prime pagine lo mette alle strette sulla<br />

questione: quale sia l’oggetto della retorica (ossia, in termini moderni,<br />

della «teoria e tecnica della composizione del discorso argomen-<br />

125<br />

tativo e narrativo»). Gorgia dapprima afferma che oggetto della<br />

retorica è più o meno tutto ciò di cui si può parlare, in quanto<br />

se ne parla; ma Socrate lo incalza, gli domanda se la retorica si<br />

occupi dunque di medicina, di fitness («ginnastica», nel testo greco),<br />

di edilizia, di arte militare, e Gorgia deve rispondere che no,<br />

evidentemente no; e una volta esclusi praticamente tutti i campi<br />

del sapere, in quanto ciascuno è dotato di un contenuto specifico<br />

che in quanto tale <strong>non</strong> compete al rétore, Gorgia è costretto<br />

a forza ad ammettere che la retorica è una disciplina priva di<br />

oggetto, o comunque della quale l’oggetto è indefinibile.<br />

Triste il destino di chi ha la pretesa di insegnare (o di educare<br />

a) raccontare e argomentare. Preso in mezzo tra l’accusa di<br />

vendere fumo e quella di insegnare una disciplina senza contenuto,<br />

cioè il nulla. Ne riparleremo.<br />

Chiacchierata numero 78<br />

Lo scrittore in vacanza, 2. Settimana scorsa cominciavo dalla<br />

domanda: «Che cosa fa uno scrittore in vacanza?». Lo scrittore,<br />

dicevo, quand’è in vacanza, legge molto.<br />

Ci sono dei libri che uno, dopo che li ha comperati, li guarda<br />

per un po’, li sfoglia per un po’, li leggiucchia per un po’; e alla<br />

fin fine li posa e dice a sé stesso: «Bene. Questo libro lo leggerò<br />

in vacanza». Anche lo scrittore, come ogni lettore, talvolta fa<br />

così. Solitamente si tratta di libri lunghissimi, difficilissimi e di<br />

grande formato. Quindi: pesanti da trasportare, duri da leggere,<br />

e scomodi da maneggiare sulla sedia a sdraio.<br />

Lo scrittore porta con sé in vacanza questi libri soprattutto a<br />

causa del suo senso di colpa. «Come posso prendere la parola»,<br />

si dice lo scrittore, «se prima <strong>non</strong> ho letto tutto ciò che è stato<br />

scritto? Come posso scrivere un romanzo sugli anacardi se <strong>non</strong><br />

ho prima letto tutto ciò che è stato scritto sugli anacardi? Come

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