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xciii congresso nazionale - S.I.O.e.Ch.CF.

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G. Iadecola<br />

posizioni ormai tradizionali, come la specifica posizione di garanzia riservata<br />

al primario o comunque al soggetto apicale, titolare di doveri di organizzazione,<br />

coordinamento e sorveglianza sull’attività dei collaboratori e la correlativa<br />

responsabilità penale ogni volta in cui possa essergli mosso un rimprovero<br />

per la mancata adeguata attuazione di tali doveri, in conseguenza della<br />

quale si verifichino condotte lesive dell’incolumità fisica del paziente.<br />

Può essere ricordata, tra le altre, la sentenza della Sez. V^, n.1230/1999, che<br />

ha affermato essere in colpa, per le conseguenze della dimenticanza di una<br />

garza, un chirurgo che aveva delegato ad una infermiera ferrista la conta delle<br />

garze stesse e che era stata dalla stessa rassicurato, a fine intervento, circa<br />

l’avvenuto conteggio: si tratta, si dice in sentenza, di una negligenza non<br />

riconducibile alla specialità di altro medico partecipe all’intervento, ma<br />

riguardante una attività tipica del chirurgo che opera. Egli poteva si delegarla<br />

ad altri, come anche altre operazioni, ma ogni attività delegata doveva poi<br />

svolgersi sotto la sua “continua sorveglianza e penetrante controllo”: sicchè,<br />

anche se è possibile ravvisare la colpa concorrente di altri componenti dell’équipe<br />

negli adempimenti delegati, questo nulla toglie alla sua responsabilità.<br />

Particolarmente incisive e con evidenti profili di novità risultano,sempre in<br />

materia di colpa “in équipe”, le diverse pronunce della Cassazione (Sez. IV^,<br />

n.556/2000; 1031/2001; 1736/2000, fra le altre) che hanno sottolineato come,<br />

all’interno della gerarchia ospedaliera, il medico in posizione “subordinata”<br />

non sia un mero esecutore di ordini,ma goda di una sua autonomia, sia pure<br />

vincolata alle direttive ricevute, per cui egli può, ed anzi deve, manifestare al<br />

sanitario “sovraordinato” le proprie riserve e, se occorre, il proprio dissenso,<br />

rispetto a scelte o prestazioni terapeutiche che non ritenga di condividere.<br />

Sicché, o il medico in posizione superiore avoca a sé il caso, in questo caso<br />

assumendo la responsabilità esclusiva della gestione, ovvero, se questo non<br />

avviene, il medico in sottordine, che giudichi erronei gli apprezzamenti diagnostici<br />

o gli approcci terapeutici formulati o eseguiti, deve esplicitamente<br />

esprimere il suo dissenso rispetto ad essi, altrimenti potrà essere ritenuto<br />

responsabile degli esiti pregiudizievoli che ne derivino al paziente, non avendo<br />

compiuto quanto era in suo dovere per impedire il verificarsi del danno<br />

all’incolumità o alla vita del malato.<br />

E’ interessante osservare che un diritto-dovere di dissenso –e dunque un limite<br />

al dovere di “obbedienza al superiore” - è stato affermato dalla Cassazione<br />

anche in capo al medico specializzando, il quale, assumendo,in forza dell’incarico<br />

ricevuto dal docente di eseguire una determinata prestazione,la diretta<br />

responsabilità della stessa nei confronti del paziente, ha a sua volta il dovere<br />

di declinare l’investitura ricevuta quando avverta di essere inadeguato, per il<br />

livello di esperienza e di abilità tecnica raggiunto, rispetto alla complessità<br />

dell’intervento demandatogli (Sez. IV^, 6 ottobre 1999, n.2453).<br />

3.2 bis In materia di accertamento della colpa in caso di attività medica in “équipe”,<br />

risulta evidente, anche alla luce delle sentenze più recenti, come la<br />

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