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GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE

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leggere, come atteggiare il corpo durante l’orazione, che espressione<br />

tenere nel volto.<br />

I discorsi sono divisi in quattro grandi gruppi: «Vita di famiglia»<br />

(fidanzamento, matrimonio, nozze d’argento, nozze d’oro, battesimo,<br />

cresima, prima comunione, ordinazione sacerdotale, feste varie);<br />

«Discorsi funebri»; «Vita di associazione» (circolo ricreativo, società<br />

sportiva, circolo patriottico, istituzioni varie, discorsi vari); «Discorsi<br />

per circostanze varie». Alcuni esempi di «circostanze varie»: «Per<br />

l’inaugurazione di un monumento ai caduti di guerra», «Per la partenza<br />

di un collega trasferito» (con una «Risposta del partente»), «Per<br />

il felice esito di un processo a un amico calunniato» (con una «Risposta<br />

dell’amico festeggiato»), «Al pranzo di addio a un amico che<br />

parte per per l’America» (o, in alternativa, «in onore di un amico reduce<br />

dall’America»), e così via. I «Discorsi funebri» sono divisi nelle<br />

seguenti tipologie: «Davanti alla salma di un amico», «di un collega»,<br />

«del principale», «di un superiore», «di un subalterno», «di un operaio<br />

morto sul lavoro», «di un eroe civile», «di un automobilista perito in<br />

una corsa», «di un alpinista perito in un’ascensione», «di un morto in<br />

guerra», «di un giovinetto» (una bizzarra tassonomia delle morti, mi viene<br />

da dire…).<br />

«Ma perché», voi insisterete, «ci parli di questo libro? E ce ne leggi<br />

dettagliatamente l’indice?». Vi parlo di questo libro perché è un libro<br />

indispensabile. Oggigiorno nessuno (quasi nessuno) scrive più discorsi.<br />

Nelle occasioni più svariate si vedono oratori decisamente<br />

inetti improvvisare, buttar fuori qualche banalità, impappinarsi,<br />

scardinare logica e sintassi, aggrapparsi ai luoghi comuni. Se vi capiterà<br />

di dover fare dei discorsi, e se <strong>non</strong> siete dei Ciceroni naturali, vi<br />

consiglio di prepararvi con cura. Questo libro è una raccolta di<br />

esempi; di esempi datati, peraltro (ma vi sfido a trovare una raccolta<br />

recente di esempi di discorsi); ma pur sempre esempi. Il signor Renato<br />

Cesari, del quale <strong>non</strong> so nulla, è un compilatore senza infamia e senza<br />

lode; abbonda di retorica in certe circostanze ed è stringato e<br />

limpido in altro, con un buon senso dell’opportunità; ha un buon<br />

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senso dei tempi, dice quello che nelle varie circostanze va effettivamente<br />

detto, ogni tanto ha qualche guizzo d’ingegno (nella<br />

chiusa del «Discorso per richiamare i soci d’un circolo a una<br />

maggiore attività», prima minaccia l’esplusione degli ignavi e poi<br />

concede: «Voglio sperare che nessuno aspetterà la pedata<br />

dell’espulsione per questa volta rimasta a mezz’aria…», e io<br />

m’immagino l’oratore in bilico s’un piede solo).<br />

Poi, il libro certamente vi tornerebbe utile se vi saltasse in capo<br />

di raccontare una storia ambientata negli anni Trenta. Nel<br />

primo Novecento (per tacer dell’Ottocento) la vita familiare e<br />

sociale era tutta segnata da discorsi. Oggi, quando a un certo<br />

punto della festa tutti cominciano a gridare «Dis-cor-so! Discor-so!»,<br />

il festeggiato per lo più si alza e dice, se va bene (se<br />

<strong>non</strong> è ubriaco, ad esempio, o se <strong>non</strong> è terrorizzato dalla prospettiva<br />

di sposarsi l’indomani), quattro parole in croce. Settant’anni<br />

fa le cose andavano diversamente. Come vi preoccupereste,<br />

per il vostro romanzo d’epoca, di informarvi sugli avvenimenti<br />

storici, sulla moda femminile (come veste la protagonista?),<br />

sulle abitudini alimentari eccetera, similmente dovreste<br />

informarvi sulle modalità di esecuzione di questa allora frequentissima<br />

performance sociale: il discorso.<br />

Ma, naturalmente, tutto questo che ho detto finora l’ho detto<br />

quasi per scherzo. La verità è che volevo invitarvi a frugare<br />

nelle bancarelle dell’usato, a cercare e collezionare (di solito costano<br />

pochissimo, sono libri popolari) repertori di frasi fatte,<br />

discorsi, lettere. Perché sono letture divertentissime, perché<br />

portano la traccia linguistica di situazioni e relazioni sociali delle<br />

quali <strong>non</strong> abbiamo memoria personale, perché leggerli è il<br />

modo più pratico per imparare la più vieta retorica. Quella della<br />

quale dobbiamo liberarci, ma solo chi la conosce sa liberarsene.

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