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Dai Luoghi pii alla pubblica assistenza in Terra di Lavoro

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utilizzavano come guida nelle loro attività caritatevoli le sette opere <strong>di</strong> misericor<strong>di</strong>a<br />

corporali, che andavano, però, <strong>in</strong>terpretate perché non tutti gli affamati andavano<br />

sfamati e non tutti gli assetati andavano <strong>di</strong>ssetati. San Bernard<strong>in</strong>o da Siena 40 suggeriva<br />

l’ord<strong>in</strong>e da seguire nel fare l’elemos<strong>in</strong>a: “la famiglia del benefattore; i santi; le persone<br />

oneste; gli amici; i cristiani <strong>in</strong> quanto opposti agli <strong>in</strong>fedeli; i nobili che non sono poveri<br />

per colpa loro 41 ; e che si vergognano esserlo; qu<strong>in</strong><strong>di</strong> gli altri poveri: tra questi ultimi<br />

bisogna preferire i carcerati, quelli afflitti dall’età, da malattie, da <strong>in</strong>vali<strong>di</strong>tà o cecità, le<br />

ragazze <strong>in</strong> età da marito, la cui onestà sia <strong>in</strong> pericolo, a meno che siano già state sposate,<br />

e le giovani vedove. Ma la situazione peggiore è quella dei nobili poveri, che hanno<br />

perso le loro ricchezze e che non possono mantenere il loro status: aiutarli <strong>in</strong> segreto è la<br />

più grande opera <strong>di</strong> carità” 42 . Oltre ai poveri c’erano i miserabili cioè “gli <strong>in</strong>fermi, i<br />

vecchi, gli orfani m<strong>in</strong>orenni e, soprattutto, le vedove. I miserabili della città erano <strong>di</strong><br />

solito persone prive <strong>di</strong> beni, mentre quelli della campagna a volte avevano qualcosa <strong>di</strong><br />

proprio. Era la norma nelle famiglie miserabili l’assenza <strong>di</strong> un membro adulto <strong>di</strong> sesso<br />

maschile” 43 .<br />

Nel C<strong>in</strong>quecento, qu<strong>in</strong><strong>di</strong>, s’<strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciò a <strong>di</strong>st<strong>in</strong>guere i poveri <strong>in</strong> meritevoli e <strong>in</strong>degni,<br />

ossia tra veri e falsi poveri. I primi erano coloro che non riuscivano a lavorare o per<br />

motivi fisici (ciechi, storpi ecc. bamb<strong>in</strong>i abbandonati dalle famiglie, vecchi <strong>in</strong>abili) o per<br />

mancanza <strong>di</strong> lavoro (persone cioè che occasionalmente non riuscivano a sostentarsi). I<br />

secon<strong>di</strong> erano i vagabon<strong>di</strong>, quelli che si rifiutavano <strong>di</strong> impegnarsi <strong>in</strong> un’occupazione.<br />

C’erano poi i poveri vergognosi ed erano coloro che per qualche motivo erano<br />

precipitati da uno stato sociale più elevato nella con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> povertà. Questi andavano<br />

aiutati <strong>in</strong> segreto. Per ultimi andavano aiutati gli <strong>in</strong><strong>di</strong>genti anche se immeritevoli,<br />

“perché c’era il rischio che recassero danno <strong>alla</strong> società, <strong>di</strong>venendo crim<strong>in</strong>ali. Dovevano<br />

essere aiutati poiché il gesto andava a beneficio dell’anima del donatore, se questi li<br />

aiutava perché ne avevano bisogno e non per proprio merito: il merito lo doveva<br />

giu<strong>di</strong>care <strong>in</strong>fatti Dio, non gli uom<strong>in</strong>i” 44 . Gli ospedali erano aperti ai malati e ai<br />

40 Massa Marittima 1380 – L’Aquila 1444. Santo francescano.<br />

41 “L’accezione <strong>di</strong> poveri vergognosi poteva riferirsi a tutte le persone <strong>in</strong> stato <strong>di</strong> bisogno, che si<br />

vergognavano, <strong>in</strong> base alle loro concezioni sociali, <strong>di</strong> chiedere aiuto”. Secondo alcuni le<br />

confraternite che soccorrevano i poveri vergognosi, aiutavano “<strong>in</strong> sostanza gli uom<strong>in</strong>i, le donne e i<br />

bamb<strong>in</strong>i dell’élite cittad<strong>in</strong>a, caduti <strong>in</strong> <strong>di</strong>sgrazia”, cfr. C. Black; op. cit., p. 196, Come si vede si<br />

mirava a sp<strong>in</strong>gere i ricchi a essere solidali verso quelli del loro ceto a <strong>di</strong>scapito, ovviamente, <strong>di</strong><br />

coloro che erano “abituati” a essere poveri e “sapevano” chiedere l’elemos<strong>in</strong>a. Inutile <strong>di</strong>re che la<br />

segretezza nel fare le elemos<strong>in</strong>e favoriva fro<strong>di</strong> e <strong>in</strong>ganni; “le autorità bolognesi nel 1548<br />

condannarono <strong>pubblica</strong>mente le fro<strong>di</strong> perpetrate dalle persone che si facevano passare per poveri<br />

vergognosi, mentre erano poveri, ma non vergognosi, o nobili nient’affatto poveri”, cfr. C. Black,<br />

op. cit., p. 198. Sulle confraternite napoletane che si prendevano cura dei poveri vergognosi a<br />

Napoli, ve<strong>di</strong> Silvana Musella, Il Pio monte della Misericor<strong>di</strong>a e l’<strong>assistenza</strong> ai “poveri<br />

vergognosi” <strong>in</strong> Giuseppe Galasso e Carla Russo (a cura <strong>di</strong>), Per la storia cit., vol. II, pp. 291-347.<br />

42 San Bernard<strong>in</strong>o, Omnia Opera, vol. 8, pp 86-88, citato da C. Black, op. cit., p. 399, nota 20.<br />

43 Cfr. C.F. Black, op. cit., p. 186. Sulla concezione della povertà cfr. anche Domenico Cirillo,<br />

Discorsi accademici, Napoli 1997 e Nello Ronga, L’impegno <strong>di</strong> Domenico Cirillo nella<br />

Re<strong>pubblica</strong> Napoletana, <strong>in</strong> Bruno D’Errico (a cura <strong>di</strong>), Domenico Cirillo scienziato e martire<br />

della Re<strong>pubblica</strong> Napoletana, Frattamaggiore 2001, p. 60 e sgg. Cfr. anche Domenico Cirillo,<br />

Piano particolareggiato per la Cassa <strong>di</strong> Carità nazionale <strong>di</strong> Domenico Cirillo, Napoli s.d., <strong>in</strong><br />

Mario Battagl<strong>in</strong>i, Atti, leggi, proclami ed altre carte della Re<strong>pubblica</strong> Napoletana 1798-1799,<br />

Chiaravalle 1983, vol. II, p. 874.<br />

44 Christopher F. Black, op. cit., p. 223.

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