La didattica dell'italiano a studenti cinesi e il progetto Marco Polo ...
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Atti del seminario «<strong>La</strong> <strong>didattica</strong> dell’italiano a <strong>studenti</strong> <strong>cinesi</strong>»<br />
Da ciò derivano due ulteriori considerazioni: la nostra lingua potrà mantenere le<br />
posizioni conquistate entro <strong>il</strong> mercato globale delle lingue almeno a una condizione,<br />
ovvero che in Italia si diffondano maggiormente le lingue straniere.<br />
Il nostro Paese diventerà più disponib<strong>il</strong>e alle lingue degli altri se sarà in grado di<br />
superare la ‘maledizione di Babele’ (le lingue degli altri legate alla paura degli altri,<br />
alla paura dell’incomprensione a causa delle altre lingue e perciò la paura del conflitto)<br />
con la ‘benedizione della Pentecoste’ (le lingue – non l’unica lingua – date come dono,<br />
viste come grazia, come risorse cui attingere per <strong>il</strong> dialogo con gli altri, per costruire la<br />
pace, cioè per costruire una relazione sociale non conflittuale). I nostri ceti dirigenti<br />
devono impegnarsi a far sì che ciò accada: altrimenti, ne sconterà la società italiana e la<br />
presenza della nostra lingua-cultura nel mondo.<br />
Se all’assenza di politica e presenza di una prassi – assenza di politica<br />
plur<strong>il</strong>iguisticamente orientata, presenza di una prassi biecamente monolinguistica –<br />
aggiungiamo l’auspicio della discriminazione verso quelle persone, quegli ‘altri’ che<br />
sono gli attori del processo di neoplur<strong>il</strong>inguismo che sta cambiando l’assetto dello<br />
spazio idiomatico nazionale, allora la posizione del nostro Paese rispetto agli indirizzi<br />
comunitari è chiara: l’Italia non è in Europa per quanto riguarda le lingue, o almeno se<br />
ne sta allontanando sempre di più.<br />
Non è un bel tempo, questo, nemmeno per <strong>il</strong> nostro destino linguistico. Chi ne<br />
sconterà le conseguenze non sarà <strong>il</strong> cinese, ma l’italiano, che si vedrà ostacolato nella sua<br />
diffusione presso gli altri, nella sua competizione del mercato globale delle lingue,<br />
proprio a causa di questo nostro rifiuto delle lingue degli altri. Perché uno straniero<br />
dovrebbe scegliere l’italiano come lingua da studiare, se l’Italia rifiuta, e perciò<br />
disprezza, la sua lingua? Ne perderà anche <strong>il</strong> nostro sistema economico-produttivo, che<br />
nel ‘made in Italy’ sempre più perdente non vede una componente linguistico-culturale<br />
identitaria, e, se la vede, comprende la difficoltà di competere con altri sistemi che,<br />
invece, si appoggiano anche alla diffusione linguistica per la loro espansione. Si pensi,<br />
come esempio, alla Cina, <strong>il</strong> cui governo ha stab<strong>il</strong>ito che entro pochi anni <strong>il</strong> cinese dovrà<br />
diventare la lingua più studiata nel mondo come lingua straniera. Forse può non essere<br />
condiviso tale impianto dirigistico ed espansivo di una politica linguistica, ma è diffic<strong>il</strong>e<br />
non inquadrare in questo <strong>progetto</strong> <strong>il</strong> sostegno alla nascita degli Istituti Confucio<br />
perseguito con impegno notevole di risorse da parte del Governo cinese anche in Italia.<br />
Come soggetto direttamente impegnato nella gestione di progetti complessi come<br />
“<strong>Marco</strong> <strong>Polo</strong>” non posso che mettere in atto una duplice linea di azione: promuovere un<br />
costante monitoraggio del <strong>progetto</strong> per quanto riguarda la sua conformità ai contenuti<br />
degli atti intergovernativi sottoscritti, almeno per ciò che riguarda i contenuti del s<strong>il</strong>labo<br />
linguistico e del protocollo di accoglienza; fare in modo che <strong>il</strong> <strong>progetto</strong> <strong>Marco</strong> <strong>Polo</strong><br />
costituisca una occasione per aumentare la disponib<strong>il</strong>ità degli <strong>studenti</strong> italiani verso le<br />
lingue degli altri, verso <strong>il</strong> cinese; infine, promuovere quelle azioni di ricerca che<br />
possono portare a più avanzati assetti dell’offerta di italiano L2 entro un quadro di<br />
plur<strong>il</strong>inguismo, di lingue in contatto, mettendola in grado di raccogliere la sfida della<br />
<strong>didattica</strong> acquisizionale in rapporto a un interlocutore – la lingua cinese, gli apprendenti<br />
sinofoni – di grande complessità.<br />
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