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U S M F L P u bblicazion i della Facoltà di Lettere e Filosofia La ...

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114 CAPITOLO 3<br />

vi, alternati, ma <strong>di</strong> rado, a membri più lunghi 41 . « II modo è <strong>di</strong>re le cose<br />

assolutamente & senza mostrare <strong>di</strong> dubitarne, come persone che le sap­<br />

piano & ne siano risolute »; espressioni dubitative sono concesse solo<br />

allo scopo <strong>di</strong> lasciar sospettare che si parli <strong>di</strong> cosa maggiore o più grave.<br />

Fra le figure si segnalano l'allegoria (su materia grave), l'enfasi, ma an­<br />

che la « retta maniera <strong>di</strong> parlare » (propria in primis <strong>della</strong> purità), varie<br />

« figurae sententiae » tra cui la « sermocinatione », la « commoratio »,<br />

e quin<strong>di</strong> « qualche similitu<strong>di</strong>ne », varie forme <strong>di</strong> ripetizione. Quanto al<br />

« finimento » si consiglia una clausola in sostantivo <strong>di</strong> non meno <strong>di</strong> tre<br />

sillabe, possibilmente lunghe. Il numero, infine, deve essere adeguato<br />

alle cose dette 42 .<br />

<strong>La</strong> trattazione <strong>della</strong> « lampròtes » o « splendore » è introdotta da<br />

una significativa osservazione sulla sua ragion d'essere: esso « è neces­<br />

sario percioché la degnità, l'asprezza

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