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U S M F L P u bblicazion i della Facoltà di Lettere e Filosofia La ...

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IL PROBLEMA DELLO STILE NELLA POETICA DEL TASSO 261<br />

limiti la legittimità nell'ambito dello stile magnifico e grave. Ma la ras­<br />

segna può essere rapidamente conclusa menzionando l'accusa d'essere<br />

stato « anzi duretto che no » (p. 465), che agli occhi del Tasso può ri­<br />

mandare sia all'incompiutezza del poema sia ad artifici dell'asprezza e<br />

che è replicata poco più avanti nel binomio « durezza e oscurità » (pre­<br />

sente, in accezione però meno negativa, nel <strong>di</strong>alogo del Pellegrino, ac­<br />

canto all'apprezzamento dei « traslati » e dei concetti « vaghi <strong>di</strong> sensi<br />

esquisiti », p. 469); l'accusa <strong>di</strong> aver prodotto spesso « versi aspri, sal­<br />

tellanti » (p. 471), e quella <strong>di</strong> aver abusato <strong>di</strong> neologismi (p. 471), <strong>di</strong><br />

latinismi (p. 471) e <strong>di</strong> forestierismi (p. 472 segg.), che contrad<strong>di</strong>ce prin­<br />

cipi universalmente accettati a partire da Aristotele.<br />

Le critiche formulate da un « partigiano » dell'Ariosto e del poema<br />

romanzesco (e solo parzialmente e incidentalmente dal Pellegrino) in­<br />

vestono dunque gli stessi principi costitutivi dello stile magnifico e grave<br />

e inducono il Tasso a replicare in <strong>di</strong>fesa del suo poema e più in gene­<br />

rale dell'idea stessa <strong>di</strong> poema eroico quale egli se l'era formata in gio­<br />

ventù 72 . In questa <strong>di</strong>fesa, <strong>di</strong> fronte agli eccessi <strong>di</strong>alettici dell'oppositore<br />

e alle sue contrad<strong>di</strong>zioni, egli poi è portato — è bene ripeterlo — a tra­<br />

scurare i dubbi e le perplessità <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso genere che avevano investito<br />

l'applicazione nel suo poema e l'applicabilità generale delle regole ine­<br />

renti a quello stile. <strong>La</strong> <strong>di</strong>fesa dei principi è insomma netta e risentita,<br />

i dubbi circa un'insufficiente presenza <strong>di</strong> artifici magnifici e gravi nel<br />

poema paiono accantonati, in ragione delle opposte critiche da cui egli<br />

è costretto a <strong>di</strong>fendersi.<br />

Ma nella Stacciata prima trovano anche posto, sia pur marginal­<br />

mente e in minor proporzione, accuse <strong>di</strong> opposto segno: « Risposta.<br />

Questi scherzi usati a suo luogo, e con parata, stanno bene; ma il Tasso<br />

se n'empie tanto la bocca, e tanto gli adopera senza decoro e senza <strong>di</strong>­<br />

stinzione, che pare una fanciullaggine il fatto suo. Non son questi i pro-<br />

pri ornamenti e le proprie figure dell'epopea » (p. 466). <strong>La</strong> questione a<br />

ben vedere è triplice: se gli « scherzi » siano artifici propri dell'epopea,<br />

se siano stati usati dal Tasso in quantità eccessiva, senza « parcità », se<br />

infine siano stati usati nelle circostanze retoriche e tematiche opportune,<br />

con « decoro » e « <strong>di</strong>stinzione ». Tutti questi aspetti erano stati presi<br />

72 Cfr. p. 477, dove il Tasso riafferma <strong>di</strong> non essersi proposto la <strong>di</strong>retta imi­<br />

tazione né <strong>di</strong> Virgilio né <strong>di</strong> Omero, dei cui poemi non si può <strong>di</strong>re che siano per­<br />

fetti ma che si siano avvicinati più <strong>di</strong> ogni altro alla perfezione che è costituita<br />

dall'« idea del poema nel[la] quale io rimirai giovinetto ».

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