U S M F L P u bblicazion i della Facoltà di Lettere e Filosofia La ...

84 CAPITOLO 2
(« charactèr », « figura », « nota » da un lato e « idèa », « genus di-
cendi », « forma » dall'altro); poi i termini via via adottati per definire
gli stili tripartiti (ad esempio per lo stile « adròn » ricorda « uber »,
« magniloquum », « magnificum », « altiloquum », « magnimi », « am-
plum », « summum », « grave » etc.) evidenziando oscillazioni e incon­
gruenze d'uso, anche in rapporto al complesso problema della dipenden­
za degli aspetti formali di un'opera letteraria dalla materia 5*. Nella so­
stanza, però, egli lamenta soprattutto una confusione fra stili e « vir-
tutes » o « afìectus », come preferisce dire: « floridum », « plenum »,
«incitatum », « molle », « suave », « asperum » e via dicendo sarebbero
« affectus » del discorso, non « genera » o « species » (o termini anche
sinonimici adatti a designarli). L'accusa di confusione appare piuttosto
generalizzata, se, introducendo la trattazione della dottrina ermogeniana,
arriva a dire: « Quum haec ita sint, videamus quam parvo iudicio de
Formis Ideisve Graeci, Graecosve sequuti scripserint Latini » (p. 176).
La critica a Ermogene è serrata e si fonda in gran parte sul concetto di
confusione stili / « affectus », ma — come già si è visto nel capitolo
precedente — egli riconosce e stigmatizza anche l'uso ambiguo da parte
del retore greco del termine e del concetto di « deinòtes » e compie
svariate osservazioni di carattere terminologico. Non c'è dubbio che la
coscienza della complessità e della parziale eterogeneità dei materiali re­
torici forniti dall'antichità al Rinascimento, così come l'esigenza di una
ordinata sistemazione di essi, raggiunge con lo Scaligero uno dei suoi
vertici, indipendentemente dall'esattezza dei singoli rilievi e dall'effica­
cia delle soluzioni proposte, che ebbero comunque un'autorevolezza non
effimera.
La pars construens del trattato dello Scaligero relativa a questa ma­
teria è al tempo stesso semplice, nell'idea di fondo che la sostiene, e
complessa, nelle sue articolazioni particolari. Lo Scaligero accetta la tri­
partizione tradizionale dello stile (« forma » o « genus dicendi »), af­
fiancando ad essa un elaborato sistema di « affectus », distinti in « com-
munes » a tutti gli stili e in « proprii » di ciascuno stile, entrambi a
loro volta ulteriormente distinti in « perpetui » e « non perpetui ». In
pratica egli così proponeva di risolvere la proliferazione di designazioni
pseudo-sinonimiche per ciascuno stile e di ordinare lo sciame di « virtu-
tes » in un sistema capace di distinguere qualità generalissime e irri-
nunciabili del discorso oratorio e letterario (affectus communes perpe-
54 Scaligero 1561, libro IV, p. 175 e segg.