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GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE

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La scrittura è probabilmente il mezzo di produzione artistica più economico.<br />

Bastano carta e penna, basta un computer che oggi ce<br />

l’hanno tutti. Basta avere tempo. Non servono tanti soldi. La scultura<br />

è decisamente più onerosa, per <strong>non</strong> parlare del cinema; e così via.<br />

La scrittura, poi, è probabilmente anche il mezzo di produzione<br />

artistica più ibrido. Non si scrive solo per fare produzione artistica;<br />

si scrive per centomila altre ragioni. Io stesso, qui, mentre scrivo<br />

questo articolo - che spero venga bene perché mi sono preso tardi e<br />

lo sto facendo di corsa, <strong>non</strong> ho tanto tempo per pensare a quello<br />

che dico - <strong>non</strong> ho certo in mente di fare dell’arte. Sto scrivendo un<br />

articolo. E stamattina ho scritte altre cose, avendo in mente di tutto<br />

fuorché di fare dell’arte.<br />

Difronte ai miei amici pittori, io devo confessare: <strong>non</strong> riesco a<br />

immaginare che cosa passi loro per la testa. L’altra sera ho visto un<br />

film nel quale ho avuta una particina (Primo amore di Matteo Garrone;<br />

con Michela Cescon e Vitaliano Trevisan protagonisti; molto<br />

bello, secondo me) e mi sono reso conto che, anche se sono stato<br />

un po’ sul set, anche se ho visto un po’ (un po’) lavorare gli sceneggiatori<br />

(gli stessi Garrone e Trevisan, più Massimo Gaudioso), comunque<br />

<strong>non</strong> sono in grado di immaginare che cosa passi per la testa<br />

del regista. Quando giravamo le due scenette in cui ci sono anch’io,<br />

vedevo il regista andare di qua e di là, aprire e chiudere porte, muovere<br />

la macchina; e <strong>non</strong> capivo che cosa succedeva. Il risultato visivo<br />

di quelle due scene, visto al cinema, <strong>non</strong> c’entra niente con ciò<br />

che io avevo visto sul set mentre provavamo e riprovavamo.<br />

Invece, mi rendo conto che questa sensazione di <strong>non</strong> riuscire a<br />

immaginare, ben pochi ce l’hanno nei confronti della scrittura. Ogni<br />

volta che, iniziando un laboratorio di narrazione, faccio ai partecipanti<br />

quelle due o tre domande che servono a conoscersi, a dire perché<br />

si è lì e che cosa ci si aspetta, mi rendo conto che quasi nessuno<br />

pensa al narrare e allo scrivere come ad attività misteriose. No: per<br />

quasi tutti il narrare e lo scrivere sono cose ben chiare; e a me, con-<br />

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duttore del laboratorio, si chiede solo di insegnare un po’ di<br />

«trucchi del mestiere». Dicono così: «trucchi del mestiere».<br />

E allora azzardo una doppia risposta, magari un po’ paradossale.<br />

I cosiddetti scrittori difendono la specificità del loro mezzo di<br />

produzione artistica, sostanzialmente indistinguibile dalla scrittura<br />

che comunemente tanti usano, ammantandolo di mistero.<br />

Hanno bisogno di dire che la loro scrittura è un’altra cosa, è<br />

sempre un’altra cosa; perché devono distinguerla dalla scrittura<br />

di tutti.<br />

E i lettori, da parte, loro, cadono nell’inganno simmetrico: di<br />

identificare troppo immediatamente la scrittura come mezzo di<br />

produzione artistica con la scrittura che più o meno tutti, per un<br />

verso o per l’altro, per uno scopo o per un altro, pratichiamo. E<br />

quindi <strong>non</strong> vedono le differenze per eccesso di sbrigatività.<br />

Ma mi viene il dubbio di avere scritte delle fesserie. Perciò invito<br />

chi sia arrivato a leggere fin qui, a scrivermi che cosa ne<br />

pensa. Usate la posta elettronica, l’indirizzo è:<br />

giuliomozzi@gmail.com. Buona settimana.<br />

Chiacchierata numero 54<br />

Buondì. La settimana scorsa finivo il mio pezzo rilanciando la<br />

domanda: «Com’è che i lettori si immaginano che la scrittura sia<br />

per gli scrittori una certa cosa, e gli scrittori (io compreso) invece<br />

dicono che è tutt’altra cosa? Come fanno a essere così differenti,<br />

le due esperienze?».<br />

Ho ricevute alcune risposte.<br />

Adriana Di Grazia scrive tra le altre cose: «La passione per la<br />

scrittura o si ha o <strong>non</strong> si ha. Non si può inventare. Si inizia sui<br />

banchi di scuola a scoprire quell’inclinazione che poi si sostanzia<br />

riempendo pagine bianche di quaderni o di diari, di emozio-

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