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GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE

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hai fatto questo?”, dio prima se ne infischia, e poi s’alza in piedi,<br />

squarcia i cieli, guarda Giobbe e gli dice: “Chi sei tu per chiedermi<br />

conto delle mie azioni?”.<br />

Un dio difficile da digerire, dunque, quello che appare-scompare<br />

nelle storie di M**. E per questo, a mio avviso, un dio interessante.<br />

Ma la cosa ancor più interessante, è che le storie che M** racconta<br />

<strong>non</strong> sono inventate. Non da lui, almeno. Nel suo libro M** (che è<br />

un appassionato di storia, di fumetto, di narrativa fantasy e di soldatini)<br />

ha “rivisitate”, come si usa dire, un certo numero di storie già<br />

note, già raccontate. Storie che appartengono alla storia, storie che<br />

appartengono alla fantascienza o al fantasy, storie che appartengono<br />

alla tradizione favolistica e leggendaria, e così via: dalla nascita di<br />

Gesù in Betlemme alla storia della legione romana scomparsa, dal<br />

pifferaio magico alla crociata dei bambini. Nel ri-raccontare tutte<br />

queste storie, M** ha fatto sì che, appunto, in ciascuna venisse alla<br />

luce la “questione”: se dio sia, se dio intervenga nella storia, o se dio<br />

<strong>non</strong> sia, o magari sia ma <strong>non</strong> intervenga nella storia.<br />

È quasi come se (devo andarci cauto, perché questo è un pensiero<br />

mio, <strong>non</strong> di M**) M** avesse voluto aggiungere qualche storia alle<br />

storie, già numerosissime, della Bibbia. Solo che le storie di M** sono<br />

più parenti dei libri inquietanti della Bibbia (Giobbe, appunto, o il<br />

Qoèlet) che <strong>non</strong> di quelli confortanti. Se la Bibbia è la storia<br />

dell’incontro e della relazione amorosa tra dio e il suo popolo, le<br />

storie di M** sono storie di un incontro che per lo più <strong>non</strong> avviene:<br />

di sfioramenti, di occasioni mancate.<br />

Ogni storia poi ha un suo trattamento stilistico specifico. Una storia<br />

ha per protagonista Carlo Magno, è in forma drammatica ed è<br />

intessuta di citazioni shakespeariane. Una storia è una storia di briganti<br />

toscani, ed è scritta in uno splendido italiano contaminato dal<br />

parlato. Un’altra storia ricalca modi borgesiani, un’altra ancora nasce<br />

da una citazione di Ballard; e così via.<br />

***<br />

37<br />

Che cosa farò con M**? Mi metterò, dattiloscritto alla mano, a<br />

discutere di singole frasi, singole parole, microsvolte narrative,<br />

aggettivi, pronomi, consecutio temporum? Non credo.<br />

Con M**, parlerò di massimi sistemi. Del modo in cui la<br />

“questione” è venuta alla luce in lui. Del modo in cui si può fare<br />

“sentire” al lettore la profonda unitarietà del libro che Massimo<br />

ha composto, al di là della deliberata diversità stilistica.<br />

Del modo in cui si può far percepire al pubblico naturale di<br />

questo libro (i lettori di fantascienza, fantasy e annessi & connessi)<br />

la presenza della “questione”. Del modo in cui si può far<br />

“aprire” questo libro a lettori estranei al suo pubblico naturale<br />

(<strong>non</strong> parlo di marketing; parlo di azioni interne al libro). Del<br />

modo in cui si possono inserire, o far apparire con più risalto,<br />

dentro al libro, “segnali” che guidino il lettore da una storia<br />

all’altra, da un versante all’altro della “questione”, dallo scetticismo<br />

più assoluto al desiderio di dio.<br />

Ci metteremo quindi in giardino, poseremo i dattiloscritti<br />

sull’erba (il mio, con tutti i miei segni da “maestria con la penna<br />

rossa”; il suo, con segnate tutte le cose che vorrà chiedermi), e<br />

preliminarmente parleremo dei massimi sistemi. Perché un libro<br />

è, sì, senz’altro, lavoro artigianale, connessioni, raffinatezza linguistica,<br />

coerenza narrativa, tutte quelle cose lì: ma è, prima di<br />

tutto questo, un’immaginazione che ha senso, dà senso, ha bisogno<br />

di senso. E tutto il resto, una volta che di questo senso si<br />

sia venuti a capo, è semplice lavoro.<br />

M** ha le idee chiare. Io, credo, anche. Dobbiamo esplorare<br />

ancora un po’ le nostre immaginazioni, per poter lavorare insieme.<br />

Perché io sono il suo editor. E devo entrare completamente<br />

nella sua immaginazione, imparare a simularla. Finché<br />

avrò la mia immaginazione attiva, a poco servirà parlare; e <strong>non</strong><br />

si potrà discutere nemmeno di virgole.

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