U S M F L P u bblicazion i della Facoltà di Lettere e Filosofia La ...
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l'opinione « de' buoni retori antichi », e in particolare dello pseudo-De-<br />
metrio qui esplicitamente citato 39 . Ma è forse interessante notare come<br />
con la frase « è opinione de' buoni retori antichi che, subito che '1 con<br />
cetto nasce, nasce con esso lui una sua proprietà naturale <strong>di</strong> parole e <strong>di</strong><br />
numeri con la qual deve essere vestito » (p. 49), ci si riferisca anche ad<br />
un luogo ciceroniano: « rerum copia verborum copiam gignit » (De or.<br />
Ili, 125), o ad uno oraziano equivalente: « verbaque provisam rem non<br />
invita sequentur » (Ars poet., 311), sviluppo del quasi proverbiale « rem<br />
tene verba sequentur » <strong>di</strong> Catone il Censore, dove appunto il nesso è<br />
esposto semplicemente nei termini <strong>di</strong> rapporto tra materia e forma<br />
espressiva, res e verba. Qui il Tasso attua un lieve ma significativo<br />
spostamento: non le « res » ma la « sententia », l'immagine mentale<br />
— secondo la definizione che desumeva da Aristotele — che il poeta<br />
si crea <strong>della</strong> materia prescelta, la sua ricreazione mentale e poetica<br />
nella fase doll'inventio e <strong>della</strong> <strong>di</strong>spositio, è la fonte naturale dell'elo<br />
cuzione.<br />
Lo pseudo-Demetrio ed Ermogene, ma anche la gran parte <strong>della</strong><br />
tra<strong>di</strong>zione retorica antica e rinascimentale e ancor più quella me<strong>di</strong>oe<br />
vale (si pensi alla ruota virgiliana), almeno in sede tecnica <strong>di</strong> defini<br />
zione delle componenti dello stile, tendevano a sorvolare sulla <strong>di</strong>stin<br />
zione materia / concetti, res / sententia, enfatizzando l'opposizione<br />
res / verba®. Se ne ha una riprova anche all'interno dei Discorsi del<br />
l'arte poetica, quando il Tasso trattando, in sede <strong>di</strong> descrizione tecnica<br />
un necessario ammodernamento; non cosi il decoro stilistico <strong>di</strong> cui si tratta nel<br />
luogo citato nel testo.<br />
39 Lo pseudo-Demetrio in un luogo del De elocutione aveva negato la possi<br />
bilità <strong>di</strong> « res parvas ampie <strong>di</strong>cere », precisando che « quod vero decet in omni<br />
re servandum est: hoc est, apte & accommodate ipsis singulae res sunt verbis<br />
éxponendae: exile exiliter & amplae ampie» (Vettori 1562, p. 112): così facendo<br />
non si sarebbe caduti dal magnifico nel freddo; anche se poi contemplava alcune<br />
possibilità <strong>di</strong> ingran<strong>di</strong>re le cose piccole senza contravvenire al decarum (ivi, pp.<br />
114-115). Il Tasso, basandosi su tale fonte, osserva che « lo stile, magnifico in ma<br />
terie gran<strong>di</strong>, tratto alle picciole, non più magnifico, ma gonfio sarà detto » (p. 46).<br />
E precisa che « la qualità delle parole può bene accrescere e <strong>di</strong>minuire la appa<br />
renza del concetto, ma non affatto mutarla » (p. 49).<br />
40 Questa enfasi era, del resto, evidente già nell'inserimento <strong>della</strong> sententia<br />
nell'ambito dell'elocutio, nell'assenza cioè dell'assai efficace e significativa <strong>di</strong>stin<br />
zione tassiana tra elocuzione e stile; cosi facendo, le figurae sententiae tendevano<br />
ad essere assimilate agli altri ornamenti retorici, puramente verbali, e ridotte alla<br />
<strong>di</strong>mensione strettamente elocutiva. <strong>La</strong> precarietà stessa <strong>della</strong> <strong>di</strong>stinzione tra figurae<br />
sententiae e figurae verborum può essere in<strong>di</strong>cativa <strong>di</strong> questa riduzione.<br />
7 H. QROSSER, <strong>La</strong> sottigliezza del <strong>di</strong>sputare.