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Strumenti e ambienti per la formazione in rete. Prospettive, limiti e potenzialità delle tecnologie 99elementi portano all’esigenza, da parte dei moderatori, <strong>di</strong> regolarne lo sviluppo – e quin<strong>di</strong>restringere le libertà <strong>di</strong> espressione <strong>di</strong> molti – per evitarne esiti fallimentari in termini <strong>di</strong>produttività. In rete, per contro, non esistono limiti specifici. Le risorse sono a <strong>di</strong>sposizione<strong>di</strong> tutti in maniera abbondante: né lo spazio, né il tempo rappresentano impe<strong>di</strong>menti evidentiall’espressività in<strong>di</strong>viduale. Non solo, ma la possibilità <strong>di</strong> lavorare in maniera “<strong>di</strong>staccata”rispetto al luogo virtuale <strong>di</strong> acca<strong>di</strong>mento dell’evento, determina la libertà per i soggetti <strong>di</strong>selezionare quali contributi ritenere rilevanti e leggere o se impiegare il proprio tempo perprodurre un nuovo intervento. La struttura reticolare della comunicazione, l’alta interattivitàe la naturale anomia della rete, finirebbero però, ben presto, per causare, anche in questocontesto, un overload comunicativo (Berge, Collins, 1995; Harasim, 1997; Turoff, 1995) equin<strong>di</strong> la potenziale impossibilità <strong>di</strong> raggiungere obiettivi specifici.L’esigenza <strong>di</strong> una netiquette, <strong>di</strong> una sorta <strong>di</strong> “etichetta” <strong>di</strong> comportamento in rete, si è postacome problema fin dai primor<strong>di</strong> della rete 41 . Regole più specifiche, come ad esempio sullaqualità e quantità della comunicazione ammessa in un determinato contesto, sulla pertinenza,congruenza o sul “formato” specifico da utilizzare, restano necessariamente demandate allespecifiche scelte metodologiche e pedagogiche. Di fatto, però, per poter comunicare inmaniera produttiva è necessario il ricorso a regole <strong>di</strong> partecipazione e <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>namento checonsentano uno svolgimento or<strong>di</strong>nato dei lavori, visto che non esistono, data la naturasostanzialmente anarchica della rete, convenzioni comportamentali univoche eduniversalmente accettate.Come evidenziato nella letteratura specifica (Turkle, 1997; Wallace, 2000; Paccagnella,2000; Preece, 2001) la rete porta anche a fenomeni <strong>di</strong> reciproca incomprensione (il “flaming”è l’esempio più noto: ci si riscalda con maggiore facilità che in presenza) o viceversa <strong>di</strong>mielosa assertività (si è tutti d’accordo, non conviene contrad<strong>di</strong>re per non rischiare che ilgruppo fraintenda). L’assenza <strong>degli</strong> elementi metacomunicativi che costituiscono la corniceall’interno della quale si inscrive una comunicazione faccia a faccia e l’impossibilità <strong>di</strong>ricevere un feedback imme<strong>di</strong>ato accrescono le possibilità della deco<strong>di</strong>fica aberrante(Rivoltella, 2003), mettendo a rischio l’efficacia comunicativa delle interazioni in rete. Inparticolare, gli stu<strong>di</strong> più recenti sulla computer me<strong>di</strong>ated communication in riferimentoall’appren<strong>di</strong>mento online evidenziano come maggiori siano in rete alcuni rischi quali il senso<strong>di</strong> isolamento o quello <strong>di</strong> inadeguatezza rispetto al me<strong>di</strong>um o alla situazione con conseguenteansia e tensioni che possono portare al rifiuto e all’abbandono. In questo senso la “noncomunicazione”, che secondo la scuola <strong>di</strong> Palo Alto (Watzlawick, Beavin, Jackson, 1971) èpur sempre comunicazione, è in rete particolarmente imbarazzante portando incertezza e<strong>di</strong>ndecifrabilità davanti all’assenza <strong>di</strong> feedback. Esiste poi il rischio <strong>di</strong> una limitata coesionesociale, da parte dei soggetti che interagiscono, tale da non garantire pratiche significative. Inalcuni casi si verifica la per<strong>di</strong>ta del controllo sulla gestione dei tempi o la <strong>di</strong>fficoltà nellagestione <strong>di</strong> situazioni <strong>di</strong> conflittualità.Altri fenomeni possibili sono quelli dell’accaparramento <strong>di</strong> risorse o, viceversa, lamarginalizzazione, la <strong>di</strong>spersione, il senso <strong>di</strong> smarrimento o abbandono. Risulta quin<strong>di</strong>fondamentale rilevare che non è la rete, per sua natura, a privilegiare una specificacomunicativa e relazionali. Anche dal punto <strong>di</strong> vista dell’organizzazione del lavoro, la reteconsente molteplici modelli organizzativi 42 , ma è importante riconoscere che la rete non nefavorisce uno in particolare. Anzi, per quello che abbiamo visto fin qui, potremmo affermare41 Il documento noto come “Netiquette” (“The Net user guidelines and netiquette”) è stato elaborato da Arlene H. Rinal<strong>di</strong>della Florida Atlantic University nel luglio 1994 ed è <strong>di</strong>sponibile all’in<strong>di</strong>rizzo: http://www.fau.edu/netiquette42 Trentin (1998, 1999), ad esempio, presenta tre tipologie operative per l’organizzazione dell’appren<strong>di</strong>mento collaborativo inrete: sequenziale, parallela o reciproca. Nel primo caso l’organizzazione dei lavori prevede che alcuni soggetti producanocontributi sottoposti successivamente al lavoro <strong>di</strong> altri, nel secondo caso si immagina un lavoro che viene svoltocontemporaneamente ed in maniera separata da più gruppi, nel terzo caso si ipotizza a forme <strong>di</strong> interattività più stretta tra isoggetti coinvolti.

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