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U S M F L P u bblicazion i della Facoltà di Lettere e Filosofia La ...

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181<br />

l'opinione « de' buoni retori antichi », e in particolare dello pseudo-De-<br />

metrio qui esplicitamente citato 39 . Ma è forse interessante notare come<br />

con la frase « è opinione de' buoni retori antichi che, subito che '1 con­<br />

cetto nasce, nasce con esso lui una sua proprietà naturale <strong>di</strong> parole e <strong>di</strong><br />

numeri con la qual deve essere vestito » (p. 49), ci si riferisca anche ad<br />

un luogo ciceroniano: « rerum copia verborum copiam gignit » (De or.<br />

Ili, 125), o ad uno oraziano equivalente: « verbaque provisam rem non<br />

invita sequentur » (Ars poet., 311), sviluppo del quasi proverbiale « rem<br />

tene verba sequentur » <strong>di</strong> Catone il Censore, dove appunto il nesso è<br />

esposto semplicemente nei termini <strong>di</strong> rapporto tra materia e forma<br />

espressiva, res e verba. Qui il Tasso attua un lieve ma significativo<br />

spostamento: non le « res » ma la « sententia », l'immagine mentale<br />

— secondo la definizione che desumeva da Aristotele — che il poeta<br />

si crea <strong>della</strong> materia prescelta, la sua ricreazione mentale e poetica<br />

nella fase doll'inventio e <strong>della</strong> <strong>di</strong>spositio, è la fonte naturale dell'elo­<br />

cuzione.<br />

Lo pseudo-Demetrio ed Ermogene, ma anche la gran parte <strong>della</strong><br />

tra<strong>di</strong>zione retorica antica e rinascimentale e ancor più quella me<strong>di</strong>oe­<br />

vale (si pensi alla ruota virgiliana), almeno in sede tecnica <strong>di</strong> defini­<br />

zione delle componenti dello stile, tendevano a sorvolare sulla <strong>di</strong>stin­<br />

zione materia / concetti, res / sententia, enfatizzando l'opposizione<br />

res / verba®. Se ne ha una riprova anche all'interno dei Discorsi del­<br />

l'arte poetica, quando il Tasso trattando, in sede <strong>di</strong> descrizione tecnica<br />

un necessario ammodernamento; non cosi il decoro stilistico <strong>di</strong> cui si tratta nel<br />

luogo citato nel testo.<br />

39 Lo pseudo-Demetrio in un luogo del De elocutione aveva negato la possi­<br />

bilità <strong>di</strong> « res parvas ampie <strong>di</strong>cere », precisando che « quod vero decet in omni<br />

re servandum est: hoc est, apte & accommodate ipsis singulae res sunt verbis<br />

éxponendae: exile exiliter & amplae ampie» (Vettori 1562, p. 112): così facendo<br />

non si sarebbe caduti dal magnifico nel freddo; anche se poi contemplava alcune<br />

possibilità <strong>di</strong> ingran<strong>di</strong>re le cose piccole senza contravvenire al decarum (ivi, pp.<br />

114-115). Il Tasso, basandosi su tale fonte, osserva che « lo stile, magnifico in ma­<br />

terie gran<strong>di</strong>, tratto alle picciole, non più magnifico, ma gonfio sarà detto » (p. 46).<br />

E precisa che « la qualità delle parole può bene accrescere e <strong>di</strong>minuire la appa­<br />

renza del concetto, ma non affatto mutarla » (p. 49).<br />

40 Questa enfasi era, del resto, evidente già nell'inserimento <strong>della</strong> sententia<br />

nell'ambito dell'elocutio, nell'assenza cioè dell'assai efficace e significativa <strong>di</strong>stin­<br />

zione tassiana tra elocuzione e stile; cosi facendo, le figurae sententiae tendevano<br />

ad essere assimilate agli altri ornamenti retorici, puramente verbali, e ridotte alla<br />

<strong>di</strong>mensione strettamente elocutiva. <strong>La</strong> precarietà stessa <strong>della</strong> <strong>di</strong>stinzione tra figurae<br />

sententiae e figurae verborum può essere in<strong>di</strong>cativa <strong>di</strong> questa riduzione.<br />

7 H. QROSSER, <strong>La</strong> sottigliezza del <strong>di</strong>sputare.

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