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Osservatorio sulla cooperazione agricola italiana - Fedagri ...

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spetto a quelle cooperative sta nel fatto che, nella maggioranza dei casi, i soci hanno<br />

con le prime un rapporto quasi anonimo e motivato solo dall’attesa di profitto sul<br />

capitale investito mentre le società cooperative nascono con un rapporto di servizio<br />

verso i soci, cioè l’impresa cooperativa è quasi una proiezione delle aziende dei soci,<br />

per cui l’universo delle cooperative agroalimentari, capace di coinvolgere quasi un<br />

milione tra soci e addetti e caratterizzato dal fenomeno del “proselitismo” cooperativo<br />

86 , ha una ricaduta immediata sull’economia e <strong>sulla</strong> società del territorio dove la<br />

<strong>cooperazione</strong> è radicata, che diventa a sua volta un portatore di interessi nei confronti<br />

delle cooperative presenti. Al di là, quindi, della dimensione economica d’impresa il<br />

fenomeno cooperativo nell’agroalimentare ha una ricaduta importante e diffusa sul<br />

territorio dove opera, per cui merita di essere continuamente monitorato perché gli<br />

effetti in termini economici e sociali della sua presenza non hanno una valenza solo<br />

privata, ma concorrono ad orientare le scelte di intervento pubblico per lo sviluppo<br />

del settore.<br />

Il Rapporto ha messo in evidenza inoltre che la <strong>cooperazione</strong> agroalimentare raggiunge<br />

assoluti livelli di eccellenza tra le imprese del settore, infatti, ben dieci cooperative<br />

sono presenti tra le prime 50 imprese dell’agroalimentare italiano per fatturato<br />

(tabella 1.10), da Granlatte (917 milioni di fatturato) fino a Giv (264 milioni di fatturato<br />

e la più grande azienda vinicola <strong>italiana</strong>) 87 e tutte hanno sede in regioni del<br />

nord.<br />

5.3. SVILUPPO DELL’IMPRESA E RISPETTO DEI PRINCIPI COOPERATIVI<br />

Forse sarebbe importante analizzare quale è il contenuto di “<strong>cooperazione</strong>”, nel<br />

senso di rispetto dei principi cooperativi, che ispira ancora i criteri di governance e gestione<br />

di queste grandi imprese. Si tratta di un tema sul quale è in corso un intenso dibattito<br />

all’interno del movimento cooperativo europeo con contributi importanti da<br />

parte di alcuni ricercatori italiani, tra cui ricordiamo Benvenuti (1980), Saccomandi<br />

(1986) 88 , Matacena (1982), Zan (1990). Proprio Saccomandi (1986) parla di fenomeni<br />

di “degenerazione cooperativa” che possono interessare questo tipo di impresa quando<br />

la sua gestione tende a divenire articolata. Praticamente, mano a mano che aumenta<br />

la dimensione dell’impresa e la sua gestione diventa più complessa la cooperativa<br />

tenderebbe ad abbandonare il modello definito da Benvenuti (1980) “socio-centrico”<br />

(istituzione tesa unicamente a valorizzare il lavoro dei soci tramite migliori condizio-<br />

86 La nascita di una cooperativa sviluppa, solitamente, nel territorio dove opera degli effetti moltiplicatori<br />

di iniziative simili (Tamagnini, 1953).<br />

87 Tra le prime 5 società vinicole italiane per fatturato nel 2007 (Mediobanca) sono presenti nell’ordine tre<br />

gruppi cooperativi: Giv (294 milioni di euro), Caviro (281 milioni di euro), Cavit (175 milioni di euro).<br />

88 Uno degli studiosi che più si sono impegnati sul tema dell’economia cooperativa in anni recenti è Vito<br />

Saccomandi, docente universitario e Ministro dell’agricoltura. In un volume a cura di Valorosi e Torquati<br />

(2007) sono raccolti una serie di saggi che commentano la sua opera.<br />

170 | <strong>Osservatorio</strong> <strong>sulla</strong> Cooperazione Agricola Italiana

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