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GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE

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Non so se il narratore si «incarni nei personaggi ritrovandosi a vivere<br />

un’altra vita». La mia esperienza è piuttosto il contrario (ma<br />

forse è solo una differenza di formulazione): nel momento in cui mi<br />

sono reso conto che era la mia vita, quella che si esponeva nella narrazione,<br />

e che quanto più mi davo da fare con l’invenzione tanto più<br />

era la mia persona (un fantasma della mia persona) che si ritrovava ricostruita<br />

nella pagina, in quel momento mi è sembrato che cambiasse<br />

tutto, e che il narrare diventasse una cosa seria.<br />

E ho il sospetto che sì, che forse davvero «scrivere con il massimo<br />

impegno intellettivo è l’unico modo di "dare il sangue"». La lingua,<br />

le forme della narrazione, sono cose della mia mente. Sono separate<br />

dal mio corpo. Finché <strong>non</strong> vedo questa separazione, finché <strong>non</strong> le<br />

percepisco come attrezzi e strumenti, protesi del corpo (e pertanto<br />

distinte dal corpo, fabbricate), io resto nella confusione.<br />

Un esempio sciocco. Una volta una signora protestò perché mi<br />

aveva inviati dei racconti, e io <strong>non</strong> l’avevo degnata di una risposta.<br />

Io dissi che ritenevo mio diritto rispondere a chi mi pareva. Qualche<br />

minuto dopo la signora parlò dei suoi scritti in termini di «vomitature»<br />

della sua anima. Questo è un esempio di confusione.<br />

Chi volesse intervenire mi scriva: giuliomozzi@gmail.com.<br />

Chiacchierata numero 55<br />

Buondì. Va bene, va bene, si cambia argomento. Qualche lettore<br />

mi ha fatto notare che il tema "avventure e disavventure dell’autore"<br />

era un tantino vago e decisamente poco pratico. Sono d’accordo. È<br />

che credo che ogni tanto, nel parlare di come e di perché («perché»<br />

sia nel senso di: «per quale ragione», sia nel senso di «con quale scopo»)<br />

si scrive, ci si possa concedere il lusso di andare un po’ a campi,<br />

di avviare riflessioni delle quali <strong>non</strong> si conosce l’esito, di interrogarsi<br />

sui massimi sistemi. E quindi su questa o su altre questioni generalissime,<br />

capiterà di tornarci.<br />

87<br />

Oggi però, per compensazione, proviamo ad andare sul pratico.<br />

Parliamo del dialogo. La domanda: «Come si fa a fare un<br />

buon dialogo?» è tra quelle che più spesso mi sento rivolgere.<br />

Provo a rispondere con un esempio. Quello che segue è un<br />

brano di un romanzo inedito (e ancora incompiuto, a dire il vero)<br />

scritto da un giovane secondo me piuttosto bravo (e che ha<br />

data la sua autorizzazione a questo esercizio pubblico).<br />

Quando Juan uscì dalla camera, spettinato e assonnato venne in cucina<br />

per riempirsi un bicchiere con dell’acqua del rubinetto.<br />

«Guarda che ho comprato da bere» gli dico<br />

Con gli occhi assonnati mi guarda «Che c’è da bere?».<br />

«Ma vedi un po’ te… Martini, Gin, vino bianco, dovrebbe essere avanzata<br />

della crema al wiskey».<br />

«Qualcosa che <strong>non</strong> contenga alcol, che so Coca cola, una Fanta, cedrata?».<br />

«Senti caro apri il frigo, gli analcolici li portano le ragazze, fai un salto<br />

giù e chiedi a loro».<br />

Juan prende un bicchiere dalla credenza si versa del Martini e apre la<br />

porta di casa e scende le scale.<br />

Lascia la porta aperta e sento le sue ciabatte di plastica che sbattono per i<br />

gradini.<br />

Dopo qualche minuto risale, ha in mano una bottiglia di gassosa, si siede<br />

su una sedia in cucina e mescola la gassosa al Martini.<br />

«C’è un’aria un po’ tesa giù» dice<br />

«Che succede?» gli chiedo.<br />

«Boh… e che ne so, io sono solo andato in cucina a prendere questa bottiglia,<br />

le ragazze erano in salotto come se stessero in riunione, parlavano di<br />

soldi».<br />

«Ma tu <strong>non</strong> hai chiesto niente? Che ne so’ una cosa così per dire, tanto<br />

per gentilezza».<br />

«Ma io sono sceso solo per la gassosa» mi risponde mescolando il suo<br />

drink.

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