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GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE

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Attenzione: c’è una bella differenza tra scrivere un libro, e farlo. Per<br />

fare un libro bisogna occuparsi di carta, di inchiostro, di caratteri e<br />

corpi (oggi si chiamano font), di copertina, di illustrazioni, di paratesti<br />

(risvolto, quarta di copertina, biografia dell’autore) e così via; senza<br />

contare poi che una volta fatto il libro bisogna distribuirlo e venderlo,<br />

ed è tutta un’altra storia. Nel mio ormai pluriennale lavoro di lettore<br />

di dattiloscritti inediti, e destinati nella stragrande maggioranza a restare<br />

inediti, mi sono reso conto che ci sono persone che si rendono<br />

conto di che cos’è un libro, e persone che <strong>non</strong> se ne rendono conto.<br />

Basta, appunto, guardare il dattiloscritto. Un dattiloscritto curato,<br />

leggibile, ben marginato, con un font <strong>non</strong> bizzarro, stampato senza<br />

tirchieria d’inchiostri, fotocopiato con cura, appartiene sicuramente<br />

a una persona che sa che cos’è un libro. Ed è molto diverso, nei casi<br />

in cui si decide di «fare il libro», avere che fare con un autore che sa<br />

che cos’è un libro o con uno che <strong>non</strong> sa che cos’è.<br />

Un libro è un oggetto che altre persone prenderanno in mano; e<br />

soppesandolo dovranno decidere se acquistarlo o no, se leggerlo o<br />

no. Il libro quindi deve essere, per così dire, rappresentativo di sé<br />

stesso (deve dare l’idea di essere una certa cosa, ed essere effettivamente<br />

quella cosa); deve essere comodo e maneggevole nella giusta<br />

misura; deve essere leggibile; deve avere delle partizioni interne che<br />

corrispondano ai prevedibili tempi di lettura; deve essere illustrato<br />

efficacemente, se è un libro che prevede illustrazioni; deve giustificarsi<br />

da sé, saper stare al mondo, avere un’evidenza propria, occupare<br />

sensatamente il proprio posto sullo scaffale o sul tavolo.<br />

Ecco: fabbricare libri, significa imparare tutte queste cose. E cominciare<br />

dai libri per bambini <strong>non</strong> è una cattiva idea. I libri per<br />

bambini sono oggetti assai più ricchi e liberi dei libri per adulti. Un<br />

libro per bambini può essere rotondo o addirittura sferico, può avere<br />

il becco, può suonare o fare le puzze, può avere forma di scatola<br />

o di balena, può essere più grande del suo lettore o più piccolo di un<br />

pacchetto di fiammiferi svedesi. Fabbricare libri per i bambini (meglio<br />

ancora: con i bambini) porta ad assaporare questa grande liber-<br />

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tà, e a capire che <strong>non</strong> è certo una libertà sfrenata: perché comunque,<br />

come dicevo, una volta fabbricato il libro dovrà, almeno<br />

ogni tanto (è lecito concedere i bambini di conservare i<br />

libri fabbricati da loro stessi) andare incontro a un lettore estraneo,<br />

od almeno <strong>non</strong> coincidente con l’autore stesso.<br />

Finito tutto questo pistolotto, del Libro dei libri devo dire che<br />

mi sembra assai ben fatto. La varietà di libri proposta <strong>non</strong> è né<br />

eccessiva né scarsa. Le idee sono per lo più tradizionali (il che<br />

va benissimo), con qualche innovazione (bene!). I disegni sono<br />

chiarissimi (migliori dei testi, che sono comunque assai buoni).<br />

Ogni proposta per fare un libro contiene una vivace descrizione<br />

di come dovrà essere il lavoro finito, l’elenco dei materiali necessari,<br />

le istruzioni per costruire, suggerimenti per variare o<br />

ampliare il modello.<br />

Io sono particolarmente affezionato al Libro postale: «Ogni pagina<br />

di questo libro è in realtà una busta dove si raccolgono<br />

banconote di un certo valore, un dente caduto in battaglia, lettere<br />

segrete, fotografie e anche biglietti del treno usati o nuovi.<br />

Le buste possono essere i diverse dimensioni, di plastica, trasparenti<br />

o colorate, basta che la copertina del Libro postale sia<br />

più grande di tutte le altre buste. Una volta pronto, il libro si<br />

chiude in una busta ancora più grossa e ce lo si può spedire a<br />

casa» (p. 52). Per <strong>non</strong> parlare del Libro ingessato, il Libro 007, il<br />

Libro da appendere, il Libro con la bocca, il Libro teatro, e chi<br />

più ne ha più ne metta. Ovviamente il Libro dei libri si occupa<br />

prevalentemente del supporto: che cosa ci vada scritto o disegnato<br />

dentro, in questi libri, è affare secondario (ci sono però<br />

buoni suggerimenti e stimoli curiosi).<br />

Dopo pagina 100 il Libro dei libri abbandona, come se ne avesse<br />

abbastanza, il tema della produzione dei libri, e va a toccare<br />

velocemente vari altri aspetti: inventare un marchio editoriale<br />

(«Edizioni Asino chi legge» mi pare il suggerimento più grazioso),<br />

applicare ai libri etichette di genere o di proprietà, districarsi tra

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