U S M F L P u bblicazion i della Facoltà di Lettere e Filosofia La ...
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LE TEORIE DEGLI STILI E LA TEORIA DEI GENERI 137<br />
€ dottrina degli stili. In questo caso si tocca con mano, in particolare,<br />
la <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> integrare la dottrina aristotelica dei generi con la dottrina<br />
ermogeniana degli stili: ne deriva la quasi totale assenza <strong>di</strong> precetti sti<br />
listici specifici per il poema epico (come anche per altri generi).<br />
Un <strong>di</strong>scorso analogo si potrebbe compiere, analiticamente, per il<br />
Trissino, che, nel portare a compimento la sua Poetica attorno al 1549,<br />
mo<strong>di</strong>fica ra<strong>di</strong>calmente l'impostazione da « arte metrica me<strong>di</strong>evale » —<br />
come la definisce il Weinberg TO — che aveva seguito nelle « <strong>di</strong>visioni »<br />
I-IV e<strong>di</strong>te nel lontano 1529. Egli però — come si è anticipato alla fine<br />
del capitolo precedente — nella <strong>di</strong>visione prima <strong>della</strong> sua opera espone<br />
sinteticamente e parzialmente la dottrina ermogeniana degli stili, desu<br />
mendola, com'è probabile, dal Trapezuntius. A questo proposito è fon<br />
damentale notare come egli intenda programmaticamente accogliere del<br />
la dottrina del retore greco solo la parte relativa alla scelta delle parole:<br />
« Ma io, che intendo solamente <strong>di</strong> trattare in questo luoco de la ele<br />
zione de le parole, lascio quelle altre cose che constituiscono le forme <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>re da canto come non pertinenti a la presente intenzione; de le quali,<br />
se piacerà a Dio, in altro luoco sarà <strong>di</strong>ffusamente trattato » 80 . Tale pro<br />
grammatica limitazione fa sostanzialmente perdere alla dottrina ermo<br />
geniana gran parte del suo senso: ne è un esempio il possibile raffronto<br />
tra le categorie <strong>della</strong> « venerazione » (semnòfes, <strong>di</strong>gnità, gravita, etc.) e<br />
dello « splendore » (lampròtes), che nella trattazione del Trissino in<br />
pratica non mostrano <strong>di</strong>versità alcuna 81 . Egli mostra <strong>di</strong> accorgersi del<br />
problema subito dopo, constatando che il « vigore » ha « le medesime<br />
parole e sentenzie che hanno la asperità e la vehemenzia », e infatti pre<br />
cisa che « non solamente le sentenzie e le parole fanno le forme del<br />
<strong>di</strong>re, ma anchora ci veleno i mo<strong>di</strong>, le figure, i membri, la composizione,<br />
79 Weinberg 1970-1974, voi. II, p. 653. È da notare, comunque, che la Poe<br />
tica aristotelica a questa data è già nota al Trissino, che ne cita alcuni luoghi.<br />
80 Trissino 1529, p. 34. L'esposizione <strong>della</strong> dottrina ermogeniana cade in ef<br />
fetti come specificazione « de la particulare elezione de le parole », che a sua volta<br />
fa seguito al capitoletto intitolato « De la generale elezione de le parole » (ivi,<br />
p. 27 e 30).<br />
81 Lo splendore, per il Trissino, ha « sentenzie <strong>di</strong> qualche buona operazione,<br />
cioè <strong>di</strong> cosa che paja a tutti lodevole e ben fatta » (p. 33), che non <strong>di</strong>fferiscono<br />
gran che da quelle che hanno per oggetto « Dio », « cose <strong>di</strong>vine », la « virtù » o<br />
« qualche fatto glorioso » (p. 32) e che son proprie <strong>della</strong> « venerazione »; la scelta<br />
delle parole è poi identica, come ammette l'autore, che non menziona invece la<br />
principale <strong>di</strong>fferenza tra le due categorie ermogeniane, la quale, come si è visto,<br />
riguarda i « membri » e le figure.