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Osservatorio sulla cooperazione agricola italiana - Fedagri ...

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fusione, si inserisce nel processo decisionale anche il conflitto palese o latente della<br />

base associativa che, come in qualsiasi processo partecipativo democratico, annovera<br />

gruppi di pressione e di resistenza al cambiamento o che semplicemente si oppongono<br />

al progetto aggregativo.<br />

Nel tempo si è diffusa la forma consortile (di primo, secondo e terzo livello) che può<br />

garantire l’identità alla singola cooperativa inserendola all’interno di un disegno operativo<br />

di dimensioni più grandi. Sono tanti i vantaggi di questa forma di aggregazione,<br />

a partire dal fatto che mantiene la natura di società cooperativa ed è una struttura<br />

più flessibile alle esigenze sia del mercato (maggiore rapidità di decisione grazie alla<br />

concentrazione del potere decisionale a un livello più alto) sia della base associativa<br />

(aumento dell’efficienza d’impresa a fronte di una minima perdita di autonomia decisionale),<br />

tuttavia non si presta facilmente ad operazioni di razionalizzazione nelle<br />

singole imprese consorziate né a processi di rapida innovazione di prodotto, perché<br />

non consente di impegnare agevolmente le imprese associate in progetti comuni di<br />

investimento. In sostanza, replica ad un livello superiore molte debolezze delle singole<br />

cooperative aderenti, creando qualche volta problemi di concorrenza con le stesse<br />

associate.<br />

La struttura operativa della joint venture viene adottata dalle imprese cooperative<br />

per dar vita ad iniziative particolari: progetti specifici o limitati nell’estensione e nelle<br />

dinamiche. L’autonomia dei vari soggetti partecipanti al progetto rimane inalterata,<br />

tuttavia la nuova società che nasce ha una capacità operativa elevata a fronte di un<br />

mandato preciso. La forma associativa di queste imprese è spesso quella della società<br />

per azioni, quindi una forma operativa estranea ai principi della <strong>cooperazione</strong>, tuttavia<br />

può realizzare un contesto operativo che, nelle intenzioni, dovrebbe essere più<br />

efficiente e rapido nell’affrontare gli stimoli del mercato e in grado di dialogare con<br />

imprese non cooperative. Tale forma si presta alla realizzazione di iniziative mirate ed<br />

è accessibile anche a imprese cooperative di dimensioni ridotte, tuttavia non risolve<br />

del tutto il problema della crescita strutturale delle imprese cooperative promotrici.<br />

L’ultima forma è quella del gruppo cooperativo. Le cooperative possono realizzare<br />

gruppi di imprese attraverso la partecipazione a società per azioni a controllo cooperativo.<br />

Gli esempi sono molteplici e sono l’espressione di aziende che ricercano<br />

flessibilità operativa al servizio di strategie di mercato più dinamiche, che necessitano<br />

di maggiore agilità nei processi decisionali. Questo tipo di gruppo è una base possibile<br />

per l’aggregazione di imprese cooperative e non cooperative, poiché consente di<br />

attivare joint venture su singoli progetti, l’aggregazione di nuovi soci cooperatori organizzati<br />

e anche di ricorrere alla via consortile come fonte di flessibilità organizzativa<br />

nella fase di approvvigionamento. Diverso è il caso del gruppo cooperativo paritetico<br />

(art. 2545-septies), la cui diffusione si è rivelata meno promettente di quanto atteso<br />

in fase di definizione legislativa. Il gruppo cooperativo paritetico, che consiste in un<br />

contratto fra più cooperative ad una delle quali è attribuita la funzione di indirizzo e<br />

coordinamento, è uno strumento che sotto il profilo funzionale ricalca le opzioni del<br />

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