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GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE

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molta libertà riscriveva, tagliava, rifaceva. La situazione ideale per un<br />

principiante.<br />

Per questo Miti, oggi, invece, le cose sono state per me assai difficili.<br />

Si partiva da un tema, anziché da una storia; e su questo tema, per di<br />

più, <strong>non</strong> è che ci fosse un approccio unico. Per me, ad esempio, il<br />

mito è un’esigenza naturale della persona e delle collettività. La parola<br />

“mito” significa in origine: “narrazione”. I grandi miti sono le<br />

narrazioni delle origini (e della futura fine) del mondo; i piccoli miti<br />

sono le narrazioni delle origini di più o meno qualunque cosa: del<br />

cibo che si mangia, della medicina che si usa, di ogni uso e costume,<br />

della disposizione delle stanze nella casa, e così via. La cosiddetta civiltà<br />

occidentale sta tentando da qualche secolo (dall’Illuminismo in<br />

poi) di scacciare i miti dal proprio perimetro. Il territorio del mito si<br />

è oggettivamente ristretto, e sempre più spazio ha, nella nostra vita,<br />

la razionalità. O almeno così crediamo: io, personalmente, ci credo<br />

poco; credo piuttosto a un travestimento razionalistico del mito; e credo<br />

che potremmo vivere meglio se accettassimo l’idea che, si voglia o<br />

<strong>non</strong> si voglia, il mito scacciato dalla porta tende sempre a rientrare<br />

dalla finestra.<br />

A fronte di questo mio approccio alla faccenda, c’era chi invece<br />

stava nella posizione illuministica: secondo la quale il mito è ciò che<br />

impedisce all’uomo e alla collettività la precisa e veritiera conoscenza<br />

del mondo e delle cose; e la smitizzazione del mondo, con il conseguente<br />

progresso della scienza, è quanto di meglio l’Occidente abbia<br />

saputo offrire. Se poi alla fin fine, dopo avere ben bene smitizzato il<br />

mondo, ci si trova soli e nudi su questo pianeta vagante negli spazi<br />

siderei, bene: <strong>non</strong> sarà bello, ma è quel che è.<br />

L’elaborazione di un testo per questo spettacolo (scusate la lunga<br />

premessa: ma è necessaria per parlare di ciò che è il tema di queste<br />

chiacchierate) è avvenuta così. Prima abbiamo parlato, parlato, parlato.<br />

Ci siamo confrontati sui nostri diversi approcci al mito. Abbiamo<br />

pescato nei nostri immaginari e nelle nostre memorie, ricuperando<br />

avvenimenti, ricordi personali, storie, romanzi, film, pièce, nei<br />

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quali il mito (il bisogno di mito, il superamento del mito, la negazione<br />

del mito…) avesse importanza.<br />

Poi abbiamo presa una decisione: che l’opera teatrale avrebbe<br />

raccontata la storia di quattro personaggi (perché quattro sono<br />

gli attori) che si ritrovano all’improvviso senza-storia, senzamito,<br />

senza-cosmo. I quattro giungono ciascuno per conto<br />

proprio, secondo itinerari che <strong>non</strong> hanno importanza, a una casa.<br />

In questa casa si confronteranno: uno esibirà il proprio rifiuto<br />

del mito, come esperienza fallimentare; un altro esprimerà<br />

il proprio bisogno di mito e la propria disponibilità ad aderire a<br />

più o meno qualunque mito gli si presenti; un altro presenterà la<br />

propria nostalgia di un tempo in cui il mito c’era, era vivo e<br />

lottava insieme a noi; l’ultimo avrà invece un atteggiamento opportunistico:<br />

<strong>non</strong> disponibile ad aderire a un mito, ne riconoscerà<br />

tuttavia una certa qual indispensabilità, e tenterà di proporre<br />

un improbabile modo di credere ai miti per immaginazione: di<br />

crederci come si crede alla fortuna e alla sfortuna, alla possibilità<br />

di vincere al lotto, all’amore romantico, alla squadra del cuore:<br />

con l’immaginazione da una parte e la razionalità dall’altra.<br />

A questo punto, avevamo quattro personaggi e un’occasione<br />

di storia. Non avevamo però una storia. La storia, naturalmente,<br />

era il compito mio. Ma abbiamo deciso che ce ne saremmo occupati<br />

con calma. Intanto si trattava di definire meglio i personaggi.<br />

Abbiamo così prodotti, un po’ per scrittura mia e un po’<br />

con improvvisazioni degli attori, alcuni monologhi: <strong>non</strong> necessariamente<br />

destinati a entrare nel testo definitivo, ma utili per<br />

mostrare ogni personaggio in tutta la sua natura.<br />

Il séguito alla prossima puntata.<br />

Chiacchierata numero 70

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