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GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE

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9. Il dialogo serve a due cose: a definire la relazione tra i personaggi<br />

(vedi il punto 2) o a far progredire l’azione. Le cose <strong>non</strong> devono<br />

accadere durante il dialogo, ma nel dialogo. Soprattutto, il dialogo <strong>non</strong><br />

serve a informare il lettore di cose che sono accadute fuori scena o<br />

in precedenza.<br />

10. Nel dialogo ogni personaggio parla la sua propria lingua, il suo<br />

idioletto. Questo <strong>non</strong> vuol dire che l’idioletto di ogni personaggio vada<br />

creato scientificamente, con intento realistico. I napoletani <strong>non</strong> sono<br />

tenuti a parlare in napoletano, i veneti <strong>non</strong> sono tenuti a dire ciò,<br />

bòcia e sgnàpa ad ogni piè sospinto. La maggior parte dei personaggi<br />

dei romanzi italiani si esprime in un italiano medio, e questo va bene.<br />

Bisogna stare attenti però a <strong>non</strong> attribuire varianti regionali ai<br />

personaggi sbagliati. Quello che per un lombardo è l’oratorio, per un<br />

veneto è il patronato. Quello che per un milanese è la brioche, per un<br />

romano è il cornetto. Un salernitano e un udinese usano diversamente<br />

parole come tinello, terrina, giovane (sostantivo), melone. Un vicentino<br />

<strong>non</strong> dice assai, un siciliano sì; e se al vicentino scappa di dire assai,<br />

intende qualcosa di un po’ diverso da ciò che intende il siciliano.<br />

Quindi: se tutti parlano in italiano medio, va bene; se un personaggio<br />

usa espressioni dell’italiano regionale, stare attenti che siano<br />

dell’italiano regionale suo; se si vuole che parli dialetto, che la cosa<br />

abbia una sua giustificazione (e sia fatta con perizia: va da sé). Analogamente,<br />

se in un romanzo italiano c’è un personaggio inglese che<br />

parla italiano, <strong>non</strong> sarà tenuto a dire well e by Jove!.<br />

11. Nel dialogo la punteggiatura va dosata bene. È giusto inserire<br />

punti e virgole tenendo conto più di un ipotetico parlato che della<br />

sintassi e della logica. È sbagliato esagerare con i segni di intonazione<br />

(esclamativi, interrogativi): come già detto (punto 7) l’intonazione<br />

dovrebbe intuirsi dalle parole stesse e dal contesto.<br />

12. Nei dialoghi in cui un personaggio parla molto e l’altro sta ad<br />

ascoltare, è bene che di tanto in tanto il soliloquio dell’uno sia interrotto:<br />

<strong>non</strong> necessariamente da interventi dell’altro, ma anche da ge-<br />

97<br />

sti, movimenti eccetera (punti 4 e 5). Segnalo un’eccezione gigantesca:<br />

Lord Jim di Conrad.<br />

13. Nelle liti, il lettore deve avere ben chiaro quale sia<br />

l’oggetto del contendere.<br />

14. Negli equivoci, il lettore deve capire subito chi sta equivocando<br />

(e su che cosa si equivoca).<br />

15. Nelle scene d’affetto, lasciate parlare il corpo.<br />

16. Se in una stanza ci sono otto personaggi, che parlino tutti:<br />

o, se qualcuno <strong>non</strong> parla, che almeno faccia qualcosa. Magari<br />

dorma.<br />

E si potrebbe proseguire: ma stiamo davvero sconfinando dai<br />

criteri alle regolette. E perciò, per oggi, basta.<br />

Chiacchierata numero 61<br />

Buondì. Settimana scorsa mi sono azzardato a fornire sedici<br />

criteri (criteri, <strong>non</strong> regole) per la gestione del dialogo. Avrei<br />

potuto fornirne di più, o di meno. Alcuni sono più importanti,<br />

altri meno. Vorrei soffermarmi su uno (il numero 9): «Il dialogo<br />

serve a definire la relazione tra i personaggi o a far progredire<br />

l’azione». Della prima cosa abbiamo già parlato (in particolare<br />

nella puntata LVII); ora parliamo della seconda. Cominciamo<br />

con un esempio: un brano da La donna di scorta, romanzo<br />

d’esordio (assai bello) di Diego De Silva (disponibile ora nei<br />

Tascabili Einaudi). I personaggi sono Livio, uomo sposato con<br />

Laura, e Dorina. Da poco tempo Livio e Dorina sono amanti.<br />

La scena è a casa di Dorina.<br />

Dorina era distesa sul fianco e si cingeva la vita con un braccio. Livio<br />

allungò la mano e le carezzò i capelli. Non era sicuro che fosse sveglia, ma<br />

provò ugualmente a parlarle.<br />

«Dormi?».

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