U S M F L P u bblicazion i della Facoltà di Lettere e Filosofia La ...

LE TEORIE DEGLI STILI IN ETÀ RINASCIMENTALE 59
II Bembo — per quanto concerne il presente discorso —, quando
nel libro II affronta i problemi dell'elocuzione, distingue, secondo una
tradizione ampiamente accettata per tutta l'età umanistica, tre stili: uno
grande, uno mezzano e uno basso 14 . Più precisamente parla di « mate­
ria » grande, mezzana e bassa o volgare, attribuendo ad essa rispettiva­
mente « voci [. . .] gravi, alte, sonanti, apparenti, luminose », o « mez­
zane e temperate », o « lievi, piane, dimesse, popolari, chete » 1S . Poi
subito precisa che si deve « servar modo, e schifare sopra tutto la sa­
zietà, variando alle volte e le voci gravi con alcuna temperata, e le tem­
perate con alcuna leggiera, e così allo 'ncontro queste con alcuna di quel­
le, e quelle con alcuna dell'altre né più né meno ». La precisazione ri­
manda forse al principio tradizionale e ciceroniano dell'alternanza degli
stili, o forse già lo trascende 16 , e in parte anticipa le considerazioni sul­
la varietas svolte più avanti al cap. XVIII.
Quando poi, però, affronta la questione cruciale della « gravita » e
della « piacevolezza » e del loro temperamento, le cose si complicano 17 .
I due termini, così contrapposti, possono rimandare alla coppia cicero­
niana « gravitas » / « suavitas » o a quella greca tradizionale « mega-
loprepès » / « hedù », o forse ancora — come ha recentemente sugge­
rito il Tateo — alla coppia « gravis » / « suavis » usata dal Trapezun-
tius e per questa via alle idee ermogeniane di « semnòtes » e di « glyky-
tes » 18 . Si tratta di termini in una certa misura controversi e la cui
esatta storia è assai complessa e ancora in gran parte oscura, come si è
ricordato nel capitolo precedente 19 . Comunque il Bembo ne fa delle ca-
14 Bembo, Prose, p. 137 (II, iv).
15 Fonti probabili sono Rbet. ad Her., IV, 11 e Cicerone, Orator, 100-101,
dove si dice: « Is est enim eloquens qui et humilia subtiliter at alta graviter et
mediocria temperate potest dicere, etc. ».
16 Cfr. Tateo 1983, pp. 718-719, secondo il quale la frase « allude in effetti
ad un mescolamento di voci, che non è l'alternanza degli stili, ma il frutto di un
' componimento ' che intacca la logica stessa dei tre stili ».
17 Bembo, Prose, p. 146 e segg. (II, ix e segg.).
18 Tateo 1983, pp. 731-732, dove fra l'altro si nota che « glykytes » è tradotta
dal Trapezuntius con « jucunditas », « perfetto corrispettivo » del termine bem-
biano di «piacevolezza ». Tutto l'articolo del Tateo, cui farò anche in seguito rife­
rimento, è assai importante per i problemi qui affrontati. Il Tateo sospetta un
influsso diretto dell'Ermogene del Trapezuntius Bembo, che negli anni di appren­
distato dal Lascaris avrebbe verosimilmente potuto anche accedere direttamente al
testo del retore greco, poi edito dal Manuzio nei primi anni del Cinquecento.
19 Cfr. sopra 1.2, nota 28.