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U S M F L P u bblicazion i della Facoltà di Lettere e Filosofia La ...

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163<br />

Ma, quale sia la miglior <strong>di</strong> queste <strong>di</strong>visioni rimettendo per ora a l'altrui giu<strong>di</strong>cio;<br />

chiara cosa è, che quella forma, che magnifica da Demetrio, grande da Ermogene,<br />

e sublime da Cicerone vien detta, è una medesima, e quasi le medesime con<strong>di</strong>­<br />

zioni da tutti le sono attribuite; nella qua! forma senz'alcun dubbio il presente<br />

sonetto si vede esser composto: il che maggiormente ci fia manifesto, se qual sia<br />

questa <strong>di</strong>chiareremo (p. 118).<br />

•Questa forma « magnifica » o « grande » o « sublime » 8 viene cosi de­<br />

scritta subito dopo: « È la forma magnifica o sublime quella, che cose<br />

eccellenti contiene, da le quali concetti conformi ad esse derivano, e con<br />

scelte parole illustri e con numerosa composizione sono spiegati » (p.<br />

118). <strong>La</strong> definizione appare assai tra<strong>di</strong>zionale, per certi aspetti scontata<br />

e blanda (mentre poi più incisiva, per l'adesione al modello pseudo-de-<br />

metriano, apparirà la trattazione analitica). Ma, con tutto ciò, il passo<br />

nel suo complesso appare egualmente significativo, perché da un lato il<br />

richiamo, niente affatto necessario nel contesto <strong>di</strong> una lettura <strong>di</strong> un<br />

sonetto, alle tre principali teorie alternative dello stile e la <strong>di</strong>chiarazione<br />

<strong>di</strong> equivalenza delle tre categorie sembrano proprio porre con forza l'e­<br />

sigenza <strong>di</strong> una integrazione delle <strong>di</strong>verse dottrine — compito che si è<br />

detto profilarsi all'orizzonte dei teorici rinascimentali almeno dalla metà<br />

del secolo — e rivelano, dall'altro, un ancora scarso approfon<strong>di</strong>mento<br />

del problema da parte del Tasso 9 . Se il Tasso mostra <strong>di</strong> conoscere tutti<br />

8 Ma si noti che il Tasso usa anche il termine « grave » pressoché come sino­<br />

nimo dei tre appena citati, senza porre il problema del rapporto con l'idea ermo-<br />

geniana che porta lo stesso nome e che egli stesso aveva poco sopra menzionato<br />

ricordando le principali categorie <strong>di</strong> questo retore (esclude la gorgòtes o « velo­<br />

cità »). Ad esempio egli parla <strong>di</strong> « stilo grave » a proposito <strong>della</strong> tripartizione dan­<br />

tesca (« me<strong>di</strong>care » e « umile » le altre due; per Cicerone aveva parlato <strong>di</strong> « su­<br />

blime », « temperata » e « umile »), e nel medesimo ambito parla <strong>di</strong> « concetti<br />

gravi e magnifici » e <strong>di</strong> « parole gravi e magnifiche » (cfr. pp. 118-119). Il termine<br />

compare ancora nel corso <strong>della</strong> Lezione: cfr., a p. 125, un passo (citato anche qui<br />

più avanti) dove ricorre quattro volte in poche righe. Da notare pure che la dei-<br />

notes pseudo-demetriana è resa con « [forma] veemente », mentre quella ermoge-<br />

niana, appunto, con « [idea] grave » (p. 118), senza commenti.<br />

9 Nella frase, sopra citata, « quale sia la miglior <strong>di</strong> queste <strong>di</strong>visioni, rimet­<br />

tendo per ora a l'altrui giu<strong>di</strong>cio », si può forse intuire il proposito del Tasso <strong>di</strong><br />

chiarire in futuro a sé, se non agli altri, il nodo dei rapporti fra le tre dottrine<br />

e <strong>della</strong> possibilità <strong>di</strong> una loro integrazione (o viceversa <strong>della</strong> necessità <strong>di</strong> optare<br />

per l'una o per l'altra). Certo la riduzione delie tre categorie del magnifico, del<br />

grande e del sublime ad una categoria unica, per quanto proclamata « cosa chia­<br />

ra », appare acquisizione temporanea e sub iu<strong>di</strong>ce, in fondo non del tutto sod<strong>di</strong>­<br />

sfacente neppure per il Tasso che è costretto ad ammettere che « quasi le me­<br />

desime con<strong>di</strong>zioni da tutti le sono attribuie » (p. 118.)

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