U S M F L P u bblicazion i della Facoltà di Lettere e Filosofia La ...
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168 CAPITOLO 4<br />
come sono in <strong>di</strong>rczione <strong>della</strong> « severità », dell'asprezza e <strong>di</strong> una certa<br />
<strong>di</strong>ssonanza. Che la « novella schiera de' poeti » imiti solo gli artifici este<br />
riori, senza emulare la densità intèriore del Casa, è dunque un <strong>di</strong>fetto<br />
<strong>della</strong> loro ispirazione, non delle scelte stilistiche del modello.<br />
Questa che compare nelle prime righe <strong>della</strong> Lezione è già una si<br />
gnificativa rassegna <strong>di</strong> aspetti e artifici formali propri dello stile magni<br />
fico, quando siano associati ad un'inventio adeguata. Essa si precisa poi,<br />
nelle pagine successive, quando il Tasso prende in esame sistematica<br />
mente gli elementi concettuali e formali atti a determinare lo stile ma<br />
gnifico. Egli procede prendendo in considerazione — come si è antici<br />
pato — concetti, composizione delle parole e figure e alternando <strong>di</strong> con<br />
tinuo riferimenti al sonetto in esame e ad auctoritates <strong>di</strong>verse, in campo<br />
poetico e teorico. A proposito dei concetti, oltre a quanto già si è rile<br />
vato (e cioè l'opportuna congruenza con la materia, la <strong>di</strong>stinzione tra<br />
poeti e filosofi), il Tasso afferma la necessità <strong>di</strong> evitare le durezze e le<br />
oscurità filosofiche:<br />
dovendo il poeta <strong>di</strong>lettare, o perché il <strong>di</strong>letto sia il suo fine, come io credo, o per<br />
ché sia mezzo necessario ad indurre il giovamento, come altri giu<strong>di</strong>ca; buon poeta<br />
non è colui che non <strong>di</strong>letta, né <strong>di</strong>lettar si può con quei concetti che recano seco<br />
<strong>di</strong>fficoltà ed oscurità: perché necessario è che l'uomo affatichi la mente intorno<br />
all'intelligenza <strong>di</strong> quelli; ed essendo la fatica contraria a la natura degli uomini<br />
ed al <strong>di</strong>letto, ove fatica si trovi, ivi per alcun modo non può <strong>di</strong>letto trovarsi.<br />
Parla il poeta non a i dotti solo, ma al popolo, come l'oratore; e però siano i suoi<br />
concetti popolari: popolari chiamo non quai il popolo gli usa or<strong>di</strong>nariamente, ma<br />
tali, che al popolo siano intelligibili (p. 124).<br />
Modelli negativi in questo senso furono sia Dante che il Cavalcanti; po<br />
sitivo il Petrarca che « da' Platonici tolse non de' più <strong>di</strong>fficili e incogniti<br />
concetti, ma de' più facili e de' più <strong>di</strong>volgati » e « con tanta modestia e<br />
così parcamente e così cautamente nella poesia gli trasportò, con tant'ar-<br />
te gli temperò, <strong>di</strong> tali fregi gli vestì e adorno, che paiono non forestieri<br />
ma naturali <strong>della</strong> poesia» (p. 123). E ammirevole è il Casa che usa<br />
concetti « chiari, puri, facili, ma d'una chiarezza non plebea, d'una pu<br />
rità non umile, d'una facilità non ignobile. [...] Vedete che grandezza,<br />
che magnificenza, che maestà <strong>di</strong> concetti, non misti d'alcuna durezza,<br />
d'alcuna oscurità, d'alcuna <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> sentimenti! » (p. 125) 1S . L'oscu-<br />
15 <strong>La</strong> notazione rispecchia appieno un topos aristotelico, e precisamente quello<br />
in cui il filosofo elogia la « saphèneia ». Cfr. Aristotele, Poetica, 1458 a, b, pp.<br />
247-248.