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U S M F L P u bblicazion i della Facoltà di Lettere e Filosofia La ...

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32 CAPITOLO 1<br />

dell'ornato. Esso appare già più complesso quando — abbandonato il<br />

concetto <strong>di</strong> gradualità dell'ornato nei tre stili — si deve supporre che a<br />

ciascuno stile competano artifici retorici anche qualitativamente <strong>di</strong>versi:<br />

in questo caso la sovrapposizione funzionale tra « genera <strong>di</strong>cen<strong>di</strong> » e<br />

« virtutes » appare più evidente, anche se non è resa esplicita. <strong>La</strong> « vir-<br />

tus » dell'ornato, infatti, nel cui ambito sono compresi gli elenchi <strong>di</strong><br />

figure retoriche, partecipa necessariamente alla definizione dei <strong>di</strong>versi<br />

stili.<br />

Tuttavia col tempo, come in parte abbiamo visto, le « virtutes »<br />

si moltiplicano e vengono utilizzate talora, anche se non sistematica­<br />

mente, per qualificare aspetti specifici e particolari del <strong>di</strong>scorso, forme<br />

particolari <strong>di</strong> elocuzione, e ad<strong>di</strong>rittura veri e propri « genera <strong>di</strong>cen<strong>di</strong> ».<br />

In Cicerone, ad esempio, alcune « virtutes », come la « suavitas » e la<br />

« gravitas », appaiono correlate abbastanza strettamente ai due stili me­<br />

<strong>di</strong>o e sublime. Ma Cicerone non presenta una dottrina chiara e univoca<br />

in merito (e la questione andrebbe approfon<strong>di</strong>ta). Con Dionigi <strong>di</strong> Ali-<br />

carnasso le « virtutes » si <strong>di</strong>vidono in necessarie e accessorie e queste<br />

ultime vengono ulteriormente sud<strong>di</strong>vise in tre gran<strong>di</strong> gruppi in certa<br />

misura alternativi, che se non coincidono — a giu<strong>di</strong>zio degli esperti —<br />

con precisi stili, tuttavia qualificano <strong>di</strong>scorsi stilisticamente <strong>di</strong>fferenziati.<br />

Le cose allora si complicano ulteriormente. Quando, cioè, le « virtu­<br />

tes » si vanno moltiplicando e <strong>di</strong>ventano più specifiche — rispondendo<br />

a una nuova esigenza, quella <strong>di</strong> un'osservazione più analitica e minuta<br />

(e magari, come in Dionigi, critica) del <strong>di</strong>scorso retorico e letterario<br />

nelle sue varietà funzionali e stilistiche — anche se le due categorie ven­<br />

gono tenute <strong>di</strong>stinte, le zone <strong>di</strong> rispettiva pertinenza <strong>di</strong> fatto tendono<br />

a confondersi ancor più, come confusa e indeterminata è talora la ter­<br />

minologia adottata (si pensi al concetto <strong>di</strong> « gravitas », utilizzato per<br />

designare il « genus sublime », ma anche, in Cicerone e nell'Auctor ad<br />

Herennium ad esempio, una « virtus » o aspetti <strong>di</strong> questa).<br />

Ma è l'intero problema del rapporto « virtutes » / « genera <strong>di</strong>cen­<br />

<strong>di</strong> » ad essere complesso e, allo stato delle conoscenze, non risolvibile<br />

univocamente, anche perché si deve riconoscere che — al <strong>di</strong> là degli in­<br />

tenti classificatori dei filologi — la dottrina antica su questo punto non<br />

giungeva e forse neppure aspiiava alla precisione assoluta. Per lo più<br />

i teorici delle dottrine tripartite dello stile sono generici ed evasivi in<br />

merito a questo rapporto: da un lato definiscono degli stili, dall'altro<br />

in<strong>di</strong>cano delle virtù; a proposito <strong>della</strong> virtù dell'ornato poi elencano<br />

una lunga serie <strong>di</strong> tropi e <strong>di</strong> figure retoriche, che solo per campioni, e

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