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Dai Luoghi pii alla pubblica assistenza in Terra di Lavoro

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201<br />

granone, 12 misure 30 <strong>di</strong> fave, 6 fasci e 22 rotoli <strong>di</strong> canapa, tre rotoli <strong>di</strong> l<strong>in</strong>o, quattro<br />

puledri, tre maiali, candele <strong>di</strong> un valore pari a 64 ducati e denaro contante per 444<br />

ducati. Tutto era posto all’asta, che si svolgeva <strong>in</strong> piazza ed era fatta dal s<strong>in</strong>daco o dal<br />

sensale Cristofaro Verde, l’<strong>in</strong>venduto era conservato nel tesoro della Cappella.<br />

Un <strong>di</strong>scorso a parte va fatto per i doni <strong>in</strong> argento e <strong>in</strong> oro; gli offerenti si <strong>di</strong>videvano <strong>in</strong><br />

chi aveva l’<strong>in</strong>tenzione <strong>di</strong> “re<strong>di</strong>mere” l’oggetto entro un certo periodo e chi non aveva<br />

<strong>in</strong>tenzione <strong>di</strong> rientrarne <strong>in</strong> possesso. Nel primo caso il dono era fatto valutare e poi<br />

“venduto” a chi l’aveva offerto. Cosa si donava? Gli uom<strong>in</strong>i offrivano fibbie d’argento<br />

per scarpe o per pantaloni, bottoni d’argento per camiciole; le donne cannacche <strong>di</strong><br />

zennacoli d’oro, anelli d’oro, pirett<strong>in</strong>i d’oro, cannacche con zennacoli d’oro e rossi,<br />

reccie d’oro, paia <strong>di</strong> rosette semplici o con perle, orecch<strong>in</strong>i a una perla, anelletti senza<br />

perle, fraschette <strong>di</strong> seta <strong>in</strong>argentate con pirett<strong>in</strong>i d’oro, anelli con pietre ver<strong>di</strong>, spolette<br />

d’oro, cateniglie d’argento con cornetto d’argento, scolletta d’oro a piretti con picchi,<br />

anelletti d’oro a gettito, spolette con pirett<strong>in</strong>i d’oro. Ve<strong>di</strong>amo il valore <strong>di</strong> questi doni:<br />

due recce d’oro (orecch<strong>in</strong>i) costavano due ducati, una cateniglia d’oro con piccola<br />

crocetta del peso <strong>di</strong> 12 trappesi 31 e una fascetta d’oro ducati 4,78, un paio <strong>di</strong> orecch<strong>in</strong>i a<br />

una perla ducati 8,75, un paio <strong>di</strong> rosette con piccole perle del peso <strong>di</strong> sette trappesi<br />

ducati 10, otto bottoni d’argento ducati 0,80, due fibbie d’argento per scarpe ducati<br />

sette.<br />

Nel 1818 furono raccolti tra denaro liquido e vettovaglie 1599 ducati e ne furono spesi<br />

1580. Una somma enorme se si considera che il bilancio dell’Università si aggirava<br />

<strong>in</strong>torno ai 1500 ducati 32 . La festa negli anni che abbiamo preso <strong>in</strong> considerazione forse<br />

era celebrata anche <strong>in</strong> misura meno onerosa perché, nel 1817 ad esempio, 400 ducati<br />

furono spesi per pagare l’ultima parte del compenso pattuito con Anton<strong>in</strong>o Campanile,<br />

che aveva ceduto una casa ad Antimo Chiariello, <strong>in</strong> sostituzione della sua abbattuta<br />

perché “ <strong>in</strong>gombrava l’atrio <strong>di</strong> detta Cappella”.<br />

Nei giorni della festa si rappresentava un dramma sacro sulla morte del santo patrono,<br />

detto Mistero della decollazione del nostro Santo 33 . Non sappiamo com’era articolato il<br />

30 Il tomolo era costituito da 24 misure, pari a 55,54 litri. La misura conteneva 2,31 litri.<br />

31 Un trappeso equivaleva a 0,891 grammi.<br />

32 Nel 1810 il bilancio <strong>di</strong> previsione del comune era <strong>di</strong> 1550 ducati <strong>di</strong> entrate.<br />

33 La trage<strong>di</strong>a del Campanile, che si rappresenta tuttora, non era stata ancora scritta. Il nostro,<br />

nato a S. Antimo nel 1766, era entrato giov<strong>in</strong>etto nell’ord<strong>in</strong>e domenicano. Ord<strong>in</strong>ato sacerdote,<br />

<strong>in</strong>segnò prima filosofia e poi teologia. Nel 1802, dopo aver frequentato la scuola del Collegio de<br />

propaganda fide a Roma, fu <strong>in</strong>viato da papa Pio VII <strong>in</strong> Asia come prefetto delle missioni della<br />

Mesopotamia e del Kur<strong>di</strong>stan. Risiedette a Mossul f<strong>in</strong>o al 1815 quando rientrò a S. Antimo. Morì<br />

a Napoli nel 1835. L’opera sua più importante, per la quale è ricordato ancora oggi nel campo<br />

scientifico, è la Storia del Kur<strong>di</strong>stan e delle sette <strong>di</strong> religione ivi esistenti, <strong>pubblica</strong>ta a Napoli nel<br />

1818 e ri<strong>pubblica</strong>ta nel 2004 <strong>in</strong> francese dall’istituto kurdo <strong>di</strong> Parigi. Su <strong>di</strong> lui ve<strong>di</strong>: Nello Ronga,<br />

Padre Giuseppe Campanile dell’ord<strong>in</strong>e pre<strong>di</strong>catori: era <strong>di</strong> S. Antimo il primo stu<strong>di</strong>oso del<br />

Kur<strong>di</strong>stan, , anno , anno XXXIII (nuova serie), n. 144 – 145,<br />

Settembre- <strong>di</strong>cembre 2007, pp.85 – 94; Mirella Galletti, I kur<strong>di</strong> nella storia, Chieti 1990; Mirella<br />

Galletti e Fuad Rahman, Kur<strong>di</strong>stan, cuc<strong>in</strong>a e tra<strong>di</strong>zioni del popolo kurdo, Tor<strong>in</strong>o 2008, Mirella<br />

Galletti, Le relazioni tra Italia e Kur<strong>di</strong>stan, <strong>in</strong> , anno XX (LXXXI), n. 3 2001, pp. 56-59. Il dramma attualmente rappresentato fu<br />

scritto nella prima metà del XIX secolo dal Campanile. Al ritorno d<strong>alla</strong> Mesopotamia (Iraq),<br />

ricorda egli stesso nella prefazione a La vita del glorioso martire S. Antimo “Da che propizio il

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