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GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE

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due puntate di questa rubrica). Come sempre succede, il gruppo<br />

(una ventina di persone, tutte tra i venticinque e i trenta) ha reagito<br />

con uno scetticismo a dir poco pesante. «Ma in somma, queste cose<br />

New Age! Queste specie di magie!». Ma no, ho detto. Niente cose<br />

New Age. Niente specie di magie. Le Strategie oblique sono un modo<br />

come un altro – è importante: un modo come un altro; più divertente<br />

di altri; efficace tanto quanto altri – per raggiungere un paio di<br />

scopi: sbloccare la propria concentrazione (soprattutto quando si è<br />

in una situazione di “incaponimento”), considerare altre possibilità.<br />

Questa, del considerare altre possibilità, è una mia fissa. Quando<br />

mi viene in mente una storia, la prima cosa che penso è: potrebbe<br />

andare diversamente; potrei raccontarla diversamente. La direzione<br />

della storia che scelgo, esclude tutte le altre possibili direzioni. La<br />

forma che scelgo per raccontarla, esclude tutte le altre forme. Se<br />

scrivo: «Guidava una Peugeot bianca», escludo tutti gli altri mezzi di<br />

trasporto (asino, carrozzella, motocicletta, piedi, elicottero…),<br />

escludo tutte le altre marche d’automobili, escludo tutti gli altri colori<br />

(però mi lascio aperta la scelta tra i vari modelli di Peugeot).<br />

Se impariamo a sentire ogni scelta <strong>non</strong> solo come un’opportunità,<br />

ma anche come un’esclusione, questo ci sarà utile. Ovviamente diventeremo<br />

più indecisi. Ovviamente avremo più incertezze. Ovviamente<br />

avremo più ripensamenti. Ovviamente avremo più riscritture.<br />

E questo, in un’attività che tutto sommato può concedersi più o<br />

meno tutto il tempo che vuole, <strong>non</strong> è un problema. O lo è?<br />

***<br />

Eppure, nei vari corsi e laboratori di scrittura in cui insegno, vedo<br />

che c’è molta fretta. Fretta di finir di scrivere ciò che si sta scrivendo,<br />

fretta di avere tra le mani qualcosa di compiuto e definitivo,<br />

fretta di abbandonare un testo per passare a un altro. Essendoci<br />

fretta, c’è anche ansia: l’ansia di <strong>non</strong> essere capaci, l’ansia di <strong>non</strong> sapersi<br />

inventare altro, l’ansia di <strong>non</strong> saper finire, l’ansia di <strong>non</strong> arrivare<br />

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a un risultato… (e dico questo, mica di quelli che vogliono<br />

“diventare uno scrittore”, che sono una categoria a parte; dico<br />

di quelli che, a sentir loro, “amano la scrittura”, “si divertono<br />

con la scrittura”, “si sono iscritti al corso per curiosità, per fare<br />

una cosa piacevole”.<br />

Io da circa tre anni <strong>non</strong> scrivo una storia nuova. Ho scritte<br />

delle cose su commissione: delle descrizioni di luoghi, un raccontino<br />

su un tema dato; ma questa è proprio la parte “da professionista”<br />

del mio lavoro; i risultati magari sono buoni, mi<br />

soddisfano, ma <strong>non</strong> sono “una storia nuova”. Bene: questo <strong>non</strong><br />

mi preoccupa.<br />

Dal 1998 giace dentro il mio pc un mezzo tronco di romanzo.<br />

Ha un titolo imbarazzante (Introduzione ai comportamenti vili) e un<br />

contenuto che mi spaventa. Non sono capace, per ora, di rimettermici<br />

sopra. Ogni tanto lo guardo, e dico: mah!… Un<br />

editore l’ha letto e ha detto: «È una cosa terribile! Non oserei<br />

mai pubblicarla!», intendendo <strong>non</strong> che si tratti di una cosa mal<br />

fatta e mal scritta, ma di una cosa spaventosa per il suo contenuto.<br />

Un altro editore ha detto: «Bello! Bellissimo! Quand’è che<br />

lo finisci?», e continua a chiedermi quand’è che lo finisco più o<br />

meno ogni sei mesi, dal 1998.<br />

Io, <strong>non</strong> so se lo finisco.<br />

Il 16 maggio 2003 avrò la gioia di pubblicare, presso l’editore<br />

per il quale lavoro, un grosso romanzo scritto da uno dei miei<br />

più cari amici. (Sia chiaro: ci siamo conosciuti, nel 1995, per la<br />

scrittura; <strong>non</strong> è che pubblico solo i miei amici; è che sulla base<br />

della scrittura possono nascere, o <strong>non</strong> nascere, grandi amicizie:<br />

in questo caso è nata). Io sono convinto che sia un capolavoro.<br />

Il libro è stato scritto in tre anni, e fa 560 pagine. In questi tre<br />

anni ho visto il mio amico “entrare” progressivamente sempre<br />

di più dentro il libro. Da settembre dell’anno scorso fino<br />

all’altro ieri, credo che sostanzialmente nella sua vita <strong>non</strong> ci sia<br />

stato altro che il libro da fare. Certo: ha lavorato (campa con

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