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U S M F L P u bblicazion i della Facoltà di Lettere e Filosofia La ...

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HO CAPITOLO 3<br />

la sua rapida trattazione il fatto che nulla in merito « tra<strong>di</strong>tum est a<br />

superioribus de eleganti compositione » (p. 159). Ma, dove manca lo<br />

pseudo-Demetrio, sopperisce per il lettore rinascimentale il Vettori:<br />

Confirmata pulchritu<strong>di</strong>ne nominum, quam etiam multum valere <strong>di</strong>xerat ad lepo-<br />

rem veneremque aspergendam orationi, docet acquiri quoque illi elegantiae non<br />

parum ac concinnitatis, ex structura quadam compositìoneque verborum apta. Sed<br />

quia hoc explicare arduum putat, antequam quicquam tradere de ipsa conetur,<br />

<strong>di</strong>fficultatem hanc aperit, ut si piene rem explanare non potuerit, veniam impe-<br />

tret. [...] Multo sane antea, ut notum est, accurate egerat Phalereus de numerosa<br />

oratione, cum scilicet notam <strong>di</strong>cen<strong>di</strong> amplam explicaret: ut enim illa aliis non.<br />

nullis rationibus conficitur, ita etiam certa quadam constructione verborum (p. 159).<br />

Siamo così rimandati ad artifici quali antitesi, <strong>di</strong>ligenti corrispondenze<br />

(chiasmi, parallelismi, isocola, etc.) che abbiamo visti in precedenza de­<br />

scritti come sostanzialmente estranei alla gravita e magnificenza dello<br />

stile e che invece, si deduce, son propri dello stile ornato, elegante,<br />

« glaphyròs ». Sono alcuni <strong>di</strong> questi, si noti, gli artifici cosiddetti « gor-<br />

giani » <strong>di</strong> cui esplicitamente parla anche il Cavalcanti e che presto riin­<br />

contreremo in Ermogene.<br />

Il Morpurgo Tagliabile ha ben rilevato come in questo stile dello<br />

pseudo-Demetrio vi siano elementi contrad<strong>di</strong>ttori sul piano formale:<br />

infatti, a parere dello stu<strong>di</strong>oso, il comun denominatore <strong>di</strong> espressioni<br />

fcrinalmente <strong>di</strong>verse « è irriducibile a una nozione linguistica », mentre<br />

«può essere definito [...] in termini filosofici». «Lo stile 'elegante*<br />

[...] è dunque quello che provoca un senso gradevole, una sod<strong>di</strong>sfazio­<br />

ne, un compiacimento che Demetrio <strong>di</strong>stingue secondo due tonalità, ma<br />

che accomuna sotto la categoria unica <strong>della</strong> piacevolezza (èucharis) 4 ».<br />

È più avanti, ammettendo che « i mezzi stilistici possono essere anche<br />

gli stessi in stili <strong>di</strong>versi » (ad esempio la concisione e l'epifonema paiono*<br />

efficaci tanto nello stile elevato quanto nell'elegante), rileva come a de­<br />

terminare gli stili contino invece « i fini <strong>di</strong>versi, i risultati espressivi ».<br />

Proprio da questo punto <strong>di</strong> vista, nel sistema dello pseudo-Demetrio,<br />

lo stile glaphyròs sarebbe « il più problematico ». Il fattore unificante<br />

appare al Morpurgo-Tagliabue « una esigenza <strong>di</strong> gusto — l'unione <strong>di</strong><br />

grazia e arguzia — che, con <strong>di</strong>versi esiti, si incontra in epoche <strong>di</strong>verse ».<br />

Ma d'altro canto, proprio per questa sua natura, lo stile glaphyròs ri­<br />

sulta anche il « più scomponibile e associabile: Demetrio ci parla <strong>di</strong> urt<br />

3° Morpurgo Tagliabue 1980, p. 92.

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