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U S M F L P u bblicazion i della Facoltà di Lettere e Filosofia La ...

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218 CAPITOLO 4<br />

Che quella specifica <strong>della</strong> legittimità dell'oscurità non sia un'ac­<br />

quisizione del tutto stabile, bensì un polo <strong>di</strong> un'oscillazione che nel<br />

trascorrere del tempo tende a ri<strong>di</strong>mensionare e precisare sia la neces­<br />

sità <strong>della</strong> chiarezza, sia in parte la legittimità dell'oscurità, lo <strong>di</strong>mostra­<br />

no svariate affermazioni successive del Tasso de<strong>di</strong>cate a questo pro­<br />

blema 88 . Nei primi Discorsi il Tasso, ragionando in termini aristotelici,<br />

aveva osservato che « dalle parole straniere, dalle traslate e da tutte<br />

quelle che proprie non scranne » nascono sia « il sublime e '1 pere­<br />

grino » sia « l'oscurità » e quin<strong>di</strong>, affermando la necessità <strong>della</strong> chia­<br />

rezza per il poeta epico in termini espliciti (« nell'eroico si ricerca, ol-<br />

tra la magnificenza, la chiarezza ancora »), aveva proposto <strong>di</strong> accoppia­<br />

re parole proprie e straniere, <strong>di</strong> scegliere i traslati più vicini alle espres­<br />

sioni proprie, gli stranierismi da lingue vicine al toscano, etc. onde ot­<br />

tenere « un composto tutto chiaro, tutto sublime, niente oscuro, niente<br />

umile » 89. Nei Discorsi del poema eroico il Tasso amplia la trattazione<br />

<strong>della</strong> stesura giovanile, riproponendone alcuni dei precetti specifici (in<br />

particolare tutti quelli nominati) e introducendone <strong>di</strong> nuovi (si devono<br />

« schivare le metafore troppo oscure », si devono schivare per lo più<br />

le « metafore continuate » che producono allegoria, si devono privile­<br />

giare le « metafore in atto », etc.), ma quanto alle enunciazioni <strong>di</strong> prin­<br />

cipio mostra <strong>di</strong> intervenire in modo abbastanza contrad<strong>di</strong>ttorio sul te­<br />

sto giovanile: da un lato sopprime l'affermazione « nel poeta si ricer­<br />

ca, oltra la magnificenza, la chiarezza ancora », e al « composto tutto<br />

chiaro, tutto sublime, niente oscuro, niente umile » sostituisce « un<br />

parlare tutto splen<strong>di</strong>do e tutto sublime » (p. 181), ma, dall'altro, in­<br />

troduce nuove espressioni quali « le metafore deono essere vaghe, pia­<br />

cevoli, agevolmente intese e illustri » o « facilmente intese, illustri e<br />

Sublimi (e) magnifiche » (p. 182), o «se vogliamo che '1 parlar sia<br />

chiaro e sublime» (p. 183) o «io <strong>di</strong>rò che la virtù dell'elocuzione è<br />

che sia chiara, perché, s'ella fosse oscura, non farebbe il suo officio »<br />

(p. 185). Vero è che ciascuna <strong>di</strong> queste espressioni potrebbe essere<br />

ampiamente chiosata in riferimento al contesto (l'ultima cade, ad esem-<br />

88 Si può vedere in proposito con profitto, ad integrazione del <strong>di</strong>scorso del<br />

Raimon<strong>di</strong>, un breve saggio del Brand (1962) espressamente de<strong>di</strong>cato a Tasso e<br />

l'oscurità, il limite del quale èva mio avviso, soprattutto quello <strong>di</strong> considerare la<br />

poetica del Tasso come un tutto unico, senza storicizzarla, senza cioè porre il pro­<br />

blema delle fasi successive, delle oscillazioni e delle svolte, che sono invece il filo<br />

conduttore del saggio del Raimon<strong>di</strong>.<br />

89 Tasso, Discorsi arte poetica, p. 44.

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