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sommario - Ordine degli Avvocati di ROMA

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ATTIVITA' DEL CONSIGLIO<br />

fatti e non pregiu<strong>di</strong>ca la “libertà morale” della persona.<br />

Siamo certamente <strong>di</strong> fronte ad un metodo <strong>di</strong> acquisizione “atipico” che dal processo<br />

penale si espande al processo civile <strong>di</strong> cognizione quando il processo penale si estingue ed<br />

il giu<strong>di</strong>ce civile (<strong>di</strong>nanzi al quale “prosegue” la lite dopo – per fare un esempio – una amnistia<br />

o la prescrizione del reato) può valutare – come argomenti <strong>di</strong> prova – le prove raccolte in quel<br />

processo (anche) con l’applicazione dell’art. 189 c.p.p.<br />

1.2) Ancora, l’art. 669–sexies c.p.c. per i proce<strong>di</strong>menti cautelari (art. 74 L. n. 353/1990)<br />

<strong>di</strong>spone che “il giu<strong>di</strong>ce... procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti <strong>di</strong> istruzione<br />

in<strong>di</strong>spensabili in relazione ai presupposti e fini del provve<strong>di</strong>mento richiesto”; e al II° comma<br />

prevede l’assunzione <strong>di</strong> “sommarie informazioni”.<br />

Si tratta chiaramente <strong>di</strong> fonti <strong>di</strong> prova strutturalmente e funzionalmente atipiche ,sia nei<br />

contenuti, sia nelle forme <strong>di</strong> acquisizione, che il giu<strong>di</strong>ce – soprattutto nei proce<strong>di</strong>menti a<br />

cognizione sommaria ed in quelli camerali, qualificati da marcate componenti inquisitorie<br />

– può assumere d’ufficio (dalle parti o da terzi), al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong> qualsiasi precostituita formalità<br />

propria delle prove tipiche (e, soprattutto, al <strong>di</strong> fuori delle forme stabilite nel processo<br />

or<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> cognizione per la prova testimoniale, cui tali informazioni sono parzialmente<br />

assimilabili).<br />

Da tener presente che spesso nel giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> cognizione successivo le prove restano<br />

quelle raccolte nel proce<strong>di</strong>mento cautelare.<br />

Anche l’art. 738, III comma, c.p.c. (in tema <strong>di</strong> proce<strong>di</strong>menti in camera <strong>di</strong> consiglio)<br />

prevede che “il giu<strong>di</strong>ce può assumere sommarie informazioni”.<br />

1.3) Ora, come accennato, non esiste nel nostro processo civile una norma <strong>di</strong> “chiusura<br />

che imponga la tassatività del catalogo delle prove e dei mezzi <strong>di</strong> prova ammissibili.<br />

Al contrario, esistono chiare aperture per l’atipicità, sia in termini oggettivi ed ontologici,<br />

sia in termini modali. Nella prima prospettiva, si segnala subito la intrinseca atipicità<br />

dei (identificati anche come fatti secondari, come facta probantia o come<br />

in<strong>di</strong>zi) dalla cui comprovata e sussistenza il giu<strong>di</strong>ce può risalire, me<strong>di</strong>ante<br />

razionali argomentazioni ed inferenze induttive, alla sussistenza <strong>di</strong> un <br />

(factum probandum o fatto principale da provare), in forza delle ,<br />

non stabilite dalla legge, ma lasciate alla prudenza dello stesso giu<strong>di</strong>ce (artt. 2727 e 2729, 1°<br />

comma, c.c.) (v. Comoglio).<br />

1.4) Importantissimo, poi, l’art. 310, III° comma, c.p.c. il quale <strong>di</strong>spone che le prove<br />

raccolte nel processo successivamente <strong>di</strong>chiarato estinto sono valutate dal giu<strong>di</strong>ce (nel<br />

nuovo processo) a norma dell’art. 116, secondo comma, c.p.c. e, cioè, come “ARGOMENTI<br />

DI PROVA”.<br />

Prima <strong>di</strong> proseguire nella nostra analisi, ritengo sia opportuno chiarire la <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong><br />

valore tra gli “argomenti <strong>di</strong> prova” e le prove in senso tecnico, la quale risiede in qualcosa<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>verso dalla idoneità o meno <strong>degli</strong> argomenti <strong>di</strong> prova a fondare da soli il convincimento<br />

del giu<strong>di</strong>ce. Infatti, il carattere <strong>di</strong> probatio inferior <strong>degli</strong> argomenti <strong>di</strong> prova rispetto alle prove<br />

in senso tecnico va colto, non già in una loro minore efficacia legislativamente imposta in<br />

via <strong>di</strong> prova legale, bensì unicamente nella inidoneità <strong>degli</strong> argomenti <strong>di</strong> prova a giustificare<br />

da soli il giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> superfluità <strong>di</strong> cui all’art. 209 c.p.c (“il giu<strong>di</strong>ce istruttore <strong>di</strong>chiara chiusa<br />

l’assunzione quando sono eseguiti i mezzi ammessi o quando, <strong>di</strong>chiarata la decadenza <strong>di</strong> cui<br />

all’articolo precedente, non vi sono altri mezzi da assumere, oppure quando egli ravvisa<br />

superflua, per i risultati già raggiunti, la ulteriore assunzione”) e forse anche ex art. 187, I<br />

comma, c.p.c., (“il giu<strong>di</strong>ce istruttore, se ritiene che la causa sia matura per la decisione <strong>di</strong><br />

merito senza bisogno <strong>di</strong> assunzione dei mezzi <strong>di</strong> prova, rimette le parti davanti al collegio”)<br />

03_attivita del consiglio_2.pmd 320<br />

22/06/2007, 11:18<br />

FORO <strong>ROMA</strong>NO 2/2007

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