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GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE

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«Lavoro è…», e si perde per due, tre, quattro secondi. Ma si riprende.<br />

«Lavoro è produrre».<br />

«E io <strong>non</strong> ho prodotto niente».<br />

«Ha solo parlato».<br />

«Lei, adesso, dopo avermi sentito parlare», dico, «ha l’impressione<br />

di saperne un po’ di più sulla narrativa italiana?».<br />

«So quello che mi ha detto lei», dice diffidente il signore con la<br />

barba. «Solo quello che mi ha detto lei».<br />

«Lei pensa che io abbia raccontate panzane?», domando diretto.<br />

«No», dice il signore con la barba, con la faccia di chi avrebbe voglia<br />

di dire «Sì», ma <strong>non</strong> ne ha il fegato.<br />

«Lei pensa che io abbia raccontate cose che <strong>non</strong> servono a niente?»,<br />

insisto, prevedendo la risposta.<br />

«Sì, ecco», dice il signore con la barba, dicendo la risposta prevista.<br />

«Non è che sia proprio una cosa che serve a tanto, la letteratura».<br />

«Quindi lei dice che quello che io faccio, qualunque cosa faccia»,<br />

dico, «<strong>non</strong> è un lavoro, perché <strong>non</strong> serve a niente?».<br />

«Sì», dice.<br />

Lo guardo bene fisso in faccia.<br />

«Cioè», comincia a dire, «<strong>non</strong> è che voglio dire…».<br />

Lo interrompo alzando entrambe le mani. «Non voleva dire quello<br />

che ha detto?».<br />

«Sì», dice, «no…».<br />

«Lei perché è qui?», gli domando.<br />

«Come, perché sono qui?», mi domanda.<br />

«Le chiedo perché è qui», insisto. «Perché è venuto alla conferenza<br />

stasera, perché si è anche fermato qui, ora, all’osteria».<br />

«Ma», abbozza, «perché pensavo che lei fosse una persona interessante».<br />

«E lo sono?», domando sorridendo, più ingenuo che posso.<br />

«Ma che cosa vuole da me?», dice l’uomo con la barba, alterandosi,<br />

alzando un po’ la voce.<br />

116<br />

«Ma», dico allargando le braccia, «lei viene qui a dirmi che la<br />

cosa alla quale ho dedicata la mia esistenza è una cosa che <strong>non</strong><br />

serve a niente, e io sono curioso di sapere perché lei», e gli<br />

punto l’indice destro sul petto, «perché lei viene fin qui a sentire<br />

uno parlare di una cosa che <strong>non</strong> serve a niente».<br />

«Lei è un maleducato», dice il signore con la barba.<br />

«Può darsi», dico. «Ma ha cominciato lei».<br />

«Cominciato cosa?», quasi grida l’uomo con la barba.<br />

«Ha cominciato lei», dico ripigliando il tono pedante, «a scocciarsi<br />

perché la mia vita è fatta in un certo modo, cioè è una vita<br />

di lavoro come quella di tutti, mentre lei avrebbe preferito (e<br />

perché lo avrebbe preferito, io <strong>non</strong> lo so) che la mia vita fosse<br />

fatta in un altro modo, fosse stata una bella vita, tutta consacrata<br />

all’arte e ai godimenti…».<br />

«Io <strong>non</strong> ho detto questo!», dice secco l’uomo con la barba.<br />

«Ah no?», dico con il tono del finto tonto.<br />

A questo punto, dopo avere assistito all’escalation senza sapere<br />

bene che fare, intervengono i compagni di tavolata, in primo<br />

luogo l’organizzatore dell’incontro. L’uomo con la barba cambia<br />

platealmente posto, va a mettersi quattro sedie più in là. Intanto<br />

arriva il mio panino, comincio a masticare.<br />

L’organizzatore si scusa, io gli dico tra un boccone e l’altro che<br />

<strong>non</strong> c’è nulla di cui si debba scusare. Dopo un po’ l’uomo con<br />

la barba si alza, lascia cinque euro sul tavolo, se ne va salutando<br />

vagamente e dirigendo lo sguardo ovunque tranne che dalla mia<br />

parte.<br />

Io penso: «Anche oggi mi sono guadagnata la giornata».<br />

Chiacchierata numero 73<br />

I mestieri dello scrittore, 2. Mercoledì scorso a Milano ho fatto<br />

conoscenza con Gianni Biondillo, autore di Per cosa si uccide

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