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Dai Luoghi pii alla pubblica assistenza in Terra di Lavoro

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miserabili come istituzioni <strong>di</strong> <strong>in</strong>ternamento coattivo, non <strong>di</strong> cura, e quando i posti<br />

<strong>di</strong>ventavano <strong>in</strong>sufficienti i poveri venivano costretti ad arruolarsi negli eserciti o a<br />

<strong>di</strong>ventare rematori delle galee.<br />

A Napoli nel C<strong>in</strong>quecento la riluttanza del governo a muoversi <strong>in</strong> <strong>di</strong>rezione del<br />

controllo sociale centralizzato della povertà era correlata <strong>alla</strong> forza dei costumi delle<br />

confraternite e degli ospedali <strong>di</strong> andare <strong>in</strong>contro alle nuove esigenze della società 45 . Nel<br />

Seicento gli ospedali cont<strong>in</strong>uarono a essere strutture <strong>di</strong> isolamento e <strong>di</strong> <strong>in</strong>ternamento con<br />

funzioni repressive. Il povero <strong>in</strong>degno, cioè colui che rifiutava il lavoro come mezzo <strong>di</strong><br />

espiazione del peccato orig<strong>in</strong>ale e dei peccati <strong>in</strong> genere, era considerato un ribelle e<br />

come tale andava <strong>in</strong>ternato e “corretto” d<strong>alla</strong> società. In effetti, i depositi <strong>di</strong> men<strong>di</strong>cità e<br />

gli ospedali furono le se<strong>di</strong> dove gli uni e gli altri trovavano ospitalità forzata o<br />

caritatevole. I vagabon<strong>di</strong> e i men<strong>di</strong>canti erano costretti a lavorare dall’alba al tramonto e<br />

ciò provocava spesso rivolte sangu<strong>in</strong>ose e violente.<br />

In età moderna nel mondo cattolico le opere <strong>di</strong> pietà “erano considerate un mezzo per<br />

ottenere il perdono e la salvezza, e avevano qu<strong>in</strong><strong>di</strong> un significato che andava al <strong>di</strong> là<br />

dell’attività <strong>in</strong> sé e del 46 . Le conv<strong>in</strong>zioni che sp<strong>in</strong>gevano i confratelli<br />

ad assistere i poveri e ad elargire elemos<strong>in</strong>e erano basate sul pr<strong>in</strong>cipio che la salvezza<br />

dell’anima era più importante <strong>di</strong> quella del corpo: l’anima del benefattore aveva più<br />

importanza <strong>di</strong> quella del ricevente 47 . La carità, qu<strong>in</strong><strong>di</strong>, andava praticata per salvare la<br />

propria anima non per aiutare il prossimo. Anche se il pr<strong>in</strong>cipale beneficiato<br />

dell’elemos<strong>in</strong>a era il donatore, ci si poneva comunque il problema a chi donare.<br />

Nel Settecento col <strong>di</strong>ffondersi dell’illum<strong>in</strong>ismo 48 la politica dell’<strong>in</strong>ternamento<br />

sistematico apparve <strong>in</strong>umana. Si fece strada la conv<strong>in</strong>zione che la povertà era il frutto<br />

della <strong>di</strong>sfunzione della società. I philosophes attaccarono la concezione secondo la quale<br />

l’unica soluzione <strong>alla</strong> povertà fosse la carità 49 sostenendo, viceversa, che la soluzione<br />

stava <strong>in</strong> un cambio della politica economica perché il pauperismo “appariva l’effetto <strong>di</strong><br />

cause ben più profonde dell’ozio” 50 . Ci si avvic<strong>in</strong>ava a una concezione più moderna<br />

considerando l’organizzazione economica della società come causa pr<strong>in</strong>cipale della<br />

povertà. L’<strong>in</strong>tervento laico dello Stato, quando c’era, non era rivolto a tutta la<br />

popolazione ma alle vedove, agli orfani, ai poveri meritevoli <strong>in</strong> genere. S’<strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciò<br />

comunque a <strong>di</strong>st<strong>in</strong>guere tra repressione e carità riservando la prima ai vagabon<strong>di</strong>, ai<br />

men<strong>di</strong>canti e la seconda ai poveri “veri” 51 . Nella prima metà del Settecento anche la<br />

45<br />

Christopher F. Black, op. cit., p. 182<br />

46<br />

Ivi, p. 25.<br />

47<br />

Ivi, p. 174. Anche se Bernard<strong>in</strong>o da Siena (1380-1440) aveva affermato che “era la provvidenza<br />

<strong>di</strong>v<strong>in</strong>a a fare <strong>in</strong> modo che <strong>in</strong> ogni città ricchi e poveri si aiutassero scambievolmente; i ricchi<br />

assistono i poveri e i poveri pregano per i ricchi, così che lo squilibrio torna a equilibrarsi”, cfr.<br />

Cristopher Black, op. cit. p. 399, nota 19.<br />

48<br />

Per una valutazione aggiornata degli stu<strong>di</strong> sull’Illum<strong>in</strong>ismo ve<strong>di</strong>: Anna Maria Rao, Lumi<br />

Riforme Rivoluzione, Percorsi storiografici, Roma 2011.<br />

49<br />

Stuart J. Woolf, La storia politica e sociale, <strong>in</strong> Storia d’Italia, Dal primo Settecento all’Unità,<br />

Tor<strong>in</strong>o 1973, p. 109.<br />

50<br />

Ivi, p. 125<br />

51<br />

Anche Francesco Longano si poneva il problema <strong>di</strong> a chi donare: “L’uomo nasce per l’altro<br />

uomo, onde siamo obbligati <strong>alla</strong> patria, ai parenti, agli amici, ai conoscenti, agl’<strong>in</strong>cogniti ed a<br />

tutto il genere umano. Ma non ostante che fussero tutti miei fratelli, pure non sono tenuto ai<br />

poltroni, a’ viziosi, ai miei nemici. Perché non sono benefizi, ma malefici quegli atti che si<br />

esercitano verso <strong>di</strong> quelle persone, le quali potendo non vogliono travagliare; e molto meno io

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