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GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE

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ho scritti poi. Io penso che quei primi racconti abbiano delle qualità<br />

che i racconti successivi <strong>non</strong> hanno più avute, proprio perché allora<br />

ero assolutamente ingenuo e indifesamente sentimentale.<br />

Poi, come succede, sono diventato adulto. I bambini hanno una<br />

grazia che poi perdono. Io ho persa quella grazia − e forse ho perso<br />

ogni tipo di grazia, <strong>non</strong> so. Certo è che da tre anni abbondanti<br />

(l’ultimo mio libro di racconti è uscito nella primavera del 2001) io<br />

<strong>non</strong> invento più storie nuove; saltuariamente scrivo racconti su<br />

commissione, a tema, in una situazione che è molto più quella del<br />

gioco − magari un gioco assai serio − che quella dell’invenzione. La<br />

cosa in sé <strong>non</strong> mi dispiace. Lavoro come consulente editoriale, e occuparsi<br />

dei libri degli altri <strong>non</strong> è meno bello, interessante e divertente;<br />

e forse è più utile. Dà molte soddisfazioni.<br />

Occuparsi della scrittura degli altri, nei laboratori di scrittura o come<br />

consulente editoriale, è un esercizio curioso. Bisogna, per così<br />

dire, uscire da sé stessi, dimenticarsi il proprio gusto e il proprio<br />

modo di ragionare, lavorare perché la scrittura di un’altra persona<br />

diventi spiegatamente ciò che al momento è solo in potenza. Un po’<br />

come il buon genitore, che lavora perché il figlio diventi ciò che può<br />

essere e <strong>non</strong> perché diventi ciò che lui, il genitore, desidera che sia.<br />

Non è semplice essere buoni genitori.<br />

In un romanzo di fantascienza che mi piace molto, Dune di Frank<br />

Herbert, c’è una battuta che dice più o meno (vado a memoria):<br />

«Tutti sapevano che cosa dovevano fare. Lui <strong>non</strong> dava mai ordini.<br />

Una volta che avesse dato un ordine, sarebbe stato costretto a ripeterlo<br />

ogni volta». Credo che le cose stiano più o meno così. Preferisco<br />

menare il can per l’aia − mettiamola così: dare l’impressione di<br />

star menando il can per l’aia − piuttosto che dire: «Fate così e cosà».<br />

Preferisco proporre dei criteri, dei modi di pensare, piuttosto che<br />

compilare un elenco di regole o di consigli vincenti. Sbaglio? Può<br />

darsi. Ma, al momento, <strong>non</strong> mi viene niente di meglio.<br />

Devo però dire: tra i miei racconti ce n’è di migliori e di peggiori,<br />

di quasi belli e di molto brutti (spesso, di quanto un racconto sia<br />

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brutto, me ne accorgo quando lo vedo stampato nel libro); e<br />

generalmente quelli che mi sembrano, anche a distanza di tempo,<br />

più validi, sono quelli in cui ho agito in modi simili a quelli<br />

che vi ho proposti fin qui. Magari ho agito in quei modi prima<br />

di rendermi conto che erano dei modi, prima di riuscire a pensarli<br />

in astratto. Fatto sta che quei modi ci sono.<br />

Ovviamente, possono esserci altri modi. Cerco di trasmettere<br />

ciò che ho nella mia esperienza.<br />

***<br />

Altri lettori e altre lettrici mi domandano se insegno nel «laboratorio<br />

di scrittura» che spesso pubblica inserzioni pubblicitarie<br />

in Stilos. Rispondo: no. È un laboratorio che <strong>non</strong> conosco.<br />

Per questa settimana, dunque, è tutto; gli esempi di imitazione<br />

da Oceano mare sono ulteriormente rimandati, e siete autorizzati<br />

a dubitare che ve li proporrò mai. A rivederci.<br />

Chiacchierata numero 11<br />

Buongiorno. Sicuramente vi sarà successo, e <strong>non</strong> poche volte,<br />

di avere una parola sulla punta della lingua - un nome di persona,<br />

un titolo di libro - e di <strong>non</strong> saperlo dire. Dite: «Vabbè, mi<br />

verrà in mente dopo»; ed effettivamente, cinque minuti dopo,<br />

quando ormai state parlando d’altro, quella parola vi appare, e<br />

potete dirla. Vi sarà successo, anche, di <strong>non</strong> essere capaci di venire<br />

fuori da un problema, o di imparare una cosa, o di scrivere<br />

un testo; lasciate perdere, stufi e irritati; e poi, in altro momento,<br />

a mente più sgombra, <strong>non</strong> più irritati, vi mettete lì e il problema<br />

si risolve da solo, la cosa si impara facilmente, il testo vi<br />

viene tutto dritto e pulito come se ve l’avesse dettato qualcuno.

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