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U S M F L P u bblicazion i della Facoltà di Lettere e Filosofia La ...

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LE TEORIE DEGLI STILI E LA TEORIA DEI GENERI 95<br />

calivi delle teorie sia <strong>di</strong> Ermogene che dello pseudo-Demetrio è proprio<br />

la forte inclinazione che entrambi esplicitamente manifestano verso la<br />

commistione <strong>di</strong> tutti o dei principali stili che essi in<strong>di</strong>viduano e descri­<br />

vono 6 . In merito non ci sono dubbi e ne fanno fede alcuni dei passi<br />

che in parte già ho avuto modo <strong>di</strong> segnalare. Si ricorderà come la Schen-<br />

keveld abbia notato, quale caratteristica peculiare dello pseudo-Deme­<br />

trio, il fatto che passi medesimi sono addotti a testimonianza <strong>di</strong> varietà<br />

stilistiche <strong>di</strong>verse; e si ricorderà un luogo del trattato che è bene qui<br />

citare nuovamente:<br />

Sunt autem quattuor simplices notae, tenuis, magnifica, ornata, gravis; et, quod<br />

reliquum est, quae ex his miscentur. Miscentur autem, non omnis cum omni, sed<br />

ornata quidem & cum tenui & cum magnifica, & gravis eodem pacto cum amba-<br />

bus. Sola autem magnifica cum tenui non miscetur; sed [magnifica & tenuis] tan-<br />

quam adversantur sibi ipsis, et e regione positae sunt, maxime utique contrariae 7 .<br />

Solo i due stili estremi non si mescolano, ma ogni altra commistione è<br />

lecita e auspicabile, e il fatto non comporta una riduzione degli stili ai<br />

due soli opposti, essendo gli altri o l'altro forme me<strong>di</strong>ane regolate dal<br />

principio <strong>della</strong> « mesòtes » e prodotte dal mescolamento (l'unico conce­<br />

pibile) o dall'attenuazione <strong>di</strong> quelli estremi 8, una prospettiva questa che<br />

lo pseudo-Demetrio giu<strong>di</strong>ca ri<strong>di</strong>cola (« Ri<strong>di</strong>cula autem haec ratio est »)<br />

proprio in base ad un'estensione del principio del mescolamento stili­<br />

stico.<br />

Lo stesso accade per Ermogene, in questo seguito prontamente da<br />

tutti i suoi epigoni quattro-cinquecenteschi, che non mancano <strong>di</strong> rilevare<br />

la varietà e la complessità degli impasti stilistici che concretamente si<br />

rilevano nei testi, ed anzi capovolgono ad<strong>di</strong>rittura il problema, affer­<br />

mando che non esistono in realtà — se non in vétro — stili puri. Ad<br />

esempio il Trapezuntius ammonisce:<br />

Ut ergo caeteras partes ita rebus accommodat orator, ut loco, tempori omnia con-<br />

veniant, sic elocutionem tam rebus quam caeteris circumstantiis idoneam inveniat.<br />

Non enim solum contentus erit si cui minandum viderit, supplicandum, irascen-<br />

6 Forse — si <strong>di</strong>rà — ciò accade perché si tratta in realtà <strong>di</strong> derivati delle vir-<br />

tutes tra<strong>di</strong>zionali, ma ciò non toglierebbe nulla al fatto, in quanto si tratterebbe<br />

comunque <strong>di</strong> virtutes assurte al fango <strong>di</strong> stili, non adottando gli autori parallela­<br />

mente alcuna teoria estensionale degli stili.<br />

7 Vettori 1562, p. 36.<br />

8 <strong>La</strong> modalità più canonica <strong>di</strong> concepire lo stile me<strong>di</strong>ano era, come si ricor­<br />

derà, quella fondata sulla gradualità déìl'ornatus.

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