U S M F L P u bblicazion i della Facoltà di Lettere e Filosofia La ...
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LE TEORIE DEGLI STILI E LA TEORIA DEI GENERI 93<br />
scere anche — al <strong>di</strong> là dei risultati dell'indagine <strong>della</strong> Patterson — la<br />
precocità del suo ingresso nell'orizzonte teorico rinascimentale e <strong>della</strong><br />
sua capacità <strong>di</strong> influsso, via Trapezuntius, anche in forma in<strong>di</strong>retta e<br />
non sempre consapevole. Se ha ragione il Tateo, come pare probabile,<br />
nel Bembo stesso, al <strong>di</strong> là del richiamo <strong>di</strong> rito alla teoria tripartita dello<br />
stile da cui <strong>di</strong> fatto egli non poteva prescindere 2 , si fa strada sulla scor<br />
ta dell'Ermogene del Trapezuntius una <strong>di</strong>versa considerazione dei pro<br />
blemi dello stile, che, per quanto moderatamente e con il conforto <strong>di</strong> ci<br />
tazioni altrimenti autorevoli, intacca la logica <strong>della</strong> tripartizione stili<br />
stica in uno dei suoi no<strong>di</strong> fondamentali. Dovendo riconoscere al Bembo<br />
un alto grado <strong>di</strong> consapevolezza nell'operazione <strong>di</strong> trasferimento delle<br />
dottrine retoriche dal latino al volgare e, più in generale, nella riflessio<br />
ne estetica e critica, è probabile che — come il Trapezuntius e a <strong>di</strong>ffe<br />
renza <strong>di</strong> alcuni suoi epigoni — anch'egli, e anche in campo specifica<br />
mente stilistico, fosse consapevole delle mo<strong>di</strong>ficazioni e degli ammoder<br />
namenti che introduceva nella dottrina tra<strong>di</strong>zionale.<br />
Il Tateo insiste, a proposito del Bembo, sul fatto che il criterio<br />
<strong>della</strong> variatio, com'è da lui concepito ed enunciato, significhi concreta<br />
mente una commistione <strong>di</strong> caratteri stilistici che va oltre la logica tra<br />
<strong>di</strong>zionale e ciceroniana dell'alternanza degli stili. Quando il Bembo, ad<br />
esempio, suggerisce <strong>di</strong> variare « alle volte e le voci gravi con alcuna tem<br />
perata e le temperate con alcuna leggera e così all'incontro queste con<br />
alcuna <strong>di</strong> quelle », pur ricalcando una frase <strong>della</strong> Rhetorica ad Heren-<br />
nium, secondo il Tateo « allude in effetti ad un mescolamento <strong>di</strong> voci,<br />
che non è l'alternanza degli stili, ma il frutto <strong>di</strong> un ' componimento '<br />
che intacca la logica stessa dei tre stili », la quale viceversa mirava « so<br />
prattutto ad evitare la fluttuazione dello stile e a garantire il decorum,<br />
il rapporto con i livelli <strong>della</strong> materia, quando non veniva assegnato a<br />
ciascuno stile un <strong>di</strong>verso fine » 3 . Per comprendere il concetto <strong>di</strong> varia<br />
zione come lo intende il Bembo — prosegue il Tateo — non ci si può<br />
riferire alla « pur notevole oscillazione presente nel De oratore fra lo<br />
statuto degli stili (fondato sulla convenienza con la materia) e le ra-<br />
2 Né, verosimilmente, da essa gli conveniva prescindere, impegnato com'era<br />
nell'elaborazione <strong>della</strong> prima importante retorica rinascimentale <strong>di</strong>rettamente appli<br />
cata all'italiano, che richiedeva appigli e punì <strong>di</strong> riferimento certi e noti.<br />
3 Su questo aspetto del problema cfr., qui sopra, cap. 1.1. In verità io ac<br />
cennavo a una considerazione dello stile me<strong>di</strong>ano, in Cicerone, che sembra andare<br />
oltre la semplice gradualità déll'ornatus; ma questo fatto non sposta la sostanza<br />
<strong>della</strong> questione.