U S M F L P u bblicazion i della Facoltà di Lettere e Filosofia La ...

28 CAPITOLO 1
scendere nei dettagli dei singoli artifici adatti ai diversi « genera », rico­
nosce qui allo stile mediano una specificità che mal si concilia con la
gradualità dell'ornato, vigente ancora — per quanto si può compren­
dere — nell'Auctor ad Herennium 15 . E contributo forse originale di Ci­
cerone 16, in vista di una più autonoma definizione dello stile mediano,
è anzi la connessione fra i tre stili e i tre principali scopi dell'oratore:
allo stile umile compete il « probare », al medio il « delectare » (di qui
la ricchezza dell'ornato e specificamente di quello fondato sulle « figurae
verborum »), al sublime il « flectere » e il « permovere », come risulta
ad esempio da Orator, 69:
Erit igitur eloquens [...] is qui in foro causisque civilibus ita dicet, ut probet, ut
delectet, ut flectat. Probare necessitatìs est, delectare suavitatis, flectere victoriae:
nam id unum ex omnibus ad obtinendas causas potest plurimum. Sed quot officia
oratoris, tot sunt genera dicendi: subtile in probando, modicum in delectando,
vehemens in flectendo; in quo uno vis omnis oratoris est.
Tale connessione ritorna pressoché identica più tardi in Quintiliano che
in proposito dipende dalla fonte ciceroniana 17 .
Nel passo appena citato Cicerone, diversamente da Dionigi d'Ali-
carnasso, mostra di inclinare verso un particolare apprezzamento dello
stile sublime, come si sarà notato. Tuttavia da altri passi e dal complesso
della sua opera risulta chiaro che egli crede che il perfetto oratore debba
saper alternare tutti gli stili a seconda delle circostanze (secondo il cri­
terio tradizionale dell'« aptum » o « decorum »), e più precisamente a
ceat facere artis et naturae est, scire quid quandoque deceat prudentiae ». Nel De
Oratore, Qcerone ancora una volta « professa la sua libertà da quell'angusto dog­
matismo che era anche troppo frequente nella retorica scolastica »: in questo senso
vanno interpretate anche le considerazioni circa l'infinita varietà dello stile e l'in­
sistenza — espressa sinteticamente ad esempio in III, 125: « rerum copia verborum
copiam gignit » — sull'importanza del nesso res / sententia / verba (Leeman 1963,
pp. 154 e 173).
15 Va però notata l'imprecisione terminologica di Cicerone che definisce « or­
natura » il « genus sublime» e attribuisce a quello mediano « verborum [...] lu­
mina omnia », che è poi ricchezza di « ornatus ». « Ornatus » è poi una delle « vir-
tutes elocutionis »: cfr. sotto 1.2.
16 Cfr. Douglas 1957, p. 18 e 25.
17 Cfr. Institutio oratoria, XII, 59, dove, dopo aver distinto un « genus sub­
tile », uno « grande atque robustum » e aver osservato che ne è stato poi aggiunto
un terzo che « alii medium ex duobus, alii floridum (dicunt) », afferma: « ut pri-
mum docendi, secundum movendi, tertium[...] delectandi sive[...] conciliandi
praestare videa tur officium ».