U S M F L P u bblicazion i della Facoltà di Lettere e Filosofia La ...
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48 CAPITOLO 1<br />
loprepès le cui <strong>di</strong>fferenze, chiare e nette nello pseudo-Demetrio, sareb<br />
bero andate sfumando e quin<strong>di</strong> sarebbero state perdute <strong>di</strong> vista. Questo,<br />
sarebbe accaduto anche per effetto dell'ambivalenza del termine « dei-<br />
nòs », che in greco aveva un duplice significato. « In primo luogo si<br />
gnificava ' terribile ', che incute timore: era sinònimo <strong>di</strong> phoberòs,<br />
' impressionante, minaccioso ' : corrisponde ai termini latini ' vehemen-<br />
tia ', ' acrimonia ', ' atrocitas '. In secondo luogo significava eccellenza,<br />
massima efficienza, idoneità, perizia » 58 . È sostanzialmente nella prima<br />
accezione — afferma il Morpurgo Tagliabue — che il termine viene uti<br />
lizzato dallo pseudo-Demetrio: il lògos deinòs <strong>di</strong> Demetrio si riferisce<br />
a un <strong>di</strong>scorso « che provoca o incute timore », anzi il deinòs è « il<br />
<strong>di</strong>scorso che si ripromette <strong>di</strong> incutere timore, <strong>di</strong> provocare turbamento:<br />
un turbamento che va dal <strong>di</strong>sagio al brivido », e a questo scopo utilizza<br />
espe<strong>di</strong>enti quali la « rottura del <strong>di</strong>scorso, o [la] chiusura brusca del<br />
ritmo, o [il] mordente fonetico ». <strong>La</strong> <strong>di</strong>fferenza tra lo stile deinòs e<br />
quello megaloprepès pertanto nel retore greco è netta, nonostante alcuni<br />
possibili elementi <strong>di</strong> convergenza. Lo pseudo-Demetrio aveva program<br />
maticamente affermato la possibilità <strong>della</strong> commistione degli stili, quin<strong>di</strong><br />
« niente vieta che ciò che è terribile sia anche grande ». Ma, questo è<br />
il punto, « c'è sempre un fattore inequivocabile <strong>di</strong> phoberòs, che fa<br />
sentire come ' terribili ' anche certe elocuzioni <strong>di</strong> per sé formalmente<br />
soltanto imponenti. Non si tratta mai <strong>di</strong> confusione dell'elevato col ter<br />
ribile, ma <strong>di</strong> inserzione del deinòs nel megalèion » ". <strong>La</strong> confusione e-<br />
in parte l'assimilazione dei due stili sarebbe stata invece compiuta dai<br />
retori più tar<strong>di</strong>: i termini « deinòs », « deinòtes » vengono più spesso»<br />
presi nell'accezione <strong>di</strong> « eccellente », « eccellenza » o privati <strong>della</strong> com<br />
ponente del « terribile » e ridotti « al modello <strong>di</strong> spirito impetuoso, <strong>di</strong><br />
passionalità magnanima, <strong>di</strong> rivolta superba » o a quello <strong>di</strong> « spirito vi<br />
goroso e impetuoso » come via via fanno Dionigi, Qcerone, lo pseudo-<br />
Longino, Quintiliano, Ermogene (il quale ultimo riduce « gli attributi<br />
dell'originaria deinòtes a semplici ideai subor<strong>di</strong>nate o subor<strong>di</strong>nate <strong>di</strong><br />
subor<strong>di</strong>nate » é°). I quattro stili originari si riducono a tre: « qualcuno,<br />
58 Morpurgo Tagliabue 1980, p. 107.<br />
59 Morpurgo Tagliabue 1980, pp. 113-119.<br />
60 Morpurgo Tagliabue 1980, pp. 114-115. E cfr. pp. 134-135: «Non stupisce<br />
che quella singolarissìma nozione <strong>di</strong> deinòtes che abbiamo conosciuta in Demetrio,<br />
la si ritrovi in tutta la retorica greco-romana, sotto specie <strong>di</strong> aretè. Nella Rhet. ad"<br />
Her. essa è citata come atrocitas, acrimonia, e intesa ancora in un senso assai vi-