74Strumenti della rete e processo formativodato l’intelligibilità delle nostre azioni, non abbiamo nessun bisogno <strong>di</strong> “sprecare” energiecognitive per esplicitare e spiegare le conoscenze <strong>di</strong> fondo che pure la rendono possibile.Come abbiamo visto nell’ottica della situated cognition, o meglio ancora della <strong>di</strong>stributedcognition (cfr. § 2.4.1 e § 2.4.2), le azioni umane si sviluppano in un contesto capace <strong>di</strong>completare i processi cognitivi umani. In questa prospettiva <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o piuttosto che cercare <strong>di</strong>astrarre l’azione dalle sue circostanze per rappresentarla come piano razionale (prospettivacognitivista), la ricerca procede attraverso un approccio che cerca <strong>di</strong> “stu<strong>di</strong>are come lepersone usano queste circostanze per raggiungere e realizzare azioni intelligenti. Invece checostruire una teoria dell’azione basata su una teoria della pianificabilità del comportamento,lo scopo è quello <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are come le persone producono e trovano evidenza per lapianificazione nel corso dell’azione situata. Più in generale, invece <strong>di</strong> sussumere i dettaglidell’azione all’interno dello stu<strong>di</strong>o dei piani <strong>di</strong> azione, questi ultimi sono sussunti all’internodel più ampio problema dell’azione situata” (Suchman, 1987, p.50).Secondo Zucchermaglio (1996, p.35) il ribaltamento <strong>di</strong> posizioni, in questa prospettiva, sonoessenzialmente due: una premessa “anti-in<strong>di</strong>vidualistica”, <strong>di</strong> chiara derivazione vygotskiana,secondo la quale i processi cognitivi sono essenzialmente processi sociali, processi cheavvengono sempre in stretta relazione e <strong>di</strong>pendenza con gli strumenti, artefatti e praticheculturalmente e socialmente determinate; ed una <strong>di</strong> carattere “anti-generalista” e “antiastrazionista”,secondo la quale per capire e spiegare il significato delle azioni è necessariofar riferimento alla loro relazione con le specifiche e peculiari con<strong>di</strong>zioni e gli specificicontesti in cui hanno luogo. Gli stu<strong>di</strong> della Suchman prendono avvio nel famoso centroricerche della Xerox <strong>di</strong> Palo (PARC) nel 1979, ed in particolare dall’osservazione <strong>di</strong> comegli in<strong>di</strong>vidui interagivano con le risposte fornite dal <strong>di</strong>splay <strong>di</strong> una fotocopiatrice dotata <strong>di</strong> uninnovativo sistema <strong>di</strong> IA (Suchman, 2003, p. 3). Le sue osservazioni, basate su ripresefilmate <strong>di</strong> utenti in azione con questo <strong>di</strong>spositivo, le consentirono <strong>di</strong> capire le “<strong>di</strong>stanze” tra ilmodo <strong>di</strong> interpretare e rispondere ai problemi della macchina e quelli umani. Di qualiconoscenze mancava la macchina per offrire risposte intelligenti? E quali conoscenze in più<strong>degli</strong> utenti aveva la Suchman nel rivedere i problemi attraverso i filmati? “La risposta aquesto problema, rapidamente ho realizzato, era almeno in parte nel fatto che la macchinaaveva accesso soltanto ad un sottoinsieme molto piccolo delle azioni osservabili dei relativiutenti. Anche mettendo per il momento la domanda da parte <strong>di</strong> che cosa significa “osservare”e come le azioni osservabili siano rese comprensibili, la macchina potrebbe abbastanzaletteralmente “percepire” soltanto un piccolo sottoinsieme delle azioni <strong>degli</strong> utenti chestavano cambiando il suo stato. Questo include portelli che sono aperti e chiusi, tasti chesono spinti, vassoi che sono riempiti o svuotati e cose simili. Ma oltre a questo, mi trovai afare uso <strong>di</strong> una gamma molto più vasta <strong>di</strong> altre informazioni, compreso il colloquio tra gliutenti e le varie altre attività che avvengono intorno alla macchina, e che non ne cambiano<strong>di</strong>rettamente la con<strong>di</strong>zione. Era come se la macchina stesse guardando le azioni dell’utenteattraverso un buco della serratura molto piccolo, cercando poi <strong>di</strong> mappare quello che avevavisto usando un modello prestabilito e limitato <strong>di</strong> interpretazioni possibili. La mia analisi, insintesi, in<strong>di</strong>viduava il problema della comunicazione uomo-macchina in una continua eprofonda asimmetria nella comunicazione tra in<strong>di</strong>vidui e macchine.” (ibidem). La propostatratteggiata dalla Suchman prevede quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> prendere in considerazione cinque assiomi.1. I piani sono rappresentazioni <strong>di</strong> azioni situate. In questo senso non si nega la loroesistenza, ma perdono una connotazione “forte” per essere considerati risorse per larealizzazione delle azioni. La forza dei piani sta proprio nel loro essere situati e quin<strong>di</strong> nelnon essere una descrizione perfetta dell’azione in tutti i suoi dettagli. Nonostante questo, ipiani sono un mezzo per orientare lo sviluppo delle azioni in maniera da valorizzareconoscenze, capacità e risorse <strong>di</strong> cui si <strong>di</strong>spone (piuttosto che obbligare ad un confronto conquelle poco possedute). I piani possono altresì essere utilizzati per attribuire intenzionalità esignificato alle scelte compiute (Suchman, 1987, p. 53).2. Rappresentazioni e interruzioni dell’azione. Nel corso delle azioni situate lerappresentazioni emergono quando le attività <strong>di</strong>vengono in qualche modo problematiche. In
Strumenti e ambienti per la formazione in rete. Prospettive, limiti e potenzialità delle tecnologie 75ottica etnometodologica, solo quando un’azione viene interrotta o si fa <strong>di</strong>fficile, è necessarial’attivazione <strong>di</strong> conoscenze, regole e procedure per la comprensione e la risoluzione delproblema. Questo non significa che in assenza <strong>di</strong> problemi tali conoscenze non sianonecessarie, ma che per averne consapevolezza (e quin<strong>di</strong> per il loro stu<strong>di</strong>o) è in qualche modonecessario renderle esplicite.3. L’oggettività pratica delle situazioni. Nella visione deterministica tra<strong>di</strong>zionale i fattisociali sono un dato oggettivo pre-esistente e solitamente esterno all’in<strong>di</strong>viduo. Laprospettiva situata, al contrario, sostiene che sono le pratiche quoti<strong>di</strong>ane – tra cui quelle<strong>di</strong>alogiche – ad attribuire un senso alle azioni nel mondo. L’interesse è quin<strong>di</strong> rivolto alrendere conto <strong>di</strong> come i membri della società costruiscono e raggiungono la mutuacomprensibilità dei fatti sociali. Questi ultimi <strong>di</strong>ventano quin<strong>di</strong> un punto <strong>di</strong> arrivo e non <strong>di</strong>partenza dell’analisi (Suchman, 1987, p. 58).4. L’indessicalità del linguaggio. La risorsa essenziale per raggiungere tale oggettivitàcon<strong>di</strong>visa è il linguaggio, che ha una relazione <strong>di</strong> tipo indessicale “con le situazioni chepresuppone, produce e descrive” (Suchman, 1987, p. 50). Vengono cioè stabiliti dei legami<strong>di</strong>retti tra il linguaggio e i contesti in cui questo viene utilizzato. La sua comprensione, la suapiena significatività, è possibile solo in riferimento a contesti <strong>di</strong> utilizzazione specifici: ilsignificato comunicativo <strong>di</strong> una espressione linguistica è sempre <strong>di</strong>pendente dalle circostanzedel suo uso. In questo senso il linguaggio è una forma <strong>di</strong> azione situata che presuppone eimplica l’esistenza <strong>di</strong> molti fatti che non è necessario esplicitare e che devono essere “datiper conosciuti”; è infatti impossibile specificare tutte le infinite possibilità e caratteristicherilevanti e importanti per la situazione <strong>di</strong> uso: “<strong>di</strong>ciamo sempre più <strong>di</strong> quello che <strong>di</strong>conopoche parole” (Suchman, 1987, p. 60).5. L’intelligibilità con<strong>di</strong>visa dell’azione. Se il para<strong>di</strong>gma tra<strong>di</strong>zionale vede la stabilità delmondo sociale come conseguenza <strong>di</strong> un patto cognitivo o <strong>di</strong> un insieme <strong>di</strong> significaticon<strong>di</strong>visi, la prospettiva etnometodologica e fenomenologica a cui questa prospettiva in largaparte si ispira, ritiene che il significato delle azioni viene stabilito <strong>di</strong> volta in volta durantel’interazione linguistica e in riferimento alle situazioni specifiche. In questo senso illinguaggio situato non è solo legato alle situazioni del suo uso, ma piuttosto serve in largamisura a definirle e a costruirle. È proprio questa assenza <strong>di</strong> regole generali edecontestualizzate che impone, in primo luogo, lo stu<strong>di</strong>o del modo in cui viene raggiunta eprodotta la mutua intelligibilità del mondo sociale in situazioni specifiche (Suchman, 1987,p. 66).Le regole non sono quin<strong>di</strong> date, ma piuttosto sono usate dai partecipanti all’intrazione perraggiungere una con<strong>di</strong>visione sul significato delle azioni. La creazione sociale <strong>di</strong> talisignificati <strong>di</strong>venta quin<strong>di</strong> l’oggetto principale <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> un approccio all’interazione“uomo-macchina nel contesto”: l’obiettivo è quello <strong>di</strong> identificare le risorse tramite cui gliin<strong>di</strong>vidui affrontano i compiti nei <strong>di</strong>versi contesti culturali <strong>di</strong> interazione col mondo, dallaconversazione interumana alla comunicazione uomo-macchina.Recentemente, nello sviluppo <strong>di</strong> una seconda e<strong>di</strong>zione del suo precedente lavoro la Suchmanprecisa che molte delle critiche inizialmente mosse all’IA, e ad un certa visione dellaconoscenza umana <strong>di</strong> cui si cercava <strong>di</strong> appropriarsi per attribuirla alle macchine, erano piùinteressate a <strong>di</strong>fendere ciò che erano caratteristiche eminentemente umane e “reclamando(una <strong>di</strong>fferente versione <strong>di</strong>) queste qualità per le persone” (Suchman, 2003, p.4). Senzatogliere vali<strong>di</strong>tà agli assunti che portano a considerare gli in<strong>di</strong>vidui come intrinsecamente<strong>di</strong>fferenti dalle macchine è possibile oggi assumere una visione “<strong>di</strong>stribuita” dellacognizione, dove gli “uomini e le macchine sono mutualmente costituiti”, anche se questonon significa necessariamente simmetria o analogia strutturale e sostanziale (ibidem, p.6).Fatte salve le rispettive <strong>di</strong>fferenze, e ricordando che i “limiti delle macchine” non sononaturalmente dati, ma costruiti (in particolare da apporti storici e culturali), la strada dellaprogettazione <strong>di</strong> artefatti caratterizzati da comportamenti autonomi e intelligenti (cyborg,agenti, ecc.) prosegue e si alimenta, oltre che della ricerca cognitivista, anche delleprospettive socio-antropologiche come la culturalista e la contestualista. L’adozione <strong>di</strong> unaprospettiva situata contribuisce ad un’analisi più accurata delle situazioni e quin<strong>di</strong> alla
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