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GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE

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dentro, eccetera, ma <strong>non</strong> saprei minimamente dirvi come si fa a fare<br />

un romanzo del genere.<br />

La differenza tra la comprensione della letteratura che si apprende<br />

a scuola, e quella che serve per produrre letteratura, è proprio questa.<br />

A scuola un bravo insegnante fa leggere, guida gli allievi al godimento<br />

della bellezza, e mostra loro come è fatto un testo. Qui si<br />

ferma. Ma del come si fa a farlo, un testo, per lo più <strong>non</strong> si parla. E,<br />

curiosamente, le relazioni tra come un testo è fatto e come si fa a<br />

farlo <strong>non</strong> sono poi tante.<br />

Provate a descrivere una bicicletta, un piatto di pasta alla Norma,<br />

un mattone, un cd-rom. Potreste riuscire a descriverli assai bene,<br />

spiegando la funzione di ciascuna delle parti che li compongono, e<br />

così via. Ma da qui a sapere come si fa a farli, c’è una bella distanza.<br />

E naturalmente, tutti questi oggetti, soprattutto la pasta alla Norma,<br />

è possibilissimo usarli senza capirli minimamente e senza avere la<br />

minima idea di come si fa a farli.<br />

Mi domando: ma perché ho tirato fuori questo discorso?<br />

L’altro giorno, durante la presentazione d’un libro, una signora del<br />

pubblico si rivolse a me (che facevo il bravo presentatore) e cominciò<br />

a contestarmi un’affermazione dicendo: «Si vede che lei legge<br />

poco». La signora è una signora che legge moltissima letteratura, sicuramente<br />

molta più di me (io leggo soprattutto d’altro). Ma il<br />

punto <strong>non</strong> è questo. Il punto è che questa signora e io, mentre parlavamo<br />

di un certo libro, sembrava addirittura che <strong>non</strong> parlassimo<br />

dello stesso libro. Non perché uno avesse capito, e l’altro no. No.<br />

Perché ne parlavamo da punti di vista completamente diversi: lei da<br />

analista di testi, io da produttore. Ma ci torneremo su.<br />

Chiacchierata numero 69<br />

L’apprendista teatrante, 1. Sono alla Corte ospitale<br />

(www.corteospitale.org) di Rubiera, un paesino tra Modena e Reggio<br />

110<br />

Emilia. La Corte ospitale è un antico edificio, molto semplice e<br />

molto bello, collocato su quella che un tempo era la via dei pellegrini<br />

che andavano a Roma. I pellegrini potevano trovarvi un<br />

giaciglio, del cibo, una stalla per i cavalli. Qualche anno fa<br />

un’illuminata amministrazione comunale ha deciso di ricuperare<br />

la Corte per collocarvi dentro delle attività culturali. Oggi vi<br />

hanno sede l’associazione di fotografi “Linea di confine per la<br />

fotografia contemporanea” (un gruppo di fotografi idealmente<br />

allievi di Luigi Ghiri), il Parco naturale del fiume Secchia, e un<br />

centro di produzione teatrale.<br />

Io sono qui perché il regista Franco Brambilla mi ha proposto<br />

di scrivere i testi per un’opera teatrale. Il debutto sarà al festival<br />

di Castiglioncello, il 15 luglio; il 25, 26 e 27 giugno si svolgeranno,<br />

nel chiostro della Corte, le cosiddette “prove aperte”.<br />

L’opera teatrale (<strong>non</strong> riesco a trovare parole migliori per definirla:<br />

<strong>non</strong> è né una commedia né una tragedia; forse si potrebbe<br />

dire che è un dramma allegorico) ha per ora questo titolo: Miti,<br />

oggi. Con Brambilla abbiamo cominciato a parlarne nel dicembre<br />

scorso. Abbiamo poi fatte due sessioni di lavoro con gli attori<br />

(Elsa Bossi, Tony Contartese, Anna Coppola, Sergio Paladino),<br />

ciascuna di due settimane circa. Ora stiamo provando.<br />

Per me si è trattato di un’esperienza del tutto nuova. Avevo<br />

già lavorato per il teatro: per Fantaghirò, una compagnia della<br />

mia città (Padova) che fa soprattutto, ma <strong>non</strong> solo, teatro per<br />

bambini e ragazzi. Per loro ho scritto: una riduzione del Mago di<br />

Oz di L. Frank Baum, una commedia originale intitolata Il mercato<br />

di Trella, e un atto unico ricavato da Uomini in fuga di Carlo<br />

Coccioli e destinato a una campagna per la prevenzione<br />

dell’alcolismo promossa dall’Arci. Ma con Fantaghirò il lavoro<br />

era stato assai diverso. C’erano delle esigenze narrative e didattiche<br />

ben precise: esigenze che, in realtà, facilitavano molto il<br />

lavoro. Io poi scrivevo, facevo, provavo, e la compagnia con

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