U S M F L P u bblicazion i della Facoltà di Lettere e Filosofia La ...
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262 CAPITOLO 5<br />
in esame un decennio prima dal poeta: la soluzione era stata quella <strong>di</strong><br />
considerarli non « propri » in assoluto, ma necessari in un poema to<br />
scano (con l'approvazione del Salviati medesimo) e tuttavia era rimasta<br />
in lui, in fondo, la convinzione <strong>di</strong> doverne comunque limitare la pre<br />
senza nel poema. Ora il Tasso mostra <strong>di</strong> accusare il colpo:<br />
Quando io sono offeso co '1 mio giu<strong>di</strong>zio medesimo manifestato a molti, se vo<br />
glio ribater il colpo che viene a ferirmi, conviene che riprovi me stesso. Che dun<br />
que debbo fare, amici e signori miei? aspettar la percossa e ricever il ferro nella<br />
gola [...]; o pur ogni <strong>di</strong>fesa è lecita con gli avversari, vera o falsa ch'ella sia?<br />
(p. 467).<br />
Ma è anche pronto a ribattere al Salviati, contingentemente, che se egli<br />
ha fatto nella Liberata ricorso all'arte <strong>di</strong> Ovi<strong>di</strong>o, l'Ariosto è ricorso a<br />
quella <strong>di</strong> Menandro e Terenzio; il che equivale a riba<strong>di</strong>re che il poeta<br />
eroico toscano può legittimamente prendere artifici da quello stile che<br />
è più vicino al magnifico, e cioè dal me<strong>di</strong>ocre (ornamenti questi ora de<br />
finiti « non propriamente proprii » dell'epico, ma « simili », perché con<br />
tigui), mentre deve astenersi per lo più dagli artifici e dai mo<strong>di</strong> del<br />
l'umile. « Non sarà dunque sconvenevole a l'epico, che somiglia l'uomo<br />
d'arme, usare alcuna saetta tolta da la faretra d'Ovi<strong>di</strong>o; la qual vada a<br />
ferire in modo che la piaga porti seco il <strong>di</strong>letto accompagnato con la<br />
maraviglia » (p. 467). Poi riba<strong>di</strong>sce anche la volontà <strong>di</strong> moderarne, co<br />
munque, la presenza nel poema: « Dunque co '1 vostro consiglio, amici<br />
e signori, questi scherzi, o siano propriamente proprii, o non propria<br />
mente proprii, mi saranno conceduti senza biasimo, almeno fin tanto che<br />
potrò averne più lunga considerazione ». Al che il Segretario precisa:<br />
« <strong>La</strong> considerazione sarà matura; ma non tutti i fiori son caduti quando<br />
ì frutti son maturati », a significare che il Tasso li modererà nell'ulte<br />
riore revisione, senza però eliminarli del tutto, in ragione <strong>di</strong> quella ne<br />
cessità <strong>di</strong> compensazione acquisita un decennio prima. Ma il Tasso non<br />
si limita a questo: nel finale dell'esame <strong>di</strong> questa obiezione contrattacca<br />
ulteriormente, osservando che l'oppositore non ha poi le idee tanto<br />
chiare se adduce come esempio dei versi in cui non son presenti « scher<br />
zi », e più precisamente artifici propri dello stile me<strong>di</strong>ocre, bensì solo<br />
varie forme <strong>di</strong> ripetizione, « la quale non è propriissima dell'epico, per-<br />
ch'é usata da gli altri; non<strong>di</strong>meno gli è convenevolissima » (p. 469),<br />
secondo quanto tutti i retori antichi han sempre sostenuto 73 .<br />
73 Si sono qui trascurate alcune questioni relativamente marginali, che po<br />
trebbero comunque confermare le osservazioni fatte e la linea <strong>di</strong> interpretazione