sommario - Ordine degli Avvocati di ROMA
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ATTIVITA' DEL CONSIGLIO<br />
un elevato livello libertario che si traduce nel binomio contesa-negozialità, talché, come<br />
linearmente messo in luce da un altro relatore, l’Avv. Bosco dello stu<strong>di</strong>o Sherman & Sterling,<br />
si assiste ad un «gioco delle parti» che «contendono <strong>di</strong> fronte ad un terzo».<br />
E’ un sistema decisamente meno paritetico in Italia, benché le rimembranze pirandelliane<br />
in tema <strong>di</strong> gioco delle parti -cui inevitabilmente saranno, con me, inclini gli appassionati<br />
<strong>di</strong> letteratura-, pur portando a ragionamenti in vero poco giuri<strong>di</strong>ci, tracciano conclusioni<br />
simili rispetto alla logica processuale: la verità rimbalza sui fatti a seconda <strong>di</strong> chi li narri, <strong>di</strong><br />
chi li spieghi, <strong>di</strong> chi li provi e con quali elementi; la verità corre lungo il filo dell’introiezione<br />
<strong>di</strong> un episo<strong>di</strong>o, <strong>di</strong> una rappresentazione <strong>di</strong> un fatto; la verità non costituisce un unicum, ma<br />
è infinitamente scin<strong>di</strong>bile nelle verità <strong>di</strong> ognuna delle parti.<br />
La <strong>di</strong>fferenza, piuttosto, risiede, per quel che qui consta, nella concreta gestione del<br />
<strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa, che, in realtà patisce nel nostro sistema gli strali <strong>di</strong> un’inferiorità allarmante.<br />
La rischiosa pratica <strong>di</strong> incentivare la rinuncia al <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa, <strong>di</strong> cui sono macroscopici<br />
esempi i riti speciali a carattere premiale, continua ad estendersi in modo silente a varie<br />
propaggini del compen<strong>di</strong>o proce<strong>di</strong>mentale tipico, formato dal climax ascendente “prescrizione<br />
legale / fatto storico / accertamento giuris<strong>di</strong>zionale / sanzione”, abbattendo, molte<br />
volte, il baluardo dei <strong>di</strong>ritti della persona, la cui più o meno ampia tutela denota il grado<br />
stesso <strong>di</strong> civiltà <strong>di</strong> un popolo. Difendere, infatti, non significa giustificare il crimine, come<br />
ha magistralmente osservato il Prof. Stile, ma tutelare l’essere umano; è in tal senso che il<br />
<strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa, come egli afferma, <strong>di</strong>viene «uno <strong>degli</strong> in<strong>di</strong>catori più rilevanti per la in<strong>di</strong>viduazione<br />
del livello <strong>di</strong> uno Stato <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto». La emarginazione del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa, però, non incide<br />
solo sulla <strong>di</strong>gnità della persona, depauperando il senso stesso della civiltà, ma, come<br />
osservato dal Prof. Marafioti nel suo intervento, determina un effetto “rimbalzo” <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne<br />
pratico: attira l’attenzione dei giu<strong>di</strong>canti più sui casi in cui sia la <strong>di</strong>fesa ad ingenerare abusi<br />
che non il contrario, in palese <strong>di</strong>spregio <strong>di</strong> quanto sancito dalla Carta Costituzionale. Né,<br />
del resto, il quadro processuale generale dallo stesso Relatore tracciato promette considerazioni<br />
più consolatorie in tema <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa: il processo tria<strong>di</strong>co, egli prosegue, è <strong>di</strong>ventato<br />
<strong>di</strong>a<strong>di</strong>co e vede contrapposti l’imputato ai magistrati -requirente e giu<strong>di</strong>cante-, che «sono<br />
d’accordo, sono nella stessa <strong>di</strong>rezione» e danno a<strong>di</strong>to ad «uno stravolgimento <strong>di</strong> ruoli», che in<br />
nessun senso inteso lascia spazio a buone speranze.<br />
L’argomento affrontato è <strong>di</strong> bruciante attualità e, personalmente, oserei estenderlo non<br />
solo alla <strong>di</strong>atriba sull’opportunità che l’accusa continui ad essere rappresentata da un<br />
magistrato, ma anche alla ormai <strong>di</strong>lagante pratica d’affidare il ruolo requirente ai vice<br />
procuratori onorari, che si muovono in un limbo tra la magistratura-impiego, cui aspirano,<br />
e la libera professione, che non esercitano, se non marginalmente in altri <strong>di</strong>stretti, non<br />
riuscendo, così, a svolgere, in senso tipicamente accusatorio, il ruolo del prosecutor, a<br />
<strong>di</strong>scapito -potrebbe accadere- della correttezza proce<strong>di</strong>mentale in un sistema <strong>di</strong> tale<br />
impronta.<br />
Al processo, quale rito <strong>di</strong> pseudoconoscenza veri<strong>di</strong>ca, a volte fortemente orientato, a<br />
seconda delle inclinazioni intellettuali e dell’esistenza più o meno marcata <strong>di</strong> un’auspicabile<br />
appen<strong>di</strong>ce morale nei magistrati, si affiancano, poi, profeti e pre<strong>di</strong>catori politici, che<br />
traducono in norme le correnti <strong>di</strong> pensiero partitiche, non sempre ben formate e pur tuttavia<br />
<strong>di</strong>segnate, sulla carta <strong>degli</strong> atti legislativi, con una fluida quanto carente logicità. La scienza<br />
della normazione raramente appartiene ai più recenti legislatori. Appare falsato il delicato<br />
rapporto tra physis e logos.<br />
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22/06/2007, 11:17<br />
FORO <strong>ROMA</strong>NO 2/2007