GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE
GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE
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«Non è vero», ho detto. «Gli inventori del romanzo, Cervantes,<br />
Rabelais, Ariosto, quelli lì, fino a Sterne, hanno scritto romanzi che<br />
sono storie inventate che <strong>non</strong> fanno nessuno sforzo per <strong>non</strong> sembrare<br />
inventate. Il romanzo verosimile è un’invenzione Ottocentesca».<br />
«E allora?», ha bofonchiato l’amico, distratto dalle operazioni di riaccensione<br />
della pipa.<br />
«E allora, accidenti!», ho strillato, «perché quando parlo di queste<br />
cose <strong>non</strong> c’è mai nessuno che mi dia retta seriamente?».<br />
«Perché sono cose pericolose», ha detto l’amico, brandendomi<br />
contro, accusatorio, la pipa fumante.<br />
Ne riparleremo.<br />
Chiacchierata numero 41<br />
Buongiorno. La settimana scorsa, riferendo un frammento di conversazione<br />
con un amico, giravo attorno a una questione: «Oggi<br />
come oggi, quando si parla di letteratura s’intende quasi automaticamente<br />
la narrazione, quando si parla di narrazione s’intende quasi automaticamente<br />
il romanzo, e quando si parla di romanzo s’intende automaticamente,<br />
senza quasi, una storia inventata, quindi <strong>non</strong> vera, raccontata<br />
con verosimiglianza. Non è forse bizzarro? Non è bizzarro che<br />
la principale forma letteraria della modernità consista nella narrazione<br />
di storie <strong>non</strong> vere? Non è bizzarro che, quando accademici critici<br />
pedagoghi e soloni vari raccomandano "ai giovani" la "lettura di<br />
buoni libri", sostanzialmente intendono raccomandare loro la lettura<br />
di libri che raccontano storie inventate, ossia <strong>non</strong> vere?».<br />
Di solito, quando pongo questa questione (in corsi di scrittura e<br />
narrazione, in convegni, in cenacoli di scrittori, in piazza, a insegnanti<br />
di lettere ecc.), mi viene risposto più o meno: «Ma la letteratura<br />
porta con sé una verità che è più vera della verità delle cose reali».<br />
Provo a collaudare la risposta. È noto che Alessandro Manzoni,<br />
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nel costruire la trama dei Promessi sposi, si ispirò ad alcuni fatti<br />
avvenuti realmente nella Lombardia del Seicento. Sono stati<br />
rintracciati anche gli atti di un processo a una sorta di don Rodrigo<br />
dell’epoca, che quasi certamente furono nella disponibilità<br />
di Manzoni. Bene. Manzoni decise di raccontare una storia inventata:<br />
che cioè attingeva a piene mani dalla documentazione,<br />
ma con assoluta libertà. Tutto nei Promessi sposi è "storico":<br />
l’abbigliamento dei bravi, il modo di salutare e riverire, il contesto<br />
socioeconomico, le leggi e i bandi, i fatti di Milano (rivolta<br />
per il pane, peste), i libri della biblioteca di don Ferrante, e così<br />
via. Tuttavia la storia, benché ispirata a eventi documentati, è<br />
liberamente inventata.<br />
Ora: perché mai i Promessi sposi sarebbero una narrazione che<br />
porta con sé una verità più vera di quella che porterebbe con sé<br />
un buon lavoro storiografico? C’è una serie di risposte, che mi<br />
sento regolarmente dare, e che mi sembrano futili: «Perché i<br />
personaggi sono più vivi, perché l’immaginazione è più colpita,<br />
perché la narrazione è più vivace, perché la forza della magnifica<br />
scrittura di Manzoni entra nel profondo dei nostri cuori», eccetera.<br />
Futilità, secondo me. La risposta giusta, e che mi sento<br />
dare raramente, è secondo me questa: «Perché Manzoni, nel<br />
raccontare quella storia di amore, fede e sopruso, la inscrive<br />
dentro un universo governato (misteriosamente, ma governato)<br />
dalla Provvidenza. La Provvidenza <strong>non</strong> si può vedere, toccare,<br />
udire; la Provvidenza si può solo intuire. I Promessi sposi sono<br />
una narrazione che ci guida all’intuizione della Provvidenza, che<br />
è una realtà trascendente, una realtà "soprareale"». Qualunque<br />
opinione si abbia della Provvidenza, questa mi sembra una<br />
buona risposta.<br />
Si può dire anche così: Manzoni <strong>non</strong> rappresenta, <strong>non</strong> imita<br />
questo mondo. Manzoni inventa un altro mondo: un mondo diverso<br />
da quello dove abitiamo, e nel quale la Provvidenza <strong>non</strong><br />
solo si lascia intuire, ma addirittura si dispiega e dà forma a