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GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE

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pire e gustare. Registrate dunque, poi mettete tutto da pare qualche<br />

giorno (il tempo sufficiente per dimenticare dove erano messe le<br />

virgole nel testo che avete letto), e infine trascrivete il testo dalla vostra<br />

registrazione. A questo punto, confrontate con l’originale.<br />

Scommetto (vado sul sicuro, l’ho fatto tante volte) che la punteggiatura<br />

della trascrizione <strong>non</strong> corrisponderà, se <strong>non</strong> all’ingrosso, a<br />

quella originale. Una volta che feci questo esercizio in un laboratorio<br />

di scrittura, un signore lungo lungo con una camicia gialla davvero<br />

orribile commento: «Sono cose che fanno pensare».<br />

Il Prontuario di Bice Mortara Garavelli è quindi tutto cosparso di<br />

formule prudenziali: «Si usa dire… Ma l’esperienza mostra…» (p.<br />

17); «Un’altra ragione sintattica che indirizzerebbe a separare con un<br />

segno d’interpunzione…» (p. 18); «L’uso della disgiuntiva "o" può<br />

ricadere sotto condizioni analoghe a quelle di "sia"» (p. 20); «Si tende,<br />

prevalentemente, a evitare la virgola quando…» (p. 21); «La presenza o<br />

l’assenza di una virgola davanti a un pronome relativo <strong>non</strong> dovrebbero<br />

essere casuali» (p. 26); e così via.<br />

«Ma a che cosa serve», potrebbe domandare qualcuno, «un prontuario<br />

che <strong>non</strong> ti dice mai chiaramente fa’ così che fai bene, ma ti riempie<br />

la testa di forse, di prevalentemente, eccetera eccetera?». La risposta è<br />

facile. Ciascuno di noi tende a usare la punteggiatura in modo tutto<br />

sommato automatico. È raro che si torni indietro a spostare una virgola,<br />

a sostituire un punto con un punto e virgola, a controllare la<br />

quantità di puntini di sospensione che abbiamo disseminati nel testo.<br />

Leggere questo Prontuario produce, e <strong>non</strong> è poco, l’effetto di costringerci<br />

a pensare ogniqualvolta mettiamo giù una virgola, una parentesi,<br />

un a capo.<br />

Faccio un esempio. Io produco una varietà di testi scritti: lettere,<br />

email, articoli per Stilos, progetti didattici, recensioni di libri, lezioni,<br />

racconti, pagine del mio diario in rete, e così via. Ultimamente ho<br />

assaporato la gioia dello scrivere i verbali dell’assemblea di condominio<br />

(ho preteso di fare il segretario verbalizzante: sono pur sempre<br />

l’unico scrittore del condominio). Ciascuna di queste tipologie di testi<br />

131<br />

fa riferimento, in maniera più o meno esplicita e più o meno rigida,<br />

a convenzioni linguistiche: che riguardano il lessico, la<br />

sintassi, e anche la punteggiatura.<br />

In una email a un’amica posso scrivere come mi pare. In un<br />

pezzo per Stilos, no: sarei scortese, se lo facessi. Ma <strong>non</strong> posso<br />

nemmeno scrivere piatto-piatto e banale-banale, come fa (se è<br />

bravo) il giornalista di cronaca: chi legge questa rubrica si<br />

aspetta, credo, anche una scrittura vivace. Nei verbali<br />

dell’assemblea di condominio scrivo piatto-piatto e banalebanale;<br />

nei progetti didattici per le scuole medie superiori scrivo<br />

in perfetto scolastichese; e, in somma, questo è il punto della questione,<br />

ciascuna di queste scritture richiede un certo lessico, una<br />

certa sintassi, e una certa punteggiatura.<br />

Lo studio del Prontuario di Bice Mortara Garavelli (che è autrice<br />

anche di un ottimo e chiaro Manuale di retorica, pubblicato da<br />

Garzanti) ha acuita la mia sensibilità. Ha fatto di me un punteggiatore<br />

più pignolo ma anche più variabile, più "personale" ma<br />

anche più adattabile. Il che <strong>non</strong> mi dispiace affatto.<br />

Chiacchierata numero 82<br />

Libri che insegnano a scrivere, 3. Due settimane fa ho presentato<br />

un manuale di poesia, settimana scorsa un prontuario di punteggiatura,<br />

oggi tocca a un libro sull’argomentare. Le puntate di<br />

questa rubrica dedicate ai «libri che insegnano a scrivere» saranno<br />

parecchie; e, tanto per <strong>non</strong> annoiare lettori e lettrici eventualmente<br />

disinteressati/e alla poesia o alla prosa o alla narrazione<br />

o all’argomentazione eccetera, saltabeccherò disinvoltamente,<br />

di puntata in puntata, da un argomento all’altro.<br />

Il gioco dell’argomentare di Cristina Pennavaja (Franco Angeli<br />

1997, 190 pagine) è un buon libro semplice e introduttivo. Ha<br />

un sottotitolo che può stupire: Percorso creativo per migliorare lo stile,

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