U S M F L P u bblicazion i della Facoltà di Lettere e Filosofia La ...
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LE TEORIE DEGLI STILI IN ETÀ RINASCIMENTALE 67<br />
nelle scritture « pongono non poco <strong>di</strong> vaghezza, dal comune parlar le<br />
vandoci » (p. 284), sugli iperbati, da usare « parcamente » per non pro<br />
durre oscurità, e via <strong>di</strong>cendo. Quin<strong>di</strong>, a conclusione <strong>della</strong> rassegna del<br />
le principali figure retoriche, riba<strong>di</strong>sce in termini generici l'opportunità<br />
<strong>di</strong> adeguare Vornatus agli stili: « Ora questi e molti altri mo<strong>di</strong> e figure<br />
del <strong>di</strong>re devete voi, figliuoli, ma non sempre et in ogni luogo de' vostri<br />
poemi, usare, secondo però la qualità <strong>della</strong> materia e la <strong>di</strong>versità degli<br />
stili » (p. 306); che è al tempo stesso un invito alla più classica modera<br />
zione e misura. Quando, infine, su istanza dei suoi interlocutori, viene<br />
a parlare del « numero » riprende (poco variati) alcuni dei precetti bem-<br />
biani circa il mescolamento delle voci « gravi » con quelle « basse e leg<br />
geri », delle « tronche con l'intere » (p. 307), e sulla <strong>di</strong>stanza delle rime<br />
(pp. 315-316) 31 .<br />
3. - Ma il bisogno <strong>di</strong> precetti concreti, analitici e sistematici su<br />
gli stili — al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> Grazio e Cicerone — mostra la sua urgenza altri<br />
menti. Anche chi non rinuncia programmaticamente al ricorso alla tri<br />
partizione degli stili è tentato <strong>di</strong> accogliere i suggerimenti che proven<br />
gono da altre fonti, e soprattutto da Ermogene, come si è detto. Ne de<br />
rivano soluzioni compromissorie, che vedono più la giustapposizione<br />
che non l'integrazione <strong>di</strong> teorie <strong>di</strong>verse e <strong>di</strong>fficilmente conciliabili tra<br />
loro, o tentativi <strong>di</strong> sintesi originali, in cui lo sforzo <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione e <strong>di</strong><br />
sistemazione or<strong>di</strong>nata in certa misura prevale.<br />
Ampiamente compromissorio era stato già il Trapezuntius che net<br />
tamente scindeva la sua trattazione dell'elocuzione in due parti: « unam<br />
qua figuras orationis, quasi sylvam quandam atque materiam universam<br />
& confusam consyderabimus; alteram, qua singulas <strong>di</strong>cen<strong>di</strong> formas <strong>di</strong>-<br />
stinctius exponemus ». Nella prima egli dapprincipio riproduce, poco<br />
variata, la definizione generale dell'Auctor ad Herennium:<br />
Figurae orationis sunt tres: Sublimis, quam & gravem & grandem appellamus;<br />
Attenuata, quam & infimam <strong>di</strong>cunt; & Me<strong>di</strong>ocris. Sublimis est quae constat ex<br />
01 Nella parte conclusiva il Tritone prende posizione, nell'ambito <strong>della</strong> que-<br />
relle sul verso del poema eroico, a favore delle terzine dantesche, in parte <strong>di</strong>stac<br />
candosi dal Bembo nell'osservare che la vicinanza delle rime non toglie gravita al<br />
poema, «non essendo [...] il verso quello che più o meno renda la materia subli<br />
me o grave <strong>di</strong> quello che noi esser la veggiamo, ma lo scegliere i vocaboli e le<br />
sentenze, le figure più o men gravi, et il fare che le persone [...] servino il de<br />
coro e la convenevolezza loro ». Cfr. ivi, pp. 314-317.