La didattica dell'italiano a studenti cinesi e il progetto Marco Polo ...
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Atti del seminario «<strong>La</strong> <strong>didattica</strong> dell’italiano a <strong>studenti</strong> <strong>cinesi</strong>»<br />
classe dirigente capace realmente di fungere da mediatore tra la Cina e gli altri sistemi<br />
economico-produttivi e sociali.<br />
A questo <strong>progetto</strong> l’Italia ha risposto con una azione di sistema che, almeno nelle<br />
intenzioni, si fondasse sulle specializzazioni e sulle sinergie: queste seconde collocate<br />
entro la CRUI, come luogo di incontro fra tutte le Università italiane e perciò soggetto<br />
in grado di costituire quell’unico referente tanto auspicato dal Governo cinese,<br />
soprattutto quando interagisce con un Paese come l’Italia che gli appare una galassia<br />
esplosa, tanto più frantumata e diffic<strong>il</strong>mente riconducib<strong>il</strong>e a un quadro unitario quanto<br />
minori sono le dimensioni dei soggetti; le prime, invece, innanzitutto centrate, per la<br />
formazione linguistica, sulle due Università per Stranieri di Siena e di Perugia, e per i<br />
percorsi formativi universitari presso tutti gli Atenei che facessero rientrare <strong>il</strong> rapporto<br />
con la Cina fra i propri obiettivi di internazionalizzazione (lo sottolineiamo: non tutte le<br />
Università italiane si sono date questo obiettivo). Per la parte italiana l’occasione di<br />
“<strong>Marco</strong> <strong>Polo</strong>” ha rappresentato la possib<strong>il</strong>ità di delineare, forse per la prima volta, un<br />
modello di azione condivisa fra gli Atenei (e perciò ‘di sistema’) e tale da far diventare<br />
<strong>il</strong> sistema italiano un punto di riferimento – una meta – per un pubblico potenziale<br />
caratterizzato dall’omogenea provenienza (un solo Paese, sia pure immenso come la<br />
Cina e perciò non meno variegato) e dalla notevole ampiezza.<br />
Questa convergenza di intenti di ‘internazionalizzazione’ ha portato i due Paesi a<br />
sottoscrivere un accordo intergovernativo che – dobbiamo dire ancora – forse per la<br />
prima volta usciva dai modelli classici degli accordi di cooperazione culturale<br />
coinvolgenti anche le Università: <strong>il</strong> modello ‘classico’ di tali accordi internazionali<br />
stipulati dai nostri Governi, per <strong>il</strong> tramite del Ministero degli Affari Esteri, infatti, si<br />
polarizza intorno a due temi, ovvero <strong>il</strong> sostegno ai Paesi in via di sv<strong>il</strong>uppo<br />
(coinvolgendo, allora, le borse di studio, che, peraltro, in questi nostri tempi di<br />
ristrettezze di risorse sono ormai in forte debito di ossigeno) e la cooperazione su<br />
tematiche di ricerca che vedono priv<strong>il</strong>egiati ambiti quali quelli scientifici e tecnologici<br />
con i Paesi ‘del primo mondo’.<br />
“<strong>Marco</strong> <strong>Polo</strong>” supera questo modello delineando un piano di formazione che si<br />
preoccupa di attrarre gli <strong>studenti</strong> <strong>cinesi</strong> puntando sulla formazione linguistica in italiano<br />
intesa come condizione di possib<strong>il</strong>ità per <strong>il</strong> successivo momento, quello del percorso di<br />
studio accademico nelle discipline scelte dagli <strong>studenti</strong>; ultimo punto è costituito dal<br />
quadro di accoglienza, cioè da quelle misure che dovrebbero/avrebbero dovuto far<br />
godere agli <strong>studenti</strong> <strong>cinesi</strong> una condizione non tanto priv<strong>il</strong>egiata, ma normale secondo <strong>il</strong><br />
modello di una università-campus, pur le Università italiane non vivendo tale<br />
condizione se non in alcune sue realtà. Inoltre, lo specifico valore del <strong>progetto</strong> <strong>Marco</strong><br />
<strong>Polo</strong> per l’Italia stava nel fatto di poter attivare ‘non’ scambi fra <strong>studenti</strong> universitari,<br />
ma di accogliere <strong>studenti</strong> che stanno per diventare universitari e che hanno scelto<br />
l’Italia per questo loro investimento formativo.<br />
Il <strong>progetto</strong>, proprio per la sua r<strong>il</strong>evanza, ha visto la CRUI agire in maniera<br />
esemplare in rapporto a quella che dovrebbe essere la sua missione di strumento al<br />
servizio dell’intero sistema universitario e del Paese: si è trattato di una garanzia che<br />
agli occhi dei referenti <strong>cinesi</strong> ha pesato in maniera molto positiva.<br />
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