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Dai Luoghi pii alla pubblica assistenza in Terra di Lavoro

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del molto commercio con altre popolazioni della prov<strong>in</strong>cia, e specialmente con Napoli. Da<br />

qualche tempo si è <strong>in</strong>trodotta l’<strong>in</strong>dustria <strong>di</strong> nutricare i bachi da seta, e il prodotto ci riesce<br />

benissimo (…). Questa terra, per la sua grandezza non meno, che per la commo<strong>di</strong>tà de’ suoi<br />

e<strong>di</strong>fici, e della salubrità della sua aria è stata sempre frequentata da molti nobili Napoletani per lor<br />

<strong>di</strong>porto.<br />

Si produceva gran quantità <strong>di</strong> frutta e ortaggi; molto apprezzati nella capitale erano i<br />

fichi, specialmente quelli che maturavano a giugno e a luglio. In virtù della grande<br />

estensione del territorio, Giugliano aveva un numero <strong>di</strong> massari ricchi molto più<br />

consistente degli altri comuni della <strong>di</strong>ocesi e richiamava braccianti dalle aree conf<strong>in</strong>anti.<br />

Grumo, Gricignano, Isola, Orta, Parete, Pascarola, Qualiano, San Marcell<strong>in</strong>o,<br />

Sant’Arp<strong>in</strong>o, Teverola, Zaccaria avevano le produzioni tipiche dell’Agro. A<br />

Sant’Antimo il territorio produceva grano, granone, canapa, l<strong>in</strong>o e v<strong>in</strong>o leggero e vi<br />

attecchivano bene i gelsi, per cui vi era l’<strong>in</strong>dustria <strong>di</strong> nutricare i bachi da seta. Vi fioriva<br />

<strong>in</strong>oltre la commercializzazione della feccia <strong>di</strong> v<strong>in</strong>o. Alla metà del Settecento, all’atto<br />

della compilazione del catasto onciario, quest’attività era molto <strong>di</strong>ffusa ed era svolta per<br />

conto <strong>di</strong> mercanti nazionali e stranieri. Alla f<strong>in</strong>e del Settecento <strong>alla</strong><br />

commercializzazione si aggiunse la produzione del cremore <strong>di</strong> tartaro 20 . A Teverolaccio,<br />

abitato da circa quaranta persone, si svolgeva, ogni mercoledì, un mercato con la<br />

partecipazione dei paesi vic<strong>in</strong>i, ove si commercializzavano animali da macello,<br />

formaggi, salami e altri generi alimentari. A Trentola gli abitanti erano de<strong>di</strong>ti<br />

all’agricoltura e al commercio. Gli abitanti <strong>di</strong> Vico <strong>di</strong> Pantano, ma anche quelli dei<br />

comuni vic<strong>in</strong>i <strong>alla</strong> zona dei Mazzoni come Casapesenna, oltre all’agricoltura<br />

praticavano la pastura specialmente delle vacche e bufale.<br />

I centri gran<strong>di</strong> e piccoli erano “dormitori per far riposare e tenere uniti coloro che la<br />

matt<strong>in</strong>a all’alba lasciavano l’abitazione per il campo, spesso lontano, per ritornarvi la<br />

sera, <strong>di</strong>strutti dalle fatiche” 21 . Tutta l’area <strong>di</strong>ocesana, essendo imme<strong>di</strong>atamente vic<strong>in</strong>a a<br />

Napoli, beneficiava non solo della sua grande capacità <strong>di</strong> consumi, ma anche del suo<br />

bisogno <strong>di</strong> servizi e <strong>di</strong> lavoro. D<strong>alla</strong> prov<strong>in</strong>cia partivano per la capitale, e vi restavano <strong>in</strong><br />

genere l’<strong>in</strong>tera settimana, servi e operai, ma anche avvocati, che curavano gli <strong>in</strong>teressi<br />

dei loro clienti, che erano nei paesi. Nella seconda metà del Settecento nessuna zona<br />

della Campania, tanto meno del Regno, era <strong>in</strong>dustrializzata. Si alternavano e talvolta<br />

convivevano pluriattività e proto<strong>in</strong>dustria. Nel campo tessile era presente la pluriattività<br />

che vedeva l’impiego prevalente delle donne, le quali, con l’ausilio <strong>di</strong> utensili <strong>di</strong> loro<br />

proprietà, producevano beni dest<strong>in</strong>ati all’autoconsumo o venduti nelle fiere e nei<br />

mercati. Nel sistema proto<strong>in</strong>dustriale, <strong>in</strong>vece, erano impegnati anche gli uom<strong>in</strong>i; gli<br />

utensili e le macch<strong>in</strong>e <strong>di</strong> produzione non erano dei lavoratori e i beni prodotti, <strong>di</strong><br />

proprietà degli impren<strong>di</strong>tori, erano dest<strong>in</strong>ati tutti <strong>alla</strong> commercializzazione. Una parte<br />

della produzione era venduta nelle due fiere <strong>di</strong> Aversa, che rappresentavano, <strong>in</strong>sieme a<br />

quelle <strong>di</strong> Foggia, Salerno e Lanciano, le più importanti del Regno. In quella <strong>di</strong> Aversa,<br />

poiché era vic<strong>in</strong>a <strong>alla</strong> capitale, vi confluivano, oltre agli animali, particolarmente i<br />

prodotti f<strong>in</strong>iti e mercanzie <strong>di</strong>rette alle città del Nord, da dove provenivano, <strong>in</strong>sieme a<br />

20 Luigi De Matteo, I cristalli <strong>di</strong> Sant’Antimo, Storia del Cremore <strong>di</strong> Tartaro nel Mezzogiorno, <strong>in</strong><br />

“I Cristalli <strong>di</strong> S. Antimo, mostra documentaria sul Cremore <strong>di</strong> Tartaro, Catalogo, Sant’Antimo<br />

1996, ve<strong>di</strong> anche Michele Puca, Sant’Antimo nel Settecento, presentazione <strong>di</strong> Franca Assante,<br />

Sant’Antimo, s. d., ma 2007.<br />

21 Luigi De Rosa, op. cit. p. 91.

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