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GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE

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Chiacchierata numero 39<br />

Una scuola media superiore di Treviso mi ha invitato a tenere, per<br />

un gruppo di insegnanti d’italiano, un paio di incontri di aggiornamento<br />

su «La nuova narrativa italiana». Sono andato fin lì, ho fatto<br />

quello che dovevo, ho parlato di Piervittorio Tondelli e di Enrico<br />

Palandri, di Marco Lodoli, di Aldo Busi, dell’"ondata emiliana" degli<br />

anni Ottanta e dell’"ondata veneta" degli anni Novanta, dei narratori-poeti<br />

romani, dei siciliani che secondo me <strong>non</strong> sono nemmeno<br />

italiani (nel senso che la letteratura siciliana, secondo me, è davvero<br />

una cosa per conto suo, con logiche e ragioni sue, che procede e si<br />

autogenera senza chiedere permesso a nessuno), dei narratori cannibali<br />

che in realtà <strong>non</strong> sono mai esistiti, e così via. Una serie di voci di<br />

enciclopedia snocciolate con garbo. Cose che quelle trenta persone<br />

che avevo davanti avrebbero potuto apprendere leggendo un qualsiasi<br />

buon saggio (ad esempio quello di Filippo La Porta, La nuova<br />

narrativa italiana, pubblicato qualche anno fa da Boringhieri e successivamente<br />

aggiornato). Ma, si sa, sentirsi raccontare una cosa e leggerne,<br />

è tutt’altro affare.<br />

«Lei ha usato spesso una curiosa distinzione», ha detto una signora<br />

con la faccia larga durante la discussione conclusiva. «Di certi libri ci<br />

ha detto che sono belli, o molto belli; di altri che sono storicamente importanti,<br />

a prescindere dal fatto che siano belli o <strong>non</strong> belli. Vuole<br />

spiegarsi meglio?».<br />

«Mi sembra chiarissimo», ho detto. «Altri libertini di Tondelli e Boccalone<br />

di Palandri sono libri storicamente importanti perché hanno,<br />

per così dire, sturato il Vaso di Pandora: una significativa porzione<br />

di una generazione ci si è riconosciuta, e ha cominciato a scrivere, a<br />

raccontarsi e a raccontare, partendo da quei due libri là: soprattutto,<br />

direi, da Boccalone. I due libri sono quindi importanti dal punto di vista<br />

storico. Poi, secondo me, Altri libertini è un libro assai più bello<br />

di Boccalone, che è davvero molto molto ingenuo; mentre un altro libro<br />

di Tondelli che a me sembra più bello di Altri libertini, e cioè Pao<br />

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Pao, è un libro che mi sembra storicamente quasi inerte. Tondelli<br />

farà un altro libro storicamente importante, e cioè Camere<br />

separate, che è un cappello dal quale sta uscendo tutta un’altra<br />

generazione di narratori (vedi Il mondo senza di me del giovane<br />

Marco Mancassola) e che ad alcuni sembra bruttissimo e ad altri<br />

sembra bellissimo. A me sembrò bellissimo quando lo lessi appena<br />

uscito: oggi ci andrei un po’ cauto».<br />

«Ma insomma», ribatte la signora con la faccia larga, «se noi<br />

volessimo leggerci quel che serve leggere per capire la nuova<br />

narrativa italiana, che cosa dovremmo privilegiare? I libri che lei<br />

chiama belli, o quelli che chiama storicamente importanti?».<br />

«Ma signora», dico, «è un po’ come chiedere a un bambino se<br />

vuole più bene alla mamma o al papà. Veda un po’ lei».<br />

Interviene un tipo barbuto. «Noi <strong>non</strong> dobbiamo insegnare letteratura»,<br />

dice, «ma storia della letteratura. Quindi l’influenza storica<br />

di un testo ha la meglio sul giudizio squisitamente estetico».<br />

«Se ragionassimo così», dico, «allora forse ci toccherebbe leggere<br />

Bonvesin de la Riva, in quanto inventore del genere "viaggio<br />

all’inferno e ritorno", e lasciar perdere Dante: che in fondo<br />

è soltanto un epigono».<br />

«Sta scherzando?», sbotta il preside: che siede in prima fila e<br />

del quale ho già sperimentato, nelle ore precedenti, l’assoluta<br />

mancanza di umorismo.<br />

«Sto portando alle estreme conseguenze l’argomento fornito<br />

dal professore», dico indicando il tipo barbuto, «per far vedere<br />

come <strong>non</strong> sia poi così sicuro».<br />

Il tipo barbuto fa per ribattere, ma per fortuna interviene una<br />

signora con i capelli bianchi cortissimi e la voce roca da fumatrice<br />

accanita (durante la conferenza è uscita un paio di volte).<br />

«Ma questi suoi giudizi, di valore storico o di valore estetico, su<br />

che cosa sono fondati?», dice. «Lei <strong>non</strong> ci ha fornita nessuna<br />

indicazione di bibliografia critica».

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