U S M F L P u bblicazion i della Facoltà di Lettere e Filosofia La ...
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IL PROBLEMA DELLO STILE NELLA POETICA DEL TASSO 279<br />
ratiere grande sian gran<strong>di</strong> le cose, e nel sottile le sottili, ma che basta nel poeta<br />
l'usar parole scelte, sonore, depinte, e la composizione delle cose numerosa. Ma<br />
in queste parole doppiamente s'inganna: prima perché lascia a <strong>di</strong>etro i concetti e<br />
le sentenze, il qual errore è insopportabile, dapoi perché esclude le cose (p. 195).<br />
Qui l'accento cade con vigore sulla prioritaria congruenza tra concetti<br />
e parole, tra Vanimus del poeta e la forma espressiva che utilizza: tant'è<br />
che subito dopo, adducendo l'esempio virgiliano delle Georgiche, am<br />
mette che più agevolmente si può perdonare allo Scaligero la non con-,<br />
siderazione delle « cose » nella determinazione dello stile, perché talora<br />
« le cose picciole possono esser trattate con grand'ornamento », mentre<br />
è davvero imperdonabile trascurare i concetti, vera origine dello stile.<br />
Né basta che il numero e le parole siano sonore e depinte se non corrispondono i<br />
concetti e le sentenze, perché già abbiam detto che le parole sono imagini delle<br />
passioni dell'animo; ma le imagini deono esser simili all'imaginato. Tutta volta i<br />
concetti ancora sono imagini delle cose; e quantunque le cose concorrano egual<br />
mente alla grandezza <strong>della</strong> forma, non<strong>di</strong>meno Demetrio Falereo <strong>di</strong>ce che le cose<br />
ampie si deono <strong>di</strong>re ampiamente, e tutte l'altre deono esporsi con parole accon<br />
cie e proprie del concetto; e facendosi altrimenti par che si scherzi. <strong>La</strong>onde nelle<br />
materie gravi non è lecito che le parole <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>no dalle cose, benché alcuni sti<br />
massero che sia gran segno d'eloquenza il <strong>di</strong>r le cose picciole altamente (p. 196).<br />
Il <strong>di</strong>scorso, accolta momentaneamente in forza <strong>di</strong> un modello concreto<br />
la possibile <strong>di</strong>scordanza <strong>di</strong> cose e parole, ritorna alla nozione teorica<br />
mente più certa: se eccezionalmente una <strong>di</strong>scordanza può essere ammes<br />
sa, soprattutto nel senso dell'elevare per virtù <strong>di</strong> concetti una materia<br />
umile, il principio fondamentale non può essere in quanto tale <strong>di</strong>scusso.<br />
Le <strong>di</strong>fficoltà e le tortuosità del ragionamento in questo punto mostrano<br />
il Tasso impegnato su una questione per lui fondamentale, risolta, nel<br />
parziale <strong>di</strong>ssi<strong>di</strong>o tra auctoritates pratiche e teoriche, con la riafferma-<br />
zione <strong>della</strong> regola sull'esempio.<br />
A questo punto si innestano nel <strong>di</strong>scorso tassiano l'osservazione<br />
sulla <strong>di</strong>fferente natura degli stili nei <strong>di</strong>versi generi (p. 196), che già si<br />
è messa nel debito rilievo a proposito dei Discorsi dell'arte poetica, e<br />
la trattazione delle <strong>di</strong>fferenze tra i <strong>di</strong>versi stili <strong>di</strong> genere (epico, lirico e<br />
tragico). Più avanti (p. 223 e segg.) la questione dei concetti sarà ripresa<br />
in un altro luogo tratto dai giovanili Discorsi, quello relativo alle <strong>di</strong>f<br />
ferenze tra i concetti e l'elocuzione del lirico e dell'epico. Globalmente<br />
le considerazioni sui rapporti tra concetti ed elocuzione nei <strong>di</strong>versi stili<br />
e nei <strong>di</strong>versi generi assolvono la funzione <strong>di</strong> risolvere un'ulteriore <strong>di</strong>f<br />
ficoltà che si presenta alla mente del Tasso, quella — che lo ha afflitto