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Dai Luoghi pii alla pubblica assistenza in Terra di Lavoro

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defunti e, come era prescritto agli ascritti <strong>alla</strong> Compagnia della <strong>di</strong>scipl<strong>in</strong>a <strong>di</strong> Santa<br />

Croce, anche la visita ai carcerati, specialmente se a causa <strong>di</strong> debiti non saldati per<br />

<strong>in</strong><strong>di</strong>genza” 69 .<br />

Nel 1519 il notaio genovese Ettore Vernazza e l’agost<strong>in</strong>iano piacent<strong>in</strong>o Don Callisto<br />

fondarono un’altra Compagnia dei Bianchi e per <strong>di</strong>st<strong>in</strong>guerla da quella già esistente vi<br />

aggiunsero la specificazione “della Giustizia” per <strong>in</strong><strong>di</strong>care le funzioni che la<br />

contrad<strong>di</strong>st<strong>in</strong>guevano e cioè l’<strong>assistenza</strong> ai condannati a morte. La compagnia era<br />

costituita sotto il nome della Verg<strong>in</strong>e Maria, avvocata nostra e protettrice con il titolo <strong>di</strong><br />

Santa Maria succurre miseris 70 e aveva sede nel chiostro della chiesa <strong>di</strong> S. Pietro ad<br />

Aram. L’eco del richiamo <strong>alla</strong> conversione etico-religiosa, pre<strong>di</strong>cata da ecclesiastici<br />

turbati dal libert<strong>in</strong>aggio <strong>di</strong>lagante nella società napoletana del C<strong>in</strong>quecento, sp<strong>in</strong>se nella<br />

nuova Compagnia molti nobili napoletani attratti anche dall’opera dei teat<strong>in</strong>i che<br />

figuravano tra i primi confratelli fondatori. Nel 1524 <strong>alla</strong> Compagnia fu concessa una<br />

sede nell’ospedale degli Incurabili dove, conservando la loro autonomia amm<strong>in</strong>istrativa,<br />

potevano esplicare anche la loro attività <strong>di</strong> soccorso agli ammalati poveri. Assistere i<br />

condannati a morte, <strong>in</strong><strong>di</strong>pendentemente dal delitto commesso, seppellirne i cadaveri,<br />

arrecare suffragi alle loro anime e soccorrere le loro famiglie se bisognose <strong>di</strong>venne il<br />

segno <strong>di</strong>st<strong>in</strong>tivo della loro missione religiosa 71 . Poiché la confraternita era composta<br />

dalle persone più ragguardevoli <strong>di</strong> Napoli, Filippo II <strong>di</strong> Spagna 72 , temendo che nelle<br />

riunioni i confratelli congiurassero contro <strong>di</strong> lui, <strong>in</strong>timò loro <strong>di</strong> non riunirsi più. Nella<br />

confraternita rimasero solo i preti. Questo istituto, <strong>di</strong>ce il Galanti, “impe<strong>di</strong>sce ancora,<br />

che i figli <strong>di</strong> un <strong>in</strong>fame non <strong>di</strong>vent<strong>in</strong>o scellerati” 73 .<br />

Confraternite del Carm<strong>in</strong>e<br />

Di carattere quasi esclusivamente devozionale erano le confraternite del Carm<strong>in</strong>e,<br />

fondate dai frati carmelitani, che, com’è noto, presero il nome dal monte Carmelo <strong>in</strong><br />

Palest<strong>in</strong>a, dove, sulle orme del profeta Elia, si ritirarono alcuni penitenti-pellegr<strong>in</strong>i,<br />

forse dopo la terza crociata (1189-1191). L’ord<strong>in</strong>e, la cui Regola fu approvata da papa<br />

Onorio III nel 1226, si <strong>di</strong>vise nel 1592 tra Carmelitani dell’Antica Osservanza o Calzati<br />

e Carmelitani Scalzi o Teresiani, che si rifacevano alle riforme apportate <strong>alla</strong> Regola<br />

d<strong>alla</strong> santa spagnola Teresa d’Avila. Le confraternite della Madonna del Carm<strong>in</strong>e<br />

furono dette anche dello Scapolare del Carm<strong>in</strong>e, dal nome <strong>di</strong> un abit<strong>in</strong>o, segno <strong>di</strong><br />

affiliazione dei confratelli, con l’effige della Madonna da un lato e del cuore <strong>di</strong> Gesù<br />

dall’altro, che doveva essere portato sempre addosso, ed era stato consegnato, secondo<br />

la tra<strong>di</strong>zione, <strong>di</strong>rettamente d<strong>alla</strong> Madonna al carmelitano <strong>in</strong>glese San Simone Stock il 16<br />

luglio del 1251, con le parole: Pren<strong>di</strong>, o figlio <strong>di</strong>lettissimo, questo Scapolare del tuo<br />

Ord<strong>in</strong>e, segno <strong>di</strong>st<strong>in</strong>tivo della mia Confraternita. Ecco un segno <strong>di</strong> salute, <strong>di</strong> salvezza<br />

nei pericoli, <strong>di</strong> alleanza e <strong>di</strong> pace con voi <strong>in</strong> sempiterno. Chi morrà vestito <strong>di</strong> questo<br />

69<br />

Ernesto Pontieri, Sulle orig<strong>in</strong>i della compagnia dei Bianchi della giustizia <strong>in</strong> Napoli e sui suoi<br />

statuti del 1525, <strong>in</strong> , n. 3, 1972, p. 19.<br />

70<br />

Ivi, p. 21.<br />

71<br />

Ivi, pp. 21 - 22.<br />

72<br />

Re <strong>di</strong> Napoli e Sicilia dal 1554 al 1598, re <strong>di</strong> Spagna dal 1556 al 1598.<br />

73<br />

Giuseppe Maria Galanti, op. cit., p. 107. Ve<strong>di</strong> anche F. Notari, La compagnia dei bianchi della<br />

giustizia, l’<strong>assistenza</strong> ai condannati a morte nella Napoli moderna, <strong>in</strong> Carla Russo (a cura <strong>di</strong>),<br />

Chiesa, <strong>assistenza</strong> e società nel Mezzogiorno moderno, Galat<strong>in</strong>a 1994, pp. 281-372 e A. Illibato,<br />

La compagnia dei bianchi della giustizia, Napoli 2004.

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